Nonostante il digitale rappresenti uno dei settori chiave su cui puntare per favorire la crescita del nostro Paese, l’Italia non registra, in quest’ambito, risultati all’altezza degli altri Paesi UE. Per questo motivo è urgente mettere in atto una strategia mirata che renda questo comparto il perno su cui far leva per rilanciare l’economia italiana e la competitività delle sue imprese nel periodo post-pandemia. Il tutto nel quadro di una visione sistemica che coniughi innovazione e sostenibilità ambientale. A sottolinearlo è lo studio “Next Generation DigITALY: come promuovere l’integrazione e lo sviluppo di un ecosistema digitale per accelerare l’innovazione e la crescita del Paese”, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Microsoft Italia. La ricerca individua, in particolare, tre principali ambiti d’azione in cui agire per favorire lo sviluppo di un ecosistema digitale efficiente in Italia:
Nello specifico, secondo lo studio – presentato a inizio settembre all’ultimo Forum di Cernobbio – la mancanza di capitale umano adeguatamente preparato in ambito digitale è “una delle emergenze” su cui l’Italia deve intervenire in modo prioritario.
Basti pensare che bisognerebbe sviluppare le skills digitali di base di circa 2,1 milioni di lavoratori entro il 2026 per riuscire ad andare incontro alle richieste del mercato. Se dalle competenze di base si passa poi a quelle più avanzate la situazione non migliora: il numero di iscritti a corsi di laurea in materie ICT in rapporto alla popolazione si attesta infatti nel nostro Paese a 0,7 ogni mille abitanti, il dato peggiore registrato in tutti i Paesi Ue.
Come intervenire dunque per cercare di potenziare le skills digitali del capitale umano italiano? Lo studio di The Europea House Ambrosetti e Microsoft Italia propone di lanciare un’Alleanza per il Lavoro del Futuro che promuova la collaborazione tra sistema pubblico e privato, con l’obiettivo di diffondere il più possibile le competenze digitali.
Nello specifico, il settore pubblico dovrebbe favorire un piano di upskilling e reskilling dei NEET e dei lavoratori privi di competenze in ambito digital; aumentare il numero di professionisti ICT formati da università e istituti tecnici; e potenziare le conoscenze digitali di pensionati e dipendenti della PA. Tra le sfide che il privato dovrebbe porsi ci sono, invece, la promozione di investimenti e lo sviluppo di competenze e infrastrutture per supportare una formazione adeguata in ambito digital.
Altra questione chiave rilevata dallo studio è la necessità di introdurre una politica industriale digitale, ovvero una strategia mirata per dispiegare appieno le potenzialità del comparto, mettendolo a servizio della crescita economica del Paese.
Dai dati del report emerge infatti come il comparto ICT italiano si caratterizzi per un dimensionamento medio che relega il nostro Paese al nono posto in UE. Ciò rappresenta “un punto di debolezza” che penalizza le nostre imprese sugli scenari internazionali e frena la crescita economica italiana. Secondo le stime della ricerca, infatti, se le aziende Italiane dell’ICT avessero un fatturato medio in linea con quelle delle imprese tedesche, l’Italia genererebbe 249 miliardi di euro di PIL in più.
In quest’ottica, secondo The European House Ambrosetti e Microsoft – Italia, è fondamentale favorire una “digital rebirth” delle PMI, ovvero una vera e propria rinascita digitale che stimoli l’integrazione di queste tecnologie all’interno dei loro processi produttivi. A ciò si aggiunge inoltre una valorizzazione del capitale pubblico e privato per il digitale e la promozione di investimenti in open innovation. Il tutto ponendo al centro soggetti come Technology Transfert Officer, centri di ricerca e incubatori, che facciano da ponte tra il mondo dell’innovazione e quello economico-finanziario.
Un ultimo obiettivo da perseguire per favorire lo sviluppo digitale italiano è, secondo la ricerca, una forte accelerazione del percorso fissato dal PNRR che, secondo The European House Ambrosetti e Microsoft Italia, rappresenta “un’opportunità storica per la digitalizzazione del Paese”.
Nello specifico tra le proposte elaborate dallo studio c’è una larga condivisione degli obiettivi intermedi relativi agli interventi del “Piano Italia Digitale 2026” sulla digitalizzazione della PA e sulla realizzazione della banda larga, e la semplificazione delle procedure per l’accesso ai fondi e ai finanziamenti del Piano di Ripresa e Resilienza.
Altri punti chiave sono poi la definizione di target chiari per la digitalizzazione dell’ecosistema produttivo italiano attraverso meccanismi di co-investimento specifico per favore la crescita digitale delle PMI e un maggiore coinvolgimento del sistema privato, delle associazioni di categoria e dei cittadini nell’implementazione del PNRR, in modo da rendere questi soggetti protagonisti della trasformazione digitale del Paese.