In un settore ancora relativamente acerbo, come quello dell’economia circolare nel nostro Paese, è importante poter già contare su qualche elemento abbastanza consolidato, in questo caso di tipo informativo. Il riferimento è al Circular Economy Report 2024, lo studio giunto alla sua quinta edizione che viene redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. La rilevazione di quest’anno ha coinvolto un campione di oltre 550 imprese, rappresentative del tessuto industriale italiano, che sono state suddivise in 8 macrosettori, dal mobile arredo alle costruzioni, dall’elettronica all’impiantistica industriale, dal tessile all’alimentare, dagli autoveicoli agli imballaggi. Quale è il rapporto tra aziende italiane ed economia circolare?
Il rapporto mostra che quasi una impresa su due (il 42%) ha adottato almeno una pratica di economia circolare, mentre il 22% del campione ha comunque manifestato l’intenzione di integrare pratiche circolari nel proprio business. Resta tuttavia un 36% delle imprese che si mostra ancora “scettico” sull’adozione dell’economia circolare, tanto da dichiarare di non avere un piano per adottarla nel futuro.
Dallo studio emerge una differenza significativa relativamente alla dimensione delle imprese. Tra le grandi imprese quelle che adottano l’economia circolare arrivano al 46% (in crescita rispetto all’anno precedente) mentre le scettiche sono solo il 28%. Invece, man mano che si scende di dimensione le percentuali si avvicinano, sino ad arrivare alle PMI dove le aziende scettiche (il 39% e in crescita) superano quelle che adottano l’economia circolare (37%).
Il Circular Economy Report 2024 evidenzia fra l’altro le pratiche di economia circolare attualmente più diffuse fra le aziende italiane. “Spicca ancora – si legge – il Riciclo, indicato dal 60% del campione, seguito dal Design orientato a una facile riparazione (48%) e dal Progettare senza scarti (43%)”.
Al contrario, tra le pratiche meno applicate si trovano:
Inoltre, risulta ancora molto poco diffusa l’adozione di strumenti di misura per l’economia circolare, che riguardano solo l’8% del campione (anche se in crescita rispetto all’anno precedente e con un ulteriore 4% di imprese “intenzionate” ad adottarli).
Un altro interessante capitolo del rapporto è quello in cui vengono elencati i principali driver e ostacoli per le aziende nell’adozione dell’economia circolare. Fattori a cui viene attribuito un “rate”, da un minimo di 1 ad un massimo di 5, vale a dire una misura che riflette il valore medio attribuito dagli intervistati alla loro importanza.
Ebbene, tra i principali driver per l’adozione dell’economia circolare emergono la consapevolezza del top management, il ruolo degli incentivi e una regolamentazione favorevole. Di contro, le aziende indicano fra i maggiori ostacoli l’incertezza e l’incoerenza delle politiche governative, oltre agli elevati costi di investimento e ai lunghi tempi di ritorno sull’investimento.
Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio nazionale, il 31% delle imprese che hanno adottato l’economia circolare risulta basato in Lombardia. Un dato che fa parte della tendenza generale, con una distribuzione complessiva che premia decisamente le regioni del Nord Italia.
C’è poi un ulteriore elemento importante: anche coloro che adottano l’economia circolare sono comunque consapevoli di avere ancora una lunga strada da fare per dichiararsi completamente circolari. Infatti – nella scala da 1 a 5 – il valore medio di adozione è pari a 2,24, con solo il 3% del campione (ed in larga parte associato al mondo degli imballaggi) che si attribuisce il massimo punteggio.
Sotto il profilo economico, considerando l’impatto totale dell’adozione dell’economia circolare, nel corso del 2024 si sono aggiunti 0,8 miliardi di euro di risparmi sulle risorse. Questo porta il totale cumulato dei risparmi a oltre 16,4 miliardi annui. Un dato che però va confrontato con il potenziale teorico di risparmio, pari a 119 miliardi. “Ciò significa che viene sfruttato solo il 14% del potenziale circolare nel Paese, un gap difficilmente colmabile da qui al 2030”.
Infine, risulta in crescita, anche se soltanto del 5% rispetto all’anno precedente, la taglia media degli investimenti nell’economia circolare, che tuttavia restano concentrati nella fascia medio-bassa (quasi il 50% sono sotto i 50.000 euro) e con dei tempi di ritorno che, per il 41% delle imprese, sono inferiori ai 12 mesi.