La tempesta coronavirus si sta abbattendo ormai da mesi sul fronte della produzione e dei consumi con effetti economici e sociali durissimi. Eppure, anche in frangenti così difficili si può sostenere che non tutto il male viene per nuocere. Per farlo occorre spostare il punto di vista e ragionare in termini di salute, ma questa volta ambientale. In quest’ottica l’Analisi trimestrale del sistema energetico italiano compiuta dall’Enea evidenzia come nel primo trimestre dell’anno le emissioni di CO₂ hanno segnato una drastica diminuzione (-10% circa) con la previsione di un -15% nel computo del primo semestre 2020.
A generare questo crollo delle emissioni c’è naturalmente l’impatto del Covid-19 a partire dal terzo mese dell’anno. Infatti, l’indagine Enea sottolinea come nelle cinque settimane, dall’inizio di marzo in poi, la domanda elettrica ha iniziato a contrarsi stabilizzandosi su un -20% a livello nazionale (-30% nelle regioni del Nord) rispetto allo stesso periodo del 2019. Anche i consumi di gas naturale si sono stabilizzati su un -30% dalla seconda metà di marzo, mentre gasolio e benzina hanno segnato addirittura un -43% a marzo. Tutti trend che del resto si sono ulteriormente consolidati ad aprile, mese che l’Italia ha interamente vissuto in regime di lockdown.
“Questo calo delle emissioni di CO₂ – ha sottolineato Francesco Gracceva, l’esperto Enea che ha curato l’Analisi – rappresenta un dato senza precedenti. Basti pensare che nel 2019 si è registrato un -1,5% grazie al phase out del carbone, a sua volta favorito dai bassi prezzi del gas naturale e dal rialzo delle quotazioni dei permessi di emissione. In Italia, peraltro, negli ultimi anni le emissioni si sono ridotte meno dei principali paesi europei, pur a fronte di un andamento dell’economia meno positivo”.
Dunque l’attuale crollo delle emissioni finisce con il ridare vigore a un trend di decrescita comunque consolidatosi negli ultimi decenni. Proprio i numeri relativi all’andamento nel lungo periodo sono stati diffusi recentemente dall’Ispra con due rapporti, il National Inventory Report 2020 e l’Informative Inventory Report 2020, che presentano il quadro globale e di dettaglio della situazione italiana sull’andamento dei gas serra e degli inquinanti atmosferici dal 1990 al 2018.
In generale, negli ultimi 28 anni presi in considerazione le emissioni sono passate dai 516 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente registrate nel 1990 ai 428 milioni di tonnellate del 2018, con una diminuzione del 17% (ma solo -0,9% rispetto al 2017). Nel dettaglio, la diminuzione risulta dovuta soprattutto alla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e all’incremento dell’efficienza energetica nei settori industriali.
Sempre a partire dal 1990, negli altri comparti responsabili delle emissioni, figura il calo sensibile dell’agricoltura (-13%), un settore che nel nostro Paese costituisce il 7% circa delle emissioni di gas serra, ovvero 30 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente.
Ed ancora, i report dell’Ispra sottolineano il ruolo crescente del riscaldamento fra i soggetti inquinanti. Infatti, per quanto riguarda il PM10 primario, il riscaldamento risulta essere la principale fonte di emissione nel 2018, contribuendo al totale per il 54%.
Infine, relativamente agli altri inquinanti, è significativo l’andamento delle emissioni di ossidi di azoto, il cui acronimo e NOx. La principale fonte è il trasporto su strada (circa il 43% nel 2018), che mostra però una riduzione di ben il 71% tra il 1990 e il 2018. Tra gli altri settori interessati, l’unico che evidenzia un aumento delle emissioni NOx è ancora il riscaldamento con un +36%, pari al 13% del totale.