Mercato delle Costruzioni: archivia anni eccezionali, ma un futuro difficile

Nell’annuale Rapporto sul Mercato delle Costruzioni si sottolinea la pesante contrazione in atto della riqualificazione edilizia che non viene compensata dalla crescita delle opere pubbliche propiziata dal PNRR
Mercato delle costruzioni in calo nel 2024

Si chiama rapporto causa-effetto, ma nel caso in questione potremmo definirlo, molto più volgarmente, come un “andarsela a cercare”. Stiamo parlando della situazione che emerge, per nulla rassicurante, dal 36° Rapporto di CRESME sul Mercato delle Costruzioni 2024 che è stato presentato recentemente.

“Chiusi il 2023 e i primissimi mesi del 2024 – si legge nel documento – con un mercato delle costruzioni in flessione, ma con valori contenuti rispetto agli alti livelli che erano stati raggiunti nel 2022, i prossimi mesi del 2024 e il 2025 segneranno invece una più decisa inversione del ciclo”.

Due dinamiche contrapposte

CRESME sottolinea come l’attuale dinamica dell’edilizia nazionale è frutto in realtà di una doppia tensione: da un lato la forte caduta della riqualificazione edilizia, dall’altro l’ingresso in fase realizzativa di un’eccezionale quantità di opere pubbliche. Ma la grande crescita di quest’ultime non è però in grado di compensare la caduta della riqualificazione.

In particolare, nel rapporto si prevede che il 2024 si chiuderà con una flessione nei lavori di riqualificazione edilizia del 26,5%, mentre le opere pubbliche registreranno un incremento dell’11,4%. Il calo complessivo del settore viene quindi stimato al 9,5% per gli investimenti e al 7,7% per il valore della produzione.

Ed ancor più allarmante è la proiezione relativa all’andamento della manutenzione del patrimonio edilizio, che è addirittura destinata a dimezzarsi nei prossimi anni, passando da un valore di 120 miliardi di euro nel 2022 fino ai 60 miliardi stimati per il 2026.

Prospettive poco incoraggianti per il mercato delle costruzioni nel 2024

Insomma, per l’edilizia italiana si prospetta un non breve periodo di vacche magre, una circostanza ancor più allarmante se si pensa che ci riferiamo ad uno dei settori produttivi maggiormente responsabile sia dell’andamento del Prodotto Interno Lordo che di quello dell’occupazione.

Cantiere riqualificazione edilizia

Il perché non si tratti di un fulmine improvvisamente calato dal cielo, ma di una situazione che ha, appunto, delle cause ben precise, è presto detto: nei mesi scorsi si sono succedute dichiarazioni “apocalittiche” sul Superbonus da parte di esponenti del governo e della politica, a partire dal ministro dell’Economia. Parole a cui sono succeduti i fatti, con vari interventi legislativi per “svuotare” la maxi-agevolazione con recupero fiscale al 110%.

Se si pensa che a partire 2020, anno in cui è stato concepito, il Superbonus è stato l’asse portante degli interventi di riqualificazione edilizia nel nostro Paese, a loro volta principale volano economico e occupazionale nel settore delle costruzioni, è facile capire perché la vistosa frenata del comparto che si profila all’orizzonte non è certo frutto del caso.

Riqualificazione: la crescita degli ultimi anni

Nel rapporto CRESME viene evidenziato come la dimensione della contrazione della riqualificazione edilizia rappresenta la vera questione sul tappeto e sono sufficienti pochi numeri per spiegarla. Punto di partenza è la situazione esistente prima dell’introduzione del Superbonus e del Bonus Facciate, ovvero precedentemente al periodo 2019-2023, quando il mercato degli interventi incentivati in riqualificazione edilizia e energetica valeva annualmente 28 miliardi di euro correnti all’anno.

Ebbene, con l’avvio delle grandi agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione edilizia, si è assistito ad un autentico decollo economico. Infatti, la crescita del giro d’affari ha avuto un ritmo esponenziale, culminando con i quasi 84 miliardi di valore del mercato degli interventi incentivati nel 2023, per arrivare ai quasi 95 miliardi stimati per il 2024. Un percorso che conferma quello presentato a MCE 2024 con il 10° Rapporto sull’impiantistica.

Ma, come detto, il dato del corrente anno, è in realtà frutto delle dinamiche opposte relative alla prima e alla seconda parte, tanto che nel rapporto si precisa che una volta “finiti i super-incentivi, se va bene si tornerà ai livelli del 2019, sempre che le condizioni rimangano quelle di allora. Altrimenti bisognerà fare altri conti, come sembra probabile”.

Il boom delle opere pubbliche

Per quel che attiene alla diversa dinamica delle opere pubbliche, CRESME evidenzia quanto accaduto nell’ultimo triennio: sono stati aggiudicati lavori per

  • 50 miliardi di euro nel 2021,
  • 59 miliardi nel 2022,
  • 91 miliardi nel 2023.

“Si tratta di numeri eccezionali, anche in questo caso, rispetto ai 15 miliardi di lavori all’anno aggiudicati mediamente dal 2012 al 2019”.

Numeri eccezionali ed anche peculiari, se è vero che si caratterizzano per la loro componente “realizzativa”. Infatti, la metà delle aggiudicazioni del 2023 e un terzo di quelle del 2022 ha a che fare con il PNRR, con lavori che si dovrebbero chiudere entro il 2026 (o nel 2027 se ci sarà una proroga).

Da qui, in relazione all’effettivo completamento dei lavori, la domanda contenuta nel rapporto: “Saremo in grado? E cosa succederà se con i contratti in essere prevarranno le criticità realizzative? Inoltre, cominciano a manifestarsi i primi segnali negativi riguardanti i flussi di cassa che sembrano essere molto meno fluidi di prima. Con tutto quello che questo può significare”.

Allarme contenziosi legali

Una considerazione che porta dritti ad uno scenario assai poco rassicurante, con i contenziosi legali destinati ad essere un tema portante dell’edilizia nei prossimi due-tre anni. Semmai, “l’incertezza è sulle dimensioni che il contenzioso potrà raggiungere, sia sul fronte degli incentivi sia su quello delle opere pubbliche. Le recenti ipotesi retroattive rispetto agli incentivi fiscali di certo non aiutano a rendere tranquilla la situazione”.

Il tutto accompagnato da una considerazione polemica: “Le costruzioni con il Superbonus sono diventate l’orco cattivo dell’economia italiana, quando si può dimostrare che la quota degli investimenti incentivati andati alle imprese di costruzioni si possa stimare tra il 20 e il 25% del totale. Il resto – precisa il CRESME – è andato a industria, commercio, progettisti e piattaforme tecnologiche, banche e intermediari finanziari, oltre che IVA, IRPEF e Oneri Sociali. Insomma, a tutta l’economia”.

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Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
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