Comunità energetiche: cosa sono e come vanno in Italia

Produzione e consumo di energia rinnovabile che partono dal basso: lo sviluppo italiano delle comunità energetiche coinvolge cittadini e territori in nuovi ecosistemi green
Comunità energetiche come driver della decarbonizzazione

La transizione ecologica vale il futuro economico e ambientale del nostro Paese. Ma quanto spazio c’è per le comunità energetiche nel nuovo PNRR?

Dal punto di vista normativo, nel 2020 sono stati introdotti incentivi per l’autoconsumo collettivo, recependo quanto già stabilito dall’articolo 42bis del cosiddetto decreto Milleproroghe. L’approccio “comunitario” di queste reti di prosumer (produttori / consumatori di energia green) assume un ruolo ancor più rilevante in vista degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 del Clean Energy Package. Oltre ad accelerare la diffusione delle rinnovabili, infatti, le comunità energetiche migliorano la gestione dei carichi sulla rete, grazie alla prossimità tra produzione e utenza finale.

Perché spingere le comunità energetiche

Non a caso, dunque, una recente nota di powercloud parla di 260 milioni di membri, investitori o clienti coinvolti nel movimento delle energy community entro il 2025. Il loro contributo potrebbe coprire fino al 45% dell’energia dell’Unione Europea.

Aumentano i movimenti di cittadini che diventano protagonisti attivi nel passaggio alle rinnovabili: un modo per partecipare al mercato, avere accesso all’energia e contrastare il fenomeno della povertà energetica

Ma di fatto cosa sono le comunità energetiche? Semplicemente gruppi di persone che utilizzano una rete locale per la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili (principalmente eolico e fotovoltaico). Il loro principale obiettivo è poi utilizzare questa energia, raggiungendo l’indipendenza dalle grandi utility. Diventando così artefici di un cambiamento ambientale, sociale e economico che parte dal basso.

L’evoluzione europea

Le norme europee prevedono già l’aggregazione di gruppi di utenze che, a livello locale, condividono energia prodotta da impianti on site (per esempio pannelli fotovoltaici che alimentano un condominio). Il fenomeno, insomma, è esteso e rappresentato soprattutto da REScoop, la federazione europea delle cooperative di generazione da fonti rinnovabili. Ma ci sono anche il progetto Lightness, EWS Schoenau, Repowering London, Energy Garden e la spagnola Som Energia.

Le comunità energetiche in Italia

Da noi, la situazione è in divenire. RSE (Ricerca sul Sistema Energetico) ha avviato un progetto pilota per mappare l’autoconsumo collettivo che coinvolge 12 comunità energetiche per condominio (a Pinerolo una delle prime). Altrettanto interessante, il lavoro della cooperativa ènostra, che produce e fornisce energia green impegnandosi nella realizzazione di queste reti di autoconsumo. Si contano, al momento, una decina di progetti tra Puglia, Sardegna, Sicilia, Veneto e Trentino-Alto Adige, avviati sempre su richiesta delle amministrazioni comunali.

Le istituzioni, dunque, sono orientate a questo tipo di soluzione, perché i risvolti non sono solo di tipo economico e ambientale. “Se le comunità energetiche verranno implementate e accompagnate da investimenti pubblici mirati – spiega Gianluca Ruggeri, ricercatore Università dell’Insubria e vicepresidente ènostra -, miglioreranno anche le condizioni dei ceti più deboli, favorendo la riduzione del fenomeno della povertà energetica”.

Che ne pensano le utility?

Il rischio di perdere quote di mercato è reale, ma il cambio di mentalità può generare nuove opportunità. Il settore immobiliare italiano, caratterizzato da una percentuale forte di piccoli proprietari e alle prese con il Superbonus 110%, vedrà crescere il numero dei produttori privati di energia. Qui, nasceranno servizi tecnici e digitali inediti e potenzialmente collegati alla gestione delle comunità energetiche.

Tanto dipenderà dall’attitudine all’innovazione dei big player e da quanto rapidamente il contesto li spingerà a cambiare

Ciò significa anche adeguare le infrastrutture IT, per supportare adeguatamente l’evoluzione della produzione decentralizzata. “Guardiamo con interesse al crescente cambiamento delle abitudini dei consumatori, sempre più consapevoli del ruolo e dell’importanza che possono assumere come parte attiva verso la transizione energetica – commenta Marco Beicht, Ceo e founder di powercloud -. Il nostro obiettivo è semplificare il mercato attraverso un sistema operativo aperto, che consente di modulare le necessità sulla base di specifici bisogni”.

In generale, i dati e i driver normativi ci dicono che il cambiamento è innescato: la transizione energetica porterà alla distribuzione locale dell’energia. Passata la fase di adattamento, i territori, i cittadini e il clima ringrazieranno.

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Maria Cecilia Chiappani

Copywriter e redattore per riviste tecniche e portali dedicati a efficienza energetica, elettronica, domotica, illuminazione, integrazione AV, climatizzazione. Specializzata nella comunicazione e nella promozione di eventi legati all'innovazione tecnologica.
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