Qualcosa si muove, e non potrebbe essere altrimenti considerato il terreno perso negli ultimi decenni, ma di certo in tema di evoluzione digitale le piccole e medie imprese italiane possono e devono fare molto di più. È questo il messaggio di fondo che emerge dalla ricerca “PMI, industria e digitale, la sfida è adesso!”, effettuata dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano e presentata in apertura della Fiera A&T (Automation & Testing). Uno studio basato su un campione di 504 osservazioni, rappresentativo di 69 mila PMI manifatturiere del nostro Paese.
La ricerca sottolinea innanzitutto come l’impatto della pandemia non è stato, per una volta, così negativo. Infatti, fino al 2020 la scarsa maturità digitale delle micro, piccole e medie aziende italiane ha rappresentato un freno pericoloso in termini di reale competitività sui mercati globali. E così lo sconquasso del coronavirus ha finito per costringere le PMI nostrane ad accelerare alcuni aspetti della trasformazione digitale, soprattutto per contrastare il crollo del fatturato, sopperire alle difficoltà nella gestione dell’operatività aziendale e garantire la flessibilità del lavoro.
Un passo in avanti che però, come dimostrano i numeri, risulta ancora piccolo e quindi insufficiente per parlare di un’autentica inversione di tendenza. In particolare, è emerso che soltanto il 14% delle PMI ha un approccio strategico al digitale, che pervade tutto il modello di business, coinvolgendo anche i cosiddetti processi core (sviluppo prodotto, rapporti di filiera, marketing e vendite). E si tratta soprattutto delle realtà aziendali più grandi e redditizie, di natura meno familiare, collocate al Nord e con una propensione maggiore all’export.
Ma la parte più importante del campione, ovvero il 57%, ha invece mostrato un approccio che si può definire “tattico”, con una focalizzazione all’evoluzione digitale che viene circoscritta su obiettivi specifici e contingenti di efficienza dei processi. Ne deriva, quindi, una forte diversità dei percorsi di digital transformation all’interno di queste PMI. Ed ancora, un restante 29% di imprese si avvicina al digitale come reazione a uno stimolo esterno – la crisi Covid piuttosto che la richiesta di un cliente – con un orizzonte di breve periodo che determina investimenti scarsi nonché limitati a singole attività e processi.
Fra le tante rilevazioni presenti nell’indagine dell’ Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI ce ne sono alcune che fotografano appieno l’attuale stato di arretratezza del settore. Ad esempio, un terzo delle aziende dichiara che il top management non ha mai partecipato a eventi formativi su temi del digitale, mentre un ulteriore terzo lo ha fatto in maniera sporadica e occasionale. Quattro imprese su 10 non hanno figure che si occupino formalmente del digitale e che abbiano delle competenze specialistiche. E ben 3 aziende su 4 non prevedono di rivedere il proprio modello di business né di reingegnerizzare il prodotto/servizio alla luce della trasformazione digitale.
“Dalla nostra analisi – ha dichiarato Giorgia Sali, Direttrice dell’Osservatorio – emerge come le PMI italiane di fronte, prima della pandemia, a un ritardo già rilevante in termini di digitalizzazione, di processo e di visione, non siano riuscite a cogliere durante l’emergenza sanitaria l’opportunità di ridisegnare i propri modelli di business e la propria cultura aziendale secondo una logica “liquida”. Non basta essere reattivi o tattici, oggi è il momento di essere strategici e per farlo occorre pianificare, agire in rete e cogliere tutte le grandi opportunità offerte dall’innovazione, che non è solo implementazione tecnologica, ma è anche cultura e analisi”.