Volete un numero gigantesco su cui riflettere? Eccovi subito accontentati: 7,6 miliardi di tonnellate. Ed occorre riflettere soprattutto perché questa cifra rappresenta un problema altrettanto gigantesco. Si tratta, infatti, dell’ammontare annuale di anidride carbonica che verrà immesso nell’atmosfera del pianeta entro il 2050 in assenza degli opportuni e annunciati interventi di decarbonizzazione. Di questo ed altro si occupa il recente rapporto “New Energy Outlook: Industry”, pubblicato dalla società di ricerca BloombergNEF (BNEF). Un’indagine che sottolinea come per decarbonizzare le emissioni industriali non esiste una tecnologia silver bullet (in inglese, proiettile d’argento), ovvero capace da sola di risolvere il problema.
Dunque, per “sterilizzare” le emissioni industriali da qui alla metà del secolo sarà necessaria una costante presenza della politica per favorire investimenti significativi in vari comparti, dalla cattura del carbonio ai processi di elettrificazione pulita passando per la realizzazione di un’efficace rete produttiva e distributiva dell’idrogeno.
A convincere pubblico e privato dell’ineluttabilità di questi processi devono bastare alcuni numeri, a cominciare da quello citato in apertura: senza interventi di decarbonizzazione, le emissioni industriali aumenteranno dai 6,7 miliardi di tonnellate di CO2 finiti nell’atmosfera quest’anno fino, appunto, ai 7,6 miliardi di tonnellate annuali stimati entro il 2050.
Una cifra che è naturalmente frutto di una serie di dinamiche che vengono puntualmente analizzate nel report di BloombergNEF. Le produzioni di acciaio, alluminio, prodotti petrolchimici e cemento (che poi sono i quattro grandi settori industriali trattati nel rapporto) dovrebbero aumentare nelle economie in via di sviluppo mentre sono destinate a rimanere invariate o diminuire soltanto leggermente nella maggior parte delle nazioni sviluppate.
Dunque, diventa fondamentale intervenire sui processi produttivi per renderli “puliti”. E sebbene le opzioni con basse emissioni di carbonio disponibili per i settori industriali siano al momento costose, “per raggiungere lo zero netto entro il 2050 è fondamentale che tutta la produzione futura sia basata su tecnologie pulite”.
Ma quel che è fondamentale accada, non è poi detto che accada effettivamente… Non a caso, gli analisti di Bloomberg prendono in considerazione due distinti scenari. Il primo viene denominato Economic Transition Scenario (ETS) e mostra che non ci sarà praticamente alcuna riduzione delle emissioni nell’industria se ci si limiterà a seguire le logiche e l’evoluzione dei mercati.
Ad esempio, nell’industria siderurgica si assisterà a una piccola contrazione dell’utilizzo delle fonti fossili e beneficio dell’idrogeno, per di più soltanto a partire dai prossimi anni Quaranta. Insomma, se ci si baserà soltanto sulle dinamiche della domanda e dell’offerta non si andrà da nessuna parte e miliardi di tonnellate di CO2 continueranno a essere sparate nell’atmosfera.
Ben diversa la situazione che viene delineata nella seconda simulazione di BloombergNEF, denominata Scenario Net Zero (NZS), con l’indicazione della combinazione di tecnologie necessarie a scongiurare le gigantesche emissioni di CO2 sopra riportate. Combinazione che sarà possibile mettere in campo solo grazie all’unità d’intenti fra settore privato e autorità politiche, quest’ultime incaricate di indirizzare e stimolare l’attività industriale anche con incentivi e sussidi.
In particolare, la combinazione di tecnologie che consentirà di abbattere annualmente più di sette miliardi di tonnellate di anidride carbonica entro il 2050, prevede un contributo del:
“È fondamentale che tutta la nuova capacità industriale sia realizzata pulita, oggi – afferma Julia Attwood, responsabile dei materiali sostenibili presso BNEF e autrice principale del rapporto -. Le tecnologie a basse emissioni di carbonio possono aumentare i costi nel breve termine, ma non realizzare un impianto industriale pulito che funzionerebbe da 50 a 100 anni, mantenendo linee produttive basate sul consumo di carbone, gas o petrolio, alla fine porterà a pagamenti di carbonio elevati e a una produzione antieconomica”.