
Se c’è un protagonista nella transizione energetica e digitale quello è il rame. Fotovoltaico, eolico, idroelettrico, batterie, mobilità elettrica: in ognuna di queste tecnologie è presente in svariati componenti. È un elemento essenziale per il trasferimento efficiente dell’energia elettrica prodotta dal modulo fotovoltaico. Grazie alle sue caratteristiche, riduce la quantità di energia necessaria per produrre elettricità.
Oltre alle rinnovabili, anche l’ICT ha fame di rame: la “corsa all’intelligenza artificiale” potrebbe aggiungere un milione di tonnellate alla domanda complessiva entro il 2030. Lo ha affermato di recente il chief economist di Trafigura, tra le più importanti società al mondo di commercio di materie prime.
Energie rinnovabili, AI, spese militari sono solo alcune delle voci più importanti che richiedono la necessità di rame, che – come ha affermato il direttore strategico del Carlyle Group, è considerato il nuovo petrolio. Ma, a differenza del liquido fossile, il rame è riciclabile e riusabile ed è ciò che sta spingendo diverse società di telecomunicazioni a sfruttare i vecchi cavi di rame per reimmetterlo sul mercato.
La transizione energetica è certamente uno dei settori trainanti la domanda di rame. Un parametro utile a comprendere quanto rame sia necessario per alcune tecnologie chiave è la material intensity, una misura riconosciuta a livello globale per indicare la quantità di materiale necessario per la produzione, la lavorazione e lo smaltimento di un prodotto o di un servizio. Nel caso delle tecnologie rinnovabili, si passa da 4mila tonnellate per GW nel caso del fotovoltaico a 3mila t/GW per l’eolico, alle 220 t/GWh per le batterie agli ioni di litio (Fonte: Institute for Sustainable Futures/Earthworks).
Così si spiega la richiesta di rame e la conseguente domanda annuale di rame che, secondo le stime di BloombergNEF, potrebbe crescere di oltre il 50% entro il 2040.
La domanda di rame è in crescita costante e così i prezzi: negli ultimi due anni hanno sortito un incremento tale da portare il rame a toccare i 10mila dollari la tonnellata, un prezzo più che raddoppiato rispetto ai minimi all’inizio del 2020 e durante la pandemia. La soglia è stata superata lo scorso maggio, quando il prezzo del rame del London Metal Exchange ha toccato il massimo nominale record di 11.104,50 dollari per tonnellata, riporta Reuters.
Il rame è stato a lungo un fattore chiave a livello industriale poiché il suo impiego si è rivelato prezioso tanto in molti comparti, dall’elettronica all’energia. Nell’ICT, già prima dell’avvento così significativo dell’AI, i data center facevano affidamento sul rame per varie applicazioni elettriche, tra cui cavi di alimentazione, sbarre collettrici, connettori elettrici, scambiatori di calore, dissipatori di raffreddamento e condotti sbarre di distribuzione dell’energia.
Ma oggi il suo impiego è letteralmente decollato. Secondo l’analisi IEA mette in evidenza come la domanda di rame per le clean technology, che comprendono rinnovabili e batterie per accumulo, è in costante aumento, prevedendo il raddoppio nel 2030 e stimando che nel 2040 più che triplicherà.

C’è però da considerare i risvolti negativi di questa crescita, rappresentati dalla sostenibilità. L’estrazione mineraria sta diventando sempre più difficile e costosa. Inoltre, come rivela la stessa Agenzia internazionale dell’Energia, più della metà (52%) delle miniere sono situate in aree ad alto stress idrico.
L’estrazione del rame può portare alla contaminazione da metalli pesanti, come riporta ancora l’Institute of Sustainable Futures/Earthworks, nel caso del Cile, Cina, India e Brasile; in Cina e Zambia ci sono ripercussioni sulla salute dei lavoratori.
Occorre lavorare perché questo metallo, oltre che dalle miniere, possa essere messo in circolo mediante riuso e riciclo. Ed è su questo punto che stanno lavorando già diverse realtà.
AT&T, BT Group, Orange e altre società delle telecomunicazioni si stanno preparando a sfruttare una nuova ricca fonte di entrate: i loro vecchi cavi in rame. Lo riporta Bloomberg, segnalando che con la migrazione ai cavi in fibra ottica, le società di telecomunicazioni potrebbero recuperare fino a 800mila tonnellate di rame nei prossimi dieci anni, per un valore di oltre 7 miliardi di dollari ai prezzi odierni, secondo le stime della società inglese TXO.
Quest’ultima è attivamente coinvolta in attività di consulenza per il riciclo di rame con BT Group, che intende rimuovere, riutilizzare e riciclare le vecchie reti come la PSTN (rete telefonica pubblica commutata) e 3G. Nel 2023 si è prefissata di estrarre oltre 200 tonnellate di cavi in rame.
AT&T ha riciclato 14mila tonnellate tra il 2021 e il 2023 e sta accelerando.
Anche Deutsche Telekom sta riciclando il rame delle apparecchiature di rete, mentre sostituisce i cavi in rame con linee in fibra ottica. Nel 2023, l’azienda ha rimosso quasi 1.579 tonnellate di cavi in rame dalle canaline per cavi in Germania e li ha riciclati, in modo rispettoso dell’ambiente, per un ulteriore utilizzo. In questo modo, fino al 90% del rame recuperato viene reimmesso nel mercato delle materie prime.
Nella considerazione dei tassi di riciclo a fine vita per le tecnologie legate alle energie rinnovabili, si evidenziando grandi potenzialità: nel caso delle batterie si va dal 70% al 95% di possibilità di riciclo del rame contenuto; per il fotovoltaico si va dal 34% al 71%, mentre nell’eolico si va dal 90% al 95%, riporta sempre Earthworks.
