Industrial IoT: tra tecnologia che cambia e nuove opportunità

Con la ricerca dedicata all’Internet of Things, il Politecnico di Milano ha messo sotto i riflettori il mondo delle imprese, evidenziando che molte di quelle più grandi hanno avviato progetti concreti di Industrial IoT, mentre le PMI sono un po’ più indietro. Ma in generale non mancano le criticità
Il mercato dell'Industrial IoT

L’Osservatorio Internet of Things degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano ha messo in evidenza come nel 2021 il mercato sia tornato a correre. I 7,3 miliardi di euro di valore registrati lo scorso anno costituiscono il livello più elevato mai raggiunto dal settore, con una crescita del 22 per cento rispetto al 2020 e del 18 per cento rispetto al 2019. In questo contesto, tutti i settori hanno fatto registrare un andamento positivo, a eccezione di quello dello “smart metering.
Se in quella occasione abbiamo sottolineato come l’intero comparto si stia muovendo sempre più verso i servizi, è interessante analizzare le specificità dell’Industrial IoT (IIoT).

Qui l’evoluzione degli ultimi anni ha visto un massiccio spostamento delle tecnologie di comunicazione. La classica “machine-to-machine” (M2M) è stata infatti messa in crisi prima dalla dismissione del 2G e poi da quella, più recente, del 3G, forzando le aziende a orientarsi verso una connettività basata su LTE.

Nonostante i continui cambiamenti nelle tecnologie di trasmissione wireless dei dati, di fatto questa rimarrà la componente di punta fino all’introduzione della release 17 del 5G, di cui entro giugno dovrebbero essere rilasciate le specifiche. In questo ambito applicativo stiamo assistendo non solo a un problema di tecnologie che diventano via via obsolete, ma anche a una difficoltà nell’introduzione delle nuove evoluzioni.

L’infrastruttura 5G cresce lentamente

La release 16 che introduce il 5G nel mondo industriale è del 2020 e ora si sta già lavorando al 5G Advanced. In Italia, però, la diffusione sul territorio è ancora scarsa: in questo momento la copertura è limitata alle città principali (19% del territorio), e il 90% è coperto da DSS con prestazioni da 4G. Entro il 2026 dovrebbe esserci una copertura completa a 700 MHz, mentre con il più performante 3,6 GHz si arriverà all’80%. Il focus è sulla stabilità e sulla larghezza di banda, ma la carenza di terminali 5G rallenta lo sviluppo e ne ritarda l’implementazione. Il mondo industriale italiano rimane dominato così dal classico Wi-Fi, in particolare nella sua versione 6.

Nel corso della ricerca dell’Osservatorio, sul tema Industrial IoT è stata condotta un’indagine, che ha coinvolto 95 grandi aziende e 302 piccole e medie imprese (PMI) italiane, per raccogliere informazioni sul grado di conoscenza delle soluzioni, sul livello di adozione dei progetti, sulle aspettative per il futuro e sugli impatti generati dalla pandemia.

“Dall’indagine emerge come il contesto legato a Covid-19 abbia avuto ripercussioni sulle decisioni di investimento in nuovi progetti di Industrial IoT in circa due aziende su tre,” ha spiegato Angela Tumino, direttrice Osservatorio IoT. Nonostante ciò, la percentuale di imprese che ha incrementato il budget dedicato a queste iniziative (36% grandi aziende, 40% PMI) è superiore rispetto alla quota di imprese che lo ha ridotto (31% grandi imprese, 23% PMI). Un segnale incoraggiante, che può essere attribuito in parte anche agli ingenti investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in area Industria 4.0.

Industrial Iot e carenza semiconduttori
Carenza di semiconduttori: l’aumento dei costi come prima conseguenza – Fonte Osservatori Digital Innovation

Tutti i problemi legati alla carenza di chip

Un altro fattore che ha creato disagi è stata la crisi della produzione industriale di chip a livello mondiale. Le imprese di grandi dimensioni (il 56%) hanno dovuto affrontare più conseguenze negative rispetto alle PMI (31%), ma per entrambe le categorie i problemi comuni hanno riguardato l’aumento dei costi di acquisto (45% grandi aziende contro 26% PMI), il ritardo nello sviluppo dei prodotti (27% grandi imprese, 15% PMI) e l’accumulo delle scorte per fronteggiare l’emergenza (rispettivamente 15% e 5%).

Il 96% delle grandi aziende ha dichiarato di conoscere le soluzioni IoT per l’Industria 4.0, mentre solo il 46% delle PMI ne ha sentito parlare. Cambia quindi il livello di diffusione dei progetti di I-IoT a seconda della dimensione aziendale: il 69% delle grandi imprese che hanno partecipato all’indagine ha avviato almeno un progetto, mentre solo il 27% delle PMI ha fatto altrettanto.

“Un aspetto nettamente positivo è quello dei finanziamenti, che per circa metà delle aziende si è rivelato un elemento rilevante per portare a termine progetti di I-IoT,” evidenzia Angela Tumino. Per le PMI, però, la mancanza di risorse economiche rappresenta un problema evidente: il 22% delle piccole e medie imprese lo inserisce tra le barriere più diffuse. “Per loro natura, infatti, le aziende di tali dimensioni non possiedono le stesse disponibilità economiche delle grandi aziende e fanno ancora fatica ad accedere agli incentivi messi a disposizione,” si legge nel report che accompagna la ricerca.

Alla ricerca delle competenze Industrial IoT

Continua Angela Tumino: “Se guardiamo questo mercato con gli occhi dei progetti, vediamo che ci troviamo di fronte a numeri abbastanza alti di grandi aziende che li hanno avviati, ma c’è ancora un gap molto evidente con le PMI: il 69% riaspetto al 27%. Questo si spiega solo con la comprensione dei reali benefici portati da queste soluzioni”. E c’è anche un problema di competenze, che può forse essere superato ricorrendo ad “acquisizioni” esterne, attraverso partnership con system integrator, università e centri di ricerca, startup innovative e produttori di hardware/software. Nel lungo periodo, però, sarà necessario sviluppare competenze interne.

Utilizzo dati IIoT nelle aziende
Industrial Iot: il livello di utilizzo dei dati da parte delle aziende – Fonte Osservatori Digital Innovation

Infine, va considerata la difficoltà per molte aziende di analizzare e sfruttare i dati generati e raccolti dai dispositivi IoT. Cresce la percentuale di chi lo fa (il 52% delle grandi imprese e il 41% delle PMI: nel 2020 le percentuali erano rispettivamente del 38% e 39%), ma il 43% di chi ha risposto nelle strutture più grandi e il 37% di chi lavora in quelle più piccole ha dichiarato che mancano strumenti IT adeguati. Oltre tutto, quando aumenta la quantità di dati sfruttabili, crescono anche le tematiche legate alla loro sicurezza. E mentre tutte le grandi imprese giudicano degno di attenzione questo tema, l’8% delle PMI lo ritiene addirittura irrilevante.

Il panorama dell’Industrial IoT mostra quindi interessanti segni di crescita, ma i margini di miglioramento non mancano.

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Paolo Galvani

Nato nel 1964, è giornalista professionista dal 1990 e si occupa di tecnologia dalla fine degli Anni ’80, prima come giornalista poi anche come traduttore specializzato. A luglio 2019 ha lanciato il blog seimetri.it, dedicato alla vita in camper, e collabora con diverse testate giornalistiche specializzate nel settore del turismo all’aria aperta.

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