
Negli ultimi anni, l’installazione di impianti fotovoltaici è diventata una scelta sempre più diffusa tra chi desidera ridurre i costi energetici e contribuire alla sostenibilità ambientale. Quando si decide di installare un nuovo impianto, tuttavia, è fondamentale tenere conto di diversi adempimenti burocratici necessari, tra cui l’accatastamento dell’impianto fotovoltaico.
Questa procedura, obbligatoria in determinati casi, consente di registrare il sistema presso il catasto, aggiornando la rendita catastale dell’immobile. Capire in quali circostanze sia richiesto e come procedere è decisamente importante per evitare sanzioni.
Il presente articolo prende spunto da due lettere ricevute da un imprenditore dell’area industriale tra Milano e Bergamo, avente come oggetto “Contraddittorio endo-procedimentale informato ed effettivo ai sensi del D.LGS. 219 del 30 dicembre 2023 – attivazione procedimento di accertamento con adesione su iniziativa dell’ufficio ART. 5 D.LGS. 218/97 e successive modifiche e/o integrazioni”; ossia il passaggio, reso obbligatorio dall’attuale assetto legislativo, attraverso il quale gli enti pubblici devono transitare prima di erogare eventuali sanzioni amministrative.
L’imprenditore in questione è titolare di due diversi impianti fotovoltaici installati sulle coperture di altrettanti capannoni, entrambi sedi di attività produttive, site nel territorio dello stesso comune.
I due impianti aventi i generatori di potenza nominale rispettivamente pari a circa 55 e 100 kWp sono entrambi entrati in esercizio alla fine del 2010 e, per entrambi, è stato riconosciuto l’incentivo in conto energia ai sensi del DM 19/02/2007, così detto “secondo conto energia”.
Sebbene ci siano leggere differenze tra i due impianti in termini di:
i due endo-procedimentali hanno identica struttura, ed entrambi contestano il “mancato accatastamento degli impianti” e il relativo mancato pagamento delle tasse dovute (IMU – Imposta Municipale Unica).
Tutto sommato la cifra richiesta si aggira nell’intorno di 40.000 euro, basata sull’arretrato di 6 anni.
La richiesta del Comune, che si serve di consulenti esterni per l’espletamento di queste pratiche, si basa essenzialmente sui seguenti presupposti:
In queste occasioni vengono citate le circolari dell’Agenzia delle Entrate. È bene chiarire immediatamente che, dette circolari, non costituiscono Fonte del Diritto e non assumono capacità cogente né nei confronti dei Contribuenti, né nei confronti della Magistratura. Esse sono documenti interni agli Organi che le emettono, mere interpretazioni normative, di parte, che non acquistano valenza probatoria di alcunché, per cui appare sterile disquisire su di esse ovvero trattarle al pari di disposizioni cogenti.
In estrema sintesi, le circolari dell’Agenzia delle Entrate, interpretando i testi legislativi, basano la necessità di procedere all’accatastamento dell’impianti fotovoltaici sugli immobili, ovvero di procedere con il ricalcolo della rendita dell’immobile, sulla base della potenza dell’impianto e del valore economico dell’impianto rispetto alla rendita catastale dell’immobile. In particolare, per dette circolari, non risulta necessario rivolgersi al catasto quando:
In questo caso l’imprenditore ha optato per il completo rigetto della richiesta. Secondo i criteri del procedimento, il ricevente ha 60 giorni dal ricevimento della lettera dell’Ente per rispondere con le proprie controdeduzioni.
Infatti, a valle della sentenza del 2015 era intervenuto il legislatore che, con la legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) ha stabilito che “a decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo».
Il legislatore del 2015, nella prima parte della disposizione normativa, descrive le caratteristiche di bene immobile o parte integrante di esso (suolo, costruzioni ed altri elementi ad essi strutturalmente connessi), che ne accresce l’utilità ed il valore, per poi escludere, nell’ultima parte della norma, da tale bene, tutte quelle componenti che sono funzionali al processo produttivo come macchinari, congegni, attrezzature, impianti.
Dal 2016, la Corte di Cassazione si è espressa attraverso diverse sentenze, trascurando sempre la dimensione e la “consistenza immobiliare” dell’impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili (ivi inclusi gli impianti eolici), puntando piuttosto l’attenzione sull’utilizzo dell’energia prodotta, ovvero al servizio di un’utenza o completamente immessa in rete. In questo criterio rientra pertanto a pieno titolo anche la sentenza del 2024 che ha ritenuto che un impianto fotovoltaico installato a terra con immissione totale dell’energia prodotta nella rete elettrica, dovesse essere accatastato.
Secondo alcuni pareri la rendita catastale dovrebbe essere ricalcolata per tutti gli interventi che modifichino il valore dell’immobile ivi incluso il valore del contenuto di quello che contiene. Un’interpretazione troppo restrittiva (vedi sentenza della Corte di Cassazione n. 3166/2015) porterebbe un insopportabile peso burocratico per le imprese che per assurdo si ritroverebbero potenzialmente nelle condizioni di ricalcolare la rendita catastale di un immobile per ogni tipo di macchinario o linea di produzione entrante in esercizio.
La cosa che colpisce di più del procedimento in questione è, da parte del comune interessato e dei relativi consulenti, l’introduzione della discriminante della proprietà dell’immobile rispetto proprietà dell’impianto che, ricordiamolo, rappresenta un bene strumentale in caso di utilizzo diretto dell’energia prodotta, e, il tutto a prescindere dal valore del bene strumentale.
Ovviamente, in caso di contestazioni, la situazione deve essere valutata caso per caso, ma è da sottolineare che l’interpretazione data dall’ente interessato dal caso in questione, rappresenta un precedente preoccupante in quanto, appesantirebbe in maniera insopportabile, dal punto di vista costi – benefici, di ogni tipo di noleggio di macchinari o impianti industriali ivi inclusi gli eventuali interventi riqualificazione o installazione di impianti da fonti rinnovabili da parte di ESCo (Energy Service Company).
Si ringrazia l’avv. Roberto Smedile dello Studio Smedile e l’ing Massimo Monopoli dello Studio Simax per la realizzazione di questo articolo