Trump agirà contro le energie rinnovabili? C’è chi dice no…

Un’analisi di Reuters spiega che, nonostante una campagna elettorale caratterizzata dalle promesse di un ritorno alle trivellazioni e del ritiro degli USA dall’accordo di Parigi, Trump potrebbe avere un approccio meno duro verso le fonti green
Rinnovabili in USA: l'atteggiamento di Trump

E adesso che cosa succederà? Una domanda che si sono fatti un po’ tutti, al di là del proprio orientamento politico, osservando Donald Trump festante dopo la sua rielezione alla presidenza degli Stati Uniti. Stiamo infatti parlando di quello che resta il Paese più potente del mondo, economicamente e militarmente, e le cui scelte più importanti riguardano inevitabilmente l’intera popolazione del globo.

Fra queste scelte figura naturalmente la politica statunitense sulla transizione energetica che, secondo quanto emerso durante la campagna elettorale del candidato repubblicano, potrebbe cambiare radicalmente una volta che Trump si sarà insediato. Addirittura, più di un osservatore prevede che il giorno stesso del suo arrivo alla Casa Bianca, il prossimo 20 gennaio, il presidente firmerà subito l’ordine esecutivo per il ritiro degli USA dall’accordo sul clima di Parigi.

In gioco il destino delle rinnovabili

Accadrà veramente? E soprattutto, stiamo andando incontro ad un radicale cambio di prospettive nella lotta al cambiamento climatico? Di quel che potrà succedere nei prossimi anni negli Stati Uniti, con il focus sul destino delle energie rinnovabili, si occupa un interessante approfondimento pubblicato di recente sul sito di Reuters.

“Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca – si legge nell’articolo – riorienterà la politica energetica del Paese verso la massimizzazione della produzione di petrolio e gas, allontanandola dalla lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, è improbabile che la vittoria dei repubblicani alle elezioni presidenziali rallenti drasticamente il boom delle energie rinnovabili negli Stati Uniti”.

Una legge protegge le fonti green

Al di quanto potrà succedere sul fronte internazionale, relativamente agli impegni degli Stati Uniti sul climate change, l’analisi di Reuters si concentra sull’atteggiamento che assumerà Trump con la sua amministrazione di fronte di fronte ad un evidente “ostacolo” a qualsiasi proposito di ridimensionamento interno delle energie rinnovabili.

Impianti fotovoltaici USA

Stiamo parlando dell’IRA, acronimo di “Inflation Reduction Act”, ovvero la legge varata dall’amministrazione Biden che prevede imponenti stanziamenti per garantire sussidi all’energia solare ed eolica nei prossimi dieci anni, il tutto come parte del più ampio sforzo per decarbonizzare il settore energetico statunitense entro il 2035, appunto per contrastare il cambiamento climatico.

La minaccia di Trump

“Prima delle elezioni – si legge nell’analisi Reuters –, Trump aveva criticato l’IRA perché troppo costosa e aveva promesso di annullare tutti i fondi non spesi stanziati per legge. Una minaccia che, se concretizzata, potrebbe gettare acqua fredda sul boom dell’energia pulita negli Stati Uniti”.

Senonché, per la futura amministrazione USA passare dalle parole ai fatti sarebbe molto complicato: “Lo smantellamento dell’IRA richiederebbe che i legislatori, compresi quelli degli Stati che hanno beneficiato di investimenti legati a questa legge, realizzando fabbriche di pannelli solari, parchi eolici e altri progetti, votassero per abrogarla”.

Agenzie federali nel mirino

C’è poi un’altra possibilità, ovvero che Trump potrebbe “limitarsi” a rallentare le cose ostacolando le agenzie federali che erogano sovvenzioni e prestiti in base all’Inflation Reduction Act, piuttosto che riducendo il loro raggio d’azione in merito agli aiuti per progetti di energia rinnovabile, ad esempio quelli relativi all’energia eolica offshore.

Carl Fleming – socio dello studio legale McDermott Will & Emery, che ha consigliato l’amministrazione Biden sulla politica in materia di energie rinnovabili – osserva come “una nuova amministrazione potrebbe rapidamente iniziare a tagliare o limitare i bilanci, nonché limitare la libertà delle agenzie federali di fare determinate cose che sono vincolate ai finanziamenti”.

Non basterà un ordine esecutivo di Trump

Insomma, quel che appare certo è l’impossibilità di procedere ad un’eventuale cassazione/penalizzazione delle fonti rinnovabili con un semplice ordine esecutivo del presidente, come quello che invece Trump potrebbe firmare, come detto, per l’immediato ritiro degli Stati Uniti dagli impegni assunti con l’accordo di Parigi.

“I posti di lavoro e i benefici economici sono stati così consistenti negli Stati repubblicani – aggiunge Fleming – che è difficile immaginare la futura amministrazione affermare semplicemente “non ci piace” in merito al futuro delle fonti rinnovabili”. Senza dimenticare che l’amministrazione Biden si è affrettata a garantire che la maggior parte dei finanziamenti disponibili nell’ambito dell’IRA venga spesa o impegnata prima dell’arrivo del nuovo presidente.

La locazione dei terreni pubblici

Nell’approfondimento viene poi indicato un altro modo con cui Trump potrebbe rallentare la transizione energetica, vale a dire attraverso un’azione esecutiva che modifica la locazione di terreni pubblici. Al riguardo occorre tenere presente che l’amministrazione Biden aveva cercato di espandere le aste di locazione per l’eolico offshore nelle acque federali, insieme a quelle per il solare e l’eolico sulla terraferma.

Impianto eolico nelle campagne del Colorado

“Penso che si darebbe maggiore preferenza all’estrazione di combustibili fossili su terreni e acque pubbliche – spiega Tony Dutzik, analista presso Frontier Group, un think-tank sulla sostenibilità –. Ciò potrebbe avere un grande impatto sull’industria eolica offshore, che mira a localizzare i progetti in acque federali mentre la maggior parte dei progetti solari ed eolici onshore si trovano su proprietà private, così come la maggioranza delle trivellazioni di petrolio e gas”.

L’eolico offshore a rischio

In relazione all’eolico offshore va ricordato che Trump ha dichiarato di voler porre fine al suo sviluppo “dal primo giorno”, sostenendo che è troppo costosa e rappresenta una minaccia per le balene e gli uccelli marini. Si tratta di un’inversione di tendenza radicale dopo che la sua prima amministrazione aveva invece sostenuto lo sviluppo dell’eolico offshore.

Nonostante tutto ciò, l’analisi di Reuters prevede che la produzione di combustibili fossili degli Stati Uniti rimarrà pressoché la stessa dopo l’insediamento di Trump. “Il boom della produzione – si legge – è iniziato durante la presidenza Obama ed è continuato con Trump e poi Biden, tanto che gli Stati Uniti sono già diventati il più grande produttore di petrolio e gas al mondo”.

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Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
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