
L’Italia è allineata agli obiettivi Ue dettati dal regolamento AFIR (Alternative Fuels Infrasctruture), ma il 60% dell’infrastruttura pubblica si concentra in sole 5 regioni e soddisfa i target fino al 2026. Entro il 2030, i punti di ricarica dovranno superare di sette volte il numero attuale. Secondo lo studio dell’organizzazione ambientalista T&E (Transport & Environment), l’installazione delle colonnine dovrà svilupparsi in modo più omogeneo per evitare un’Italia “a due velocità”. Favorendo una crescita omogenea e accessibile della mobilità elettrica nel nostro Paese.
Il regolamento europeo, approvato all’interno del pacchetto Fit for 55, richiede agli Stati membri di di collocare un livello minimo di punti di ricarica per assicurare sufficiente infrastruttura ai cittadini e alle imprese che vogliono puntare sulla mobilità elettrica. Nello specifico, si prevede sia un obiettivo “fisso” di infrastrutturazione delle principali dorsali stradali e autostradali, sia un target parametrato al crescere delle auto elettriche e ibride plug-in immatricolate.
Questo significa, anche per l’Italia, installare 1,3 kW di potenza per ogni veicolo leggero elettrico puro (BEV) immatricolato. E altri 0,8 kW per ogni veicolo ibrido plug-in (PHEV). Il regolamento AFIR ci chiede inoltre di realizzare un piano per lo sviluppo della rete di ricarica, da consegnare alla Commissione Europea entro il 31 dicembre 2024.

Passando ai dati, l’Italia oggi soddisfa largamente quanto richiesto dalla normativa europea. In quanto possiede oltre 42 mila punti di ricarica pubblica e poco più di 1,5 GW di potenza installata. In rapporto ai veicoli elettrici circolanti, le colonnine coprono il 261% di quanto previsto dal regolamento AFIR. Ma non basta.
Per la natura “dinamica” degli obiettivi AFIR, la potenza attualmente installata sarà sufficiente a rispettare i target solo fino al 2026. T&E stima per il 2027 una diffusione di poco meno di 2 milioni di veicoli totalmente elettrici o ibridi plug-in: l’attuale rete di ricarica soddisferebbe solo il 67% di quanto richiesto. Al 2030, quando la quota di mezzi immatricolati potrebbe salire a oltre 5,7 milioni, il numero di colonnine attuali soddisferà solo il 22% dell’obiettivo.
Ecco perché l’Italia dovrà accrescere la potenza installata sul territorio di circa una volta e mezzo entro il 2027 e di circa 4,5 volte entro il 2030. Tradotto, in base alla diversa potenza dei punti di ricarica, 90 mila punti di ricarica al 2027 e 280 mila al 2030, quasi sette volte il numero attuale.
Nell’installare i punti di ricarica aggiuntivi, Transport & Environment raccomanda anche di fare attenzione alla collocazione. A oggi, infatti, in sole 5 regioni – Lombardia, Piemonte, Lazio, Veneto ed Emilia-Romagna – si concentra il 60% dei punti di ricarica, nonostante queste rappresentino il 35% del territorio e poco meno del 50% della popolazione e dei veicoli elettrici circolanti. Serve dunque una crescita capillare e democratica su tutto il suolo nazionale, per garantire che la rete sia un vero elemento abilitante per la mobilità a zero emissioni.
“L’Italia ha già un buon livello di diffusione delle colonnine – commenta Carlo Tritto, policy officer per T&E Italia -. Sarà tuttavia fondamentale assicurare che la rete si sviluppi in modo omogeneo. A oggi c’è un rischio concreto di acuire la distanza tra Nord, dove la ricarica pubblica è già piuttosto capillare, e Centro-Sud, dove la rete è chiaramente insufficiente”.
La ricerca analizza anche il grado di compliance con il regolamento AFIR di tutte le 20 Regioni italiane, mostrando appunto grandi differenze. Se dispiegare un numero maggiore di punti di ricarica dove il parco elettrico è più grande risulta per molti aspetti corretto, rimane imprescindibile garantire sufficiente capacità di ricarica su tutto il territorio. Deve infatti essere alla portata di tutti i cittadini e delle imprese della logistica poter effettuare viaggi di lunga distanza. Nonché garantire anche a territori poco interessati da attività industriali, poco abitati ma a forte vocazione turistica, la possibilità di una mobilità efficiente e pulita.
A questo punto, come centrare gli obiettivi del regolamento AFIR al 2023? T&E individua alcune proposte:
Del resto, lo sviluppo di una rete di ricarica pubblica capillare, omogenea e capace di spostare i consumatori verso le tecnologie green è una condizione imprescindibile per raggiungere i target che lo stesso Governo si sta prefiggendo al 2030 nella revisione del PNIEC. Vale a dire 6,3 milioni di veicoli BEV e PHEV circolanti al 2030 e 963 ktep di rinnovabili elettriche, sempre per quella data, nei trasporti stradali. Potenziare fin d’ora la rete di ricarica EV non è solo indispensabile per conseguire i target nazionale e Ue. Bensì è necessario per riportare l’Italia sui binari della transizione ecologica dei trasporti, giovando non solo al pianeta ma anche ai mercati.
