L’impatto della Cina sulla transizione energetica nel mondo

La Cina è protagonista mondiale in termini di impianti rinnovabili, idrogeno, mobilità elettrica e il suo peso specifico sulla transizione energetica e sulla decarbonizzazione mondiale, già oggi rilevante, lo sarà ancor più in futuro, rileva un report DNV dedicato alla Repubblica Popolare
Il ruolo della transizione energetica in Cina

Il ruolo della Cina nella transizione energetica globale è predominante. Non può essere altrimenti: è di gran lunga il principale installatore di energie rinnovabili al mondo. A proposito del sistema energetico della Cina, IEA prevede che tra il 2019 e il 2024, la Repubblica Popolare rappresenterà il 40% dell’espansione globale della capacità rinnovabile.

“Il suo impatto sulla transizione energetica mondiale non può essere sottovalutato, considerato l’enorme cambiamento cinese verso l’energia verde e la sua quota del 33% delle emissioni mondiali”, rileva DNV nel report Energy Transition Outlook China 2024.

La Cina in numeri

In Cina vive quasi un quinto (18%) della popolazione mondiale. Il Paese utilizza un quarto (26%) dell’energia primaria globale ed emette un terzo (33%) della CO2 globale correlata all’energia.

Nel 2022, rappresentava oltre l’80% del totale delle esportazioni di celle solari, più della metà delle batterie agli ioni di litio e oltre il 20% dei veicoli elettrici. Inoltre, è un emergente attore dominante a livello globale anche nel settore dell’energia eolica: i produttori nazionali hanno fornito quasi il 60% della capacità installata in tutto il mondo nel 2022.

Si aggiunga che la Cina è il più grande produttore e consumatore di idrogeno al mondo, per la stragrande maggioranza prodotto da fonti fossili. L’intenzione, però, è promuovere lo sviluppo dell’idrogeno verde. A tale proposito il Piano per lo sviluppo dell’industria dell’energia da H2 (2021-2035) punta, entro il 2025, a contare su una flotta su strada di 50mila veicoli a celle a combustibile e 400 stazioni di rifornimento, oltre a produrre tra 100mila e 200mila tonnellate l’anno di idrogeno da energia rinnovabile.

La persistenza dei combustibili fossili nel futuro

La Cina lavora da tempo allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Intende aumentare di cinque volte i propri impianti energetici da FER, spostando così il proprio mix energetico dall’attuale 30% da fonti rinnovabili all’88% entro il 2050.

Nel report DNV, inoltre, si legge che, pur avendo aumentato la produzione di energia solare dall’1 al 5% in meno di un decennio, sempre entro metà del secolo intende incrementare la percentuale fino al 38% della produzione elettrica. Questo permetterà di ridurre le emissioni annuali di 8 Gt da qui al 2050, “ovvero tre volte di più rispetto alle riduzioni delle emissioni dell’Europa”.

Con questi dati, in Cina la transizione energetica è un obiettivo concreto, insieme alla neutralità carbonica: entrambe saranno perseguite “in equilibrio con altri obiettivi sociali ed economici”, scrivono gli analisti DNV. Seppure da tempo sia attivi per conseguire un’indipendenza in campo energetico, “l’ambizione dell’autonomia energetica è stata raggiunta solo in parte”.

fonti energetiche primarie in Cina
Il mix energetico in Cina dal 1990 al 2050

Grazie all’energia prodotta a livello nazionale dalle fonti rinnovabili sarà possibile sostituire gradualmente l’impiego del carbone; quest’ultimo, prodotto internamente, “sarà sufficiente a soddisfare i restanti segmenti della domanda entro il 2050”. L’utilizzo di petrolio e gas continuerà a dipendere dalle importazioni. C’è da dire che l’impiego di petrolio si dimezzerà entro il 2050 rispetto al picco del 2027, ma il suo utilizzo nel settore petrolchimico e nei trasporti pesanti persisterà e l’84% del consumo di petrolio sarà coperto con le importazioni. Il consumo di gas naturale, invece, rimarrà elevato, con un consumo nel 2050 inferiore solo del 2% ai livelli del 2022 e un 58% derivante dall’import.

La transizione energetica in Cina procederà spedita

Malgrado i combustibili fossili saranno presenti nel futuro energetico della Cina, di certo ridurranno il loro peso nel mix complessivo. Questo calo sarà dovuto alla progressiva elettrificazione e ai miglioramenti in efficienza energetica. Così i consumi energetici della Repubblica Popolare, dopo aver raggiunto il picco previsto entro il 2030, si ridurranno del 20% entro il 2050. A questo decremento dei consumi contribuirà anche la riduzione della popolazione, prevista in calo di 100 milioni nei prossimi anni.

La transizione energetica in Cina: la capacità connessa e installata
La transizione energetica in Cina: la capacità connessa e installata

A proposito di elettrificazione, il Paese ha grandi ambizioni: nei prossimi tre decenni, scalerà la classifica dall’attuale sesto posto “fino a rivaleggiare con l’area Asia-Pacifico dell’OCSE per divenire la regione più elettrificata a livello globale”, prevede DNV.

L’elettricità sarà sempre più low-carbon, grazie alla crescita delle rinnovabili. Seppure sia già oggi ai vertici per gli investimenti sulle energie “verdi”, la Cina più che quintuplicherà le installazioni di FER entro il 2050. Così, la quota di energia da fonti rinnovabili nella produzione totale di elettricità in Cina aumenterà dall’attuale 30%, al 55% entro il 2035 per raggiungere l’88% entro il 2050.

Entro la metà del secolo, il fotovoltaico e l’eolico genereranno ciascuno circa il 38% dell’elettricità. Per quanto riguarda l’energia solare, più di un terzo della capacità installata sarà combinato con lo stoccaggio, principalmente mediante batterie. Relativamente all’eolico, il 77% dell’energia sarà fornita da impianti a terra, il 20% sarà fornito da impianti eolici offshore e il 3% da strutture galleggianti.

Fotovoltaico ed eolico diventeranno le fonti di energia più economiche nel 2050.

Emissioni: l’obiettivo della Repubblica popolare è -65% al 2030

La transizione energetica della Cina sarà legata anche a una progressiva decarbonizzazione, che si preannuncia imponente. Le previsioni riportate dal report indicano che le emissioni in Cina raggiungeranno il picco entro il 2026, seguito da una riduzione del 30% entro il 2040.

Ricordiamo che nel 2022, il Paese ha contribuito per il 33% alle emissioni globali di CO2 legate all’energia e ai processi, principalmente derivanti dalla combustione del carbone.

Tuttavia, l’intenzione è di ridurre sensibilmente le emissioni puntando a un calo dell’intensità di carbonio per unità di PIL del 65% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030.

DNV ritiene che le emissioni probabilmente raggiungeranno il picco entro il 2026, ben in linea con l’obiettivo ufficiale di arrivare “prima del 2030”, per poi diminuire gradualmente di due terzi entro il 2050. Entro metà del secolo, la quota di emissioni della Cina si stima scenderà al 22% del totale globale. Nel lungo termine, la Cina è vicina a raggiungere il suo obiettivo di neutralità carbonica entro il 2060, ma dovrà accelerare la decarbonizzazione di alcuni settori, in particolare quello manifatturiero, per garantire l’azzeramento delle emissioni nette entro quella data.

“Dato il contributo della Cina alle emissioni globali, i tempi e la profondità della riduzione delle emissioni da parte della Cina sono di immensa importanza a livello globale”, rileva Det Norske Veritas. Nella traiettoria delineata nel rapporto Pathway to Net Zero di DNV (2023), le emissioni cumulative della Cina potrebbero essere inferiori di 113 GtCO2 rispetto al previsto, contribuendo in modo significativo agli sforzi globali per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

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Andrea Ballocchi

Giornalista freelance, si occupa da anni di tematiche legate alle energie rinnovabili ed efficienza energetica, edilizia e in generale a tutto quanto è legato al concetto di sostenibilità. Autore del libro “Una vita da gregario” (La Memoria del Mondo editrice, prefazione di Vincenzo Nibali) e di un manuale “manutenzione della bicicletta”, edito da Giunti/Demetra.
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