Perché analizzare e implementare nuove tecnologie per la decarbonizzazione? La risposta è una: abbiamo bisogno di città pulite. I centri urbani consumano più di due terzi delle risorse energetiche globali e sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni globali di CO2. Non solo, il 56% della popolazione globale vive attualmente in un’area cittadina, ma secondo l’Onu nel 2050 ci passerà al 68%.
Ecco perché spingere sull’efficienza energetica, sulla building automation, sull’elettrificazione dei trasporti e sui servizi digitali. Tante possibilità che Economist Impact ha raccolto e commentato nel report “Sustainable Disruption: 12 Decarbonising Technologies for Cities”, commissionato dallo studio legale Osborne Clarke.
Lo studio individua 12 tecnologie potenzialmente efficaci per aiutare le città a raggiungere i propri obiettivi di decarbonizzazione. Investimenti capaci di creare occupazione, ridurre la bolletta energetica e migliorare in generale la qualità di vita delle persone. Il tutto suddiviso in 3 macro settori: edilizia e costruzioni, trasporti, e infrastrutture per la città.
Come nasce lo studio? I risultati arrivano in particolare dell’analisi del comportamento “politico” di dieci città. Al centro, la disponibilità di strategie e investimenti in grado di sostenere lo sviluppo di sistemi a basse emissioni di gas serra (ESG). Barcellona vince la classifica come migliore realtà urbana nel supporto finanziario e/o politico per la maggior parte delle tecnologie identificate nel report. Seguono Seul e Parigi, mentre in chiusura della top ten troviamo l’unica città italiana, Firenze.
Dal punto di vista economico, spiegano gli analisti, i finanziamenti per le tecnologie green si stanno rapidamente spostando da alto rischio ad altamente regolamentato. Le politiche governative, dall’altro lato, spingono gli investitori a sostenere soluzioni a basso impatto ambientale, obbligandoli anche a dichiarare l’impronta ESG dei relativi business. Tuttavia, non si tratta di una missione priva di rischi. Con la diffusione dell’IoT, per esempio, aumentano i cyber crimini, vanno rivisti gli standard industriali e servono nuove regole contrattuali. Insomma, un approccio efficace al mutevole quadro normativo e legale sarà cruciale per affrontare con successo la transizione ecologica a ogni livello.
Di cosa è fatto, dunque, questo cambiamento tecnologico? Entriamo nel merito delle tre categorie green e del loro potenziale di impatto sulla decarbonizzazione.
Cemento e calcestruzzo green registrano un punteggio elevato in termini ambientali e di scalabilità. Ma gli investimenti in questo ambito sono ancora ridotti. Delle dieci città esaminate, infatti, solo Parigi e Londra attuano programmi che incentivano l’uso di cemento a basse emissioni. Anche il secondo tema, quello dei Sistemi di Building Automation (BAS), va ulteriormente implementato in quanto gli edifici sono sistemi estremamente complessi e mancano di standardizzazione.
I digital twin registrano un punteggio medio in termini di impatto, scalabilità e investimenti. Offrono prestazioni migliori rispetto ai BAS, ma richiedono una quantità importante di energia. Nelle fasi di progettazione, permettono di costruire e pianificare i progetti in modo più efficiente, purché si compiano investimenti infrastrutturali aggiuntivi. Ci sono infine le pompe di calore ad alta efficienza, in grado di ridurre i gas serra di 1,8 GT all’anno e con un ottimo indice di scalabilità. L’investimento pubblico in queste tecnologie di decarbonizzazione è molto elevato, mentre non si può dire lo stesso del settore privato.
Il teleriscaldamento e il teleraffrescamento ottengono un punteggio elevato in termini di riduzione di CO2. Queste tecnologie termiche possono ridurre i costi di investimento e sono attuabili in tutte le città oggetti di analisi. Sempre in tema di consumi, ecco smart grid e smart meter. Il contributo green di reti e contatori intelligente potrebbe portare a una riduzione del 12% dell’uso di energia. Qui, gli investimenti pubblici sono alti anche grazie alle politiche Ue, visto l’obiettivo di penetrazione nel mercato all’80% entro il 2020.
Anche le unified communications aiutano a ridurre i gas serra in quanto facilitano il telelavoro e la connettività mobile. Resta tuttavia “medio” il potenziale di impatto a causa delle risorse necessarie per cambiare le modalità di lavoro a livello globale, con la necessità di ingenti investimenti privati. Il quarto tema è la waste robotics, ottima in termini di impatto e scalabilità. Questi sistemi dotati di Intelligenza Artificiale automatizzano il processo di riciclo e riducono il margine di errore, consentendo potenzialmente di trattare e riciclare il 75% dei rifiuti. L’investimento, tuttavia, è ancora basso: il pubblico e il privato devono spendere di più per sfruttarne tutti i vantaggi.
“Abbiamo bisogno di un radicale cambiamento nel modo in cui muoviamo persone e merci – spiega Alessandro Villa, Head of Transport & Automotive di Osborne Clarke Italia -. Al centro di questa evoluzione si trova lo sviluppo di nuove tecnologie per la decarbonizzazione semplici da usare e sostenibili. La creatività sarà una condizione necessaria per ripensare i modelli contrattuali e legislativi, le collaborazioni e le partnership che sottendono il passaggio alla green mobility”.
Le 4 componenti della mobilità sostenibile sono:
Alla luce delle tecnologie green e dei parametri analizzati, la decarbonizzazione è una partita “multipla”, giocata su più livelli. Da quello comunitario a quello nazionale, fino alle virtuosità dei singoli territori. L’Italia ha competenze, visione e risorse (vedi la grande spinta del PNRR) per raggiungere gli obiettivi di impatto ambientale.
È fondamentale, tuttavia, che questa energia verso il cambiamento sia gestita in modo competente, tempestivo ed efficace, anche a livello normativo.