Sulla carta, la transizione energetica italiana osa più delle “compari” europee. Ma le dinamiche del mercato elettrico restano complesse, soprattutto in ottica di sicurezza e di gestione delle rinnovabili.
Come fare sì che le ambizioni non restino tali? Il phase-out del carbone richiede un’accelerazione nel processo di realizzazione delle infrastrutture di rete e degli accumuli. Per riorganizzare senza rischi il mercato energetico, è altrettanto fondamentale sbloccare l’iter autorizzativo dei progetti relativi a impianti e reti. Questo il fulcro del secondo appuntamento virtuale con l’Irex Annual Report 2020 di Althesys. Un confronto su “Il futuro del sistema elettrico italiano” e le dinamiche europee della decarbonizzazione. Lo scenario è sfidante, ma alla nostra portata.
Le utility cercando di affrontare attivamente le urgenti necessità dettate dagli obiettivi Ue. Lo fanno avviando percorsi di modifica del parco di generazione, mentre i gestori di rete hanno a che fare con nuove modalità di produrre, fornire e consumare energia. Al contempo, la concorrenza incombe: le Oil&Gas company e i Tech Giant accelerano per orientare il proprio modello di business all’energia green.
“Servono segnali di prezzo efficaci per aiutare chi investe in rinnovabili e per rendere flessibile il sistema elettrico – commenta Alessandro Marangoni, ceo di Althesys -. Il recepimento degli indirizzi europei sul mercato interno dell’energia elettrica sarà un’opportunità di innovazione, ma bisognerà andare oltre. L’obiettivo è mettere in pratica quel piano energia e ambiente che, dal confronto internazionale, appare fra i più avanzati in Europa”.
Come sappiamo, l’Italia ha deciso di salutare il carbone nel 2025, prima di Germania (2038) e Spagna (2030). Il phase out della Francia nel 2022, invece, resta vincolato alla lunga e complessa gestione delle centrali nucleari. La decisione di rendere l’Unione Europea climaticamente neutrale entro il 2050 viene dunque perseguita secondo diverse strategie nazionali.
Il report si sofferma sulla transizione energetica di quattro Paesi europei:
Pur stabilendo la scadenza del 2025, il Pniec precisa che questo traguardo potrebbe slittare in funzione delle tempistiche di autorizzazione e di realizzazione delle opere necessarie. Dove siamo, dunque, rispetto a quanto ipotizzato?
Per quanto riguarda la capacità termoelettrica, procede la riconversione degli impianti a carbone. Anche l’avvio delle valutazioni d’impatto ambientale per le nuove centrali è in linea con quanto previsto dall’Irex 2019. Si stima una nuova capacità a gas di 4,2-5,8 GW, rispetto ai 3 GW assunti nella roadmap, salvo in Sardegna dove si riscontrano problemi e ritardi. Per le rinnovabili, l’obiettivo 2019 è superato. L’installazione di nuova capacità da fotovoltaico ed eolico di 1.151 MW si posiziona ben oltre i 690 MW necessari per sostituire quella fossile dismissione.
In definitiva, per portare a compimento il phase-out del carbone in Italia entro la scadenza prevista è necessario accorciare i tempi autorizzativi degli impianti di generazione e delle infrastrutture di rete. Queste ultime, soggette anche ai tempi di approvazione dei relativi Piani di Sviluppo del TSO, sembrano in ritardo rispetto alla tabella di marcia del report 2019.
Sì e no. Già nell’estate 2021 si potrebbe infatti verificare un deficit di capacità, a fronte di un picco di domanda stimato intorno ai 63 GW. In questa prospettiva, nei mesi caldi l’import di energia resta ancora indispensabile. La buona notizia riguarda invece il lockdown: l’emergenza sanitaria ha mostrato un sistema elettrico affidabile e flessibile, nonostante la drastica riduzione dei carichi tra marzo, aprile e maggio. Il nuovo minimo storico, inferiore a 17 GW, risale proprio a lunedì 13 aprile.
Torniamo sul tema delle infrastrutture di rete. Alle quali si dedicheranno, nei prossimi 20 anni, investimenti per 1.100 miliardi di euro, più di un terzo di quanto messo in campo dal settore elettrico in tutta Europa. Serve poi ripensare la struttura del mercato, come per esempio i prezzi dinamici o il superamento del PUN (Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica).
Il mercato degli accumuli è ancora in fase di avvio, ma merita attenzione. Le batterie, oggi in consolidamento industriale, godranno di un sensibile calo dei costi (oltre il -85% dell’ultimo decennio). Ma lo sviluppo del settore sarà guidato anche da nuove revenue stream, grazie a riforma del mercato elettrico e nuovi progetti pilota.
Gli obiettivi green italiani e la crescita delle rinnovabili ci portano dunque a ripensare il sistema energetico anche alla luce delle sue tecnologie chiave. Lo stesso Pniec punta su efficienza ed elettrificazione, sulle nuove tecnologie P2X, idrogeno, e-fuels liquidi, nonché sugli impianti CCS (Carbon Capture and Storage).
Il vettore elettrico si conferma tuttavia lo strumento chiave per trasformare le ambizioni italiane in realtà. Qui entrano in gioco le complessità – e le opportunità – legate alla digitalizzazione dell’energia. Da un lato, la diffusione di piccole soluzioni di generazione, associate a unità di consumo e storage, cambia le relazioni energetiche ed economiche accogliendo i cosiddetti prosumer. Dall’altro, la natura distribuita di queste unità ne aumenta le esigenze di monitoraggio. Tecnologie IoT e smart meter consentono infatti di trasferire grandi flussi di dati in maniera veloce e affidabile, immagazzinarli in piattaforme cloud e trarne valore. La transizione energetica italiana, così, diventa intelligente.