Omnibus UE: cosa potrebbe cambiare in tema di sostenibilità

Il pacchetto Omnibus è un insieme di proposte di modifiche a diverse norme, con forte impatto sulla regolamentazione della sostenibilità a livello europeo
Sostenibilità: cosa potrebbe cambiare con la proposta Omnibus dell’UE

La proposta legislativa Omnibus dell’Unione Europea propone una revisione alle politiche finora introdotte in ambito di sostenibilità. Presentata dalla Commissione Europea nei mesi scorsi, si pone l’obiettivo di semplificare la materia, riducendo l’impatto che le misure finora intraprese hanno avuto o avrebbero sulle aziende.

Questo pacchetto normativo ha sollevato un ampio dibattito sia tra gli Stati membri e i soggetti economici coinvolti. Al momento il pacchetto Omnibus non è ancora stato approvato, ma potrebbe modificare scadenze e obblighi previsti anche dal decreto che, a settembre, ha recepito la CSRD.

Perché nasce il pacchetto Omnibus

Il pacchetto Omnibus, come anticipato, si pone l’obiettivo di semplificare il quadro normativo comunitario di riferimento quando si parla di sostenibilità, nella speranza di favorire una maggior competitività nel mercato, ma senza bloccare o irrigidire il comparto produttivo a causa di impegni gravosi, soprattutto per le realtà di dimensioni più contenute.

Nessuna delle modifiche vuole ridurre o mettere in discussione la rilevanza del tema “sostenibilità” quando si parla economia, industria e servizi, ma piuttosto rende più accessibile e graduale il cambiamento. In sostanza, si integrano in modo evidente gli interessi ambientali, con le esigenze economiche. Per quanto possa essere condivisibile il timore che le recenti novità normative possano mettere in difficoltà molte realtà imprenditoriale, anche lontane dall’essere pronte per approcciare in modo completo la sostenibilità, resta il fatto che cambi di rotta e tempi incerti, possono a loro volta causare disagi e incertezze non positive per le aziende.

Il pacchetto Omnibus, in ogni caso, raccoglie un insieme coordinato di differenti interventi, che razionalizzano norme relative a differenti settori, tra cui:

  • la rendicontazione in ambito ESG (secondo quanto previsto dalla CSRD),
  • la due diligence in materia di sostenibilità,
  • la tassonomia europea,
  • il sistema di aggiustamento delle emissioni alle frontiere,
  • i principali strumenti di investimento comunitari.

Particolare attenzione è posta verso le PMI, lasciando più signficative le richieste per le grandi aziende.

CSRD e sostenibilità: di che cosa si parla e cosa potrebbe cambiare

La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), ossia la Direttiva 2022/2464/UE, ha rappresentato un importante passo in ambito di rendicontazione di sostenibilità aziendale. Pone l’accento sulla necessità di integrare le tematiche ambientali, sociali e di governance (ESG) all’interno delle strategie e delle attività d’impresa, riconoscendole come elementi essenziali per la creazione di valore nel lungo periodo. Rispetto alla normativa precedente, la CSRD amplia significativamente il perimetro delle aziende soggette agli obblighi di rendicontazione, includendo non solo le grandi imprese quotate, ma anche un numero crescente di PMI.

sostenibilità per il futuro europa

In Italia, l’attuazione concreta di tale direttiva è avvenuta attraverso il Decreto Legislativo n. 125 del 2024. Per quanto riguarda regole e scadenze dell’ormai noto “Bilancio di sostenibilità”, già quest’anno vige per grandi imprese l’obbligo di rendicontare l’anno 2024. Nel 2026, invece, toccherà alle imprese che soddisfano due dei seguenti 3 requisiti: almeno 250 dipendenti nel periodo di esercizio, uno stato patrimoniale uguale o superiore a 25 milioni, ricavi netti superiori a 50 milioni di euro.

Tra le novità proposte con il pacchetto Omnibus, invece, c’è l’esonero dalla direttiva di circa l’80% delle imprese che oggi ricadono nel suo ambito di applicazione, concentrando gli obblighi di informativa sulla sostenibilità sulle imprese di più grandi dimensioni. Una scelta giustificata dal fatto che sono queste realtà ad avere maggior probabilità di causare gli effetti maggiori sulle persone e sull’ambiente. Inoltre, si ipotizza di posticipare di due anni gli obblighi prima descritti, arrivano fino al 2028.

Le altre modifiche proposte

Le altre principali modifiche proposte per il settore della sostenibilità riguardano la limitazione alle grandi aziende di quanto riguarda gli obblighi di informativa relativi alla tassonomia dell’UE, la possibilità di approcciare in modo graduale la transizione ambientale nel tempo, la semplificazione dei criteri DNSH (“non arrecare un danno significativo”) e la garanzia che gli obblighi di informativa sulla sostenibilità che riguardano le grandi imprese non cadano a cascata sulle imprese più piccole che fanno parte della loro catena del valore.

Ciò anche grazie alla limitazione delle informazioni che le grandi imprese possono richiedere alle piccole imprese quando viene mappata l’intera catena del valore. Ma non è tutto qua, infatti si parla anche di semplificazione in ambito due diligence oltre che di novità per gli obblighi e l’applicazione CBAM, acronimo di Carbon Border Adjustment Mechanism, uno strumento introdotto dall’Unione Europea per contrastare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (carbon leakage). Si tratta, in sostanza, di una tassa sul carbonio applicata alle importazioni di alcuni beni provenienti da paesi extra-UE che non impongono standard ambientali equivalenti a quelli europei.

Con il pacchetto Omnibus, però, si valuta di esonerare dagli obblighi i piccoli importatori e le persone fisiche, con nuove soglie fissate sulle tonnellate importante (50 ton/anno cumulative), ma anche di semplificare le norme per chi rimane incluso nell’applicabilità.

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Gaia Mussi

Laureata in Progettazione Tecnologica e Ambientale, da sempre appassionata ai temi della sostenibilità e della tecnologia. Collabora come copywriter con portali, magazine e aziende per la creazione di contenuti inerenti il campo dell’edilizia, della sostenibilità e del risparmio energetico
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