Il percorso italiano della sostenibilità energetica riguarda i cittadini, le imprese, le istituzioni, ma anche e soprattutto le utility dell’energia. Se in questa epoca di pandemia, supportata da nuovi obiettivi climatici, le aziende ripensano le modalità di approvvigionamento e consumo energetico, i fornitori e i gestori delle reti si impegnano ad aggiornare prodotti, servizi e modelli di business.
Quali sono le strategie in atto per gestire la necessità di innovare? Le utility si dimostrano attive nella ricerca di tecnologie emergenti, spesso attraverso investimenti in startup innovative e collaborazioni con player di altri settori. Testimoniano questo impulso i risultati dell’Energy Innovation Report 2021, elaborato dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano.
La terza edizione dello studio si apre proprio con l’analisi delle strutture e dei processi messi in atto dalle imprese dell’energia. I dati sono frutto di un questionario che ha coinvolto oltre 200 utility, per un totale di 50 risposte, sulla “capacità” di innovare. Vi mostriamo in seguito i principali risultati.
L’84% dei rispondenti si dichiara preparato ad affrontare la sfida della transizione energetica, vista come opportunità di crescita con caratteristiche differenti in base al tipo di azienda. Le utility medio-piccole, infatti, puntano ad accedere a nuove categorie di clienti nei mercati già serviti, incrementando quindi la marginalità. Le grandi aziende vogliono invece entrare in mercati completamente nuovi.
Quasi tutte le aziende intervistate vedono nell’innovazione uno strumento chiave nell’evoluzione green. Restano tuttavia alcune barriere da abbattere:
Basti pensare che il 56% delle utility ha manifestato una mancata propensione ad accettare i fallimenti. Nel 52% dei casi, inoltre, gli errori non vengono analizzati in ottica di apprendimento.
Le utility dell’energia disposte a investire in processi innovativi nei prossimi anni interverranno principalmente sul portafoglio di prodotti/servizi (84%) e sui modelli di business (64%). Cala invece l’attenzione sul miglioramento dei processi interni, con il 36% delle risposte.
Interessante notare che per il 64% delle realtà intervistate l’impatto dell’innovazione si realizzerà soprattutto su aree periferiche. Ecco le più gettonate:
Si tratta di settori sempre più trasversali e rilevanti nelle value proposition delle aziende.
I risultati dell’innovazione, in generale, sembrano arrivare. Il 50% di chi ha investito in prodotti o servizi afferma di aver ottenuto un significativo aumento del market share, e il 36% di averlo almeno consolidato. Tra le utility dell’energia che hanno dedicato un budget all’innovazione (75%) emerge la tendenza ad aumentarlo nel prossimo futuro. Non si rileva tuttavia l’intenzione di creare business unit dedicate – solo il 36% lo ha fatto -: si preferisce affidare il controllo dei progetti a unità organizzative già esistenti oppure sviluppare task force multifunzionali.
Emerge infine un importante limite nel misurare le performance dei processi di innovazione. I 2/3 delle utility analizzate, infatti, non ha adottato sistemi di monitoraggio dei KPI. Questo determina una forte difficoltà nel valutare e incentivare il contributo di collaboratori e team ai progetti in corso.
Il 76% del campione intervistato ritiene che, per raggiungere gli obiettivi della transizione energetica, dovrà sviluppare nuove competenze e tecnologie. L’adozione di pratiche di Open innovation potrebbe minimizzare tempi e costi di questo processo. Lo ha già compreso il 48% delle utility intervistate. Tuttavia, permangono le barriere riscontrate nelle edizioni precedenti dell’Energy Innovation Report. In particolare, l’assenza di una struttura organizzativa interna in grado di presidiare i progetti di Open Innovation, la difficoltà nell’identificare i partner adeguati e la mancanza di una cultura aziendale pronta a recepire questi modelli.
Si sta comunque diffondendo la percezione di un’opportunità tangibile, che consente di identificare nuove occasioni di business, acquisire risorse non disponibili internamente, anticipare minacce esterne o discontinuità tecnologiche. Tra le pratiche di Open Innovation più utilizzate spiccano gli internal idea generation contest (83% delle imprese adopter), lo scouting di start-up (50%) e le call4ideas (50%).
Le start-up attive nel settore energetico aprono un capitolo interessante. Nel mondo ce ne sono ben 699 così distribuite:
A livello europeo, l’Italia si trova all’ottavo posto con 16 start-up. Prima troviamo Spagna (25), Olanda (29), Svezia (31), Francia (44), Regno Unito (62) e Germania(70). Quasi il 40% è attivo nella Smart Mobility, con una forte presenza di soluzioni legate all’autonomous driving e alla mobilità condivisa. Buona la copertura di Renewable Energy, Energy Storage e Smart Building; anche l’idrogeno vive una fase di espansione. Sul fronte dell’offerta, vince l’hardware con il 42% delle start-up, seguito dai servizi, al 29%. Crescono anche le offerte combinate di hardware e software (10%) e hardware e service (9%).