Gli interruttori differenziali: guida alla scelta

La normativa definisce quattro tipologie: interruttori differenziali di tipo AC, A, F, B. Scopriamo le differenze e come fare la scelta corretta in base all’applicazione

Negli ultimi anni, la presenza di stadi elettronici non lineari – quali raddrizzatori, alimentatori a commutazione, inverter – una volta tipici degli apparecchi industriali, è divenuta sempre più diffusa anche negli apparecchi domestici. I circuiti non lineari – direttamente connessi all’alimentazione a 230/400 V degli apparecchi utilizzatori – fa sì che in caso di guasto, o anche in assenza di guasto, la corrente differenziale che circola sul cavo di protezione non sia di forma alternata sinusoidale come si avrebbe nel caso di circuiti lineari, ma sia deformata con la presenza di componenti continue e ad alta frequenza. Di conseguenza, si è evoluta anche la tecnologia degli interruttori differenziali (detti RCD secondo un diffuso acronimo internazionale) in grado di rilevare e interrompere correnti differenziali di forma via via più complessa.

Tipologie di interruttori differenziali

Secondo la norma internazionale IEC 60755 sono classificati nei tipi:

Si deve notare che la sequenza dal tipo AC al tipo B costituisce una successione crescente per prestazioni ove ogni tipo include tutte le caratteristiche dei predecessori.

Simboli differenziali di tipo AC, A, F, B
Tipi di interruttori differenziali caratterizzati da classi crescenti di forme di guasto
ABB interruttore differenziale tipo AC
ABB interruttore differenziale tipo AC

Interruttore differenziale di tipo AC

Gli interruttori differenziali di tipo AC sono stati i primi a essere introdotti sul mercato e ancora i più utilizzati per le applicazioni generali. Essi sono idonei a rilevare la corrente differenziale alternata alla frequenza di rete di 50 Hz.

Gli RCD di tipo AC, quindi, sono indicati in presenza di carichi lineari, quali le lampadine tradizionali o apparecchi riscaldatori elettrici privi di elettronica di controllo, oppure apparecchi non collegati a terra (isolati in classe II).

Interruttore differenziale di tipo A

Gli interruttori differenziali di tipo A, rilevano e interrompono anche correnti unidirezionali pulsanti di entrambe le polarità, comprese quelle parzializzate o sovrapposte a una componente continua sino a 6 mA. Sono le forme tipiche delle correnti di guasto a terra degli apparecchi monofase contenenti diodi, ponti raddrizzatori di vario tipo, dimmer per la regolazione di lampade.

ABB interruttore differenziale tipo A
ABB interruttore differenziale tipo A

Questo non significa che gli RCD di tipo A rilevino la corrente differenziale continua, ma che la presenza di una componente continua sino a 6 mA, non altererà il comportamento dell’interruttore differenziale. Il valore di 6 mA è la massima corrente continua di guasto ammessa per gli apparecchi utilizzatori dotati di spina domestica (IEC 61140).

Interruttore differenziale di tipo F

Gli apparecchi differenziali di tipo F, che sono una evoluzione dei tipo A, hanno inoltre la capacità di rilevare e interrompere anche correnti differenziali multifrequenza, cioè composte da più frequenze oltre a quella di rete. Si tratta delle forme tipiche degli inverter monofase a frequenza variabile utilizzati per l’azionamento di motori, ormai di impiego comune su diversi elettrodomestici quali lavatrici, condizionatori, pompe di calore.

L’immunità alla corrente differenziale continua è innalzata a 10 mA. Inoltre, i differenziali di tipo F, hanno una elevata immunità ai disturbi (tenuta agli impulsi di corrente di breve durata) contribuendo a risolvere il fastidioso problema degli scatti intempestivi che la presenza dei moderni elettrodomestici contribuisce a provocare.

Interruttore differenziale di tipo B

ABB differenziale tipo B
ABB differenziale tipo B

L’interruttore differenziale di tipo B estende ulteriormente le prestazioni ed è in grado di coprire in pratica qualunque applicazione. Infatti, gli interruttori di tipo B sono sensibili anche alla corrente differenziale continua senza ondulazione, positiva o negativa, alla corrente differenziale alternata sino a 1 kHz, alla sovrapposizione di corrente differenziale alternata e corrente differenziale continua, alla corrente differenziale proveniente da raddrizzatori bifase e trifase.

Le applicazioni sono prevalentemente ma non esclusivamente trifase e includono gli inverter per l’azionamento dei motori, i convertitori statici in genere, i sistemi di ricarica dei veicoli elettrici, le macchine biomedicali, gli impianti fotovoltaici, i sistemi di accumulo.

Nella tabella 1 sono elencate le forme d’onda di prova della corrente differenziale di intervento per i diversi tipi di RCD (applicate istantaneamente o lentamente crescenti, positive o negative) assieme al simbolo posto nella marcatura degli RCD per identificarli.

correnti di guasto differenziali
Tabella 1– Forme delle correnti di guasto di prova per gli interruttori differenziali e loro simboli

Per ognuna delle forme d’onda di prova, le norme di prodotto degli interruttori differenziali prevedono un aumento della soglia di intervento rispetto a quella nominale (per esempio 30 mA) per tenere conto della minore pericolosità sul corpo umano delle correnti continue o ad alta frequenza.

Per esempio, un differenziale da 30 mA di tipo A, F o B, deve intervenire con una corrente pulsante pari o superiore a 42 mA, mentre un differenziale di tipo B sempre da 30 mA deve intervenire con una corrente continua pari o superiore a 60 mA.

Selezione dei differenziali di tipo AC, A, F e B

Per la scelta del tipo di RCD – AC, A, F o B – da parte dell’installatore o del progettista dell’impianto, si deve tener conto della possibile corrente di guasto causata dagli apparecchi utilizzatori che si intendono alimentare. Un interruttore differenziale non idoneo ai carichi può comportare conseguenze spiacevoli di varia gravità, che vanno dall’intervento intempestivo al mancato o ritardato intervento in presenza di guasto.

In generale, si possono seguire i seguenti criteri generali:

  1. Stima della possibile forma d’onda della corrente di guasto degli apparecchi utilizzatori tenendo conto della loro configurazione circuitale interna.
  2. Le informazioni o le raccomandazioni dei fabbricanti degli apparecchi che l’installatore è tenuto a rispettare. In caso di dubbi, l’installatore dovrebbe chiedere al corrispondente fabbricante indicazioni circa la possibile corrente di guasto e di conseguenza del tipo di differenziale idoneo all’apparecchio.
  3. Espliciti requisiti o raccomandazioni normative.

Per questo ultimo aspetto, la normativa non è identica in tutti i paesi (in diverse nazioni, per esempio, i differenziali di tipo AC non sono ammessi e per tutte le applicazioni sono necessari interruttori differenziali almeno di tipo A). In Italia si segue la norma CEI 64-8 e le altre norme applicabili.

Cosa dice la normativa

Nella tabella 2 vi è un riepilogo dei principali casi ove le norme italiane richiedono o raccomandano esplicitamente l’installazione di differenziali almeno di tipo A. In tutti i casi si intende “se i differenziali sono necessari”: per esempio in un impianto industriale TN la protezione dai contatti indiretti potrebbe non richiedere alcun interruttore differenziale, mentre in un impianto TT i differenziali sono sempre obbligatori.

normative e interruttori differenziali Tipo A, F, B
Tabella 2 – Dove le norme richiedono differenziali tipo A, F o B

Autore: Ing. Claudio Amadori ABB S.p.A. per ElettricoMagazine

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