Le immatricolazioni di veicoli elettrici nel mondo hanno superato la soglia dei 2 milioni nel 2019 (il 9% in più rispetto al 2018) arrivando a pesare per il 2,5% delle immatricolazioni complessive di auto destinate al trasporto passeggeri e veicoli commerciali leggeri. La Cina resta il mercato più grande per la mobilità elettrica, con un valore circa doppio rispetto all’Europa, seguito da Stati Uniti e Giappone.
La dimensione del mercato italiano delle auto elettriche è ridotta, nonostante nel 2019 sia stato fatto un grosso passo avanti con poco più di 17.000 auto elettriche immatricolate (+78% rispetto al 2018 che si è fermato a 9.579 auto elettriche secondo i dati dell’Osservatorio Smart Mobility Report 2019 redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano.
A partire da marzo 2020 c’è stato l’impatto negativo della crisi sanitaria sulle immatricolazioni di auto elettriche: un rallentamento deciso, anche se percentualmente più contenuto rispetto a quanto successo alle auto tradizionali. Secondo i dati dell’associazione Motus-E, a maggio con la ripartenza il mercato delle auto elettriche ha risposto meglio delle aspettative e giugno 2020 ha visto il ritorno dei tassi di vendita pre-crisi.
Per comprendere come la mobilità elettrica abbia cambiato le abitudini degli utenti e ottenere una fotografia reale del mercato italiano abbiamo parlato con Laura Andi Abati, Communication E-Mobility di Scame.
“Innanzitutto è bene ricordare che il mercato delle auto elettriche in Italia è partito con un sostanziale ritardo rispetto ad altri paesi europei: la principale azienda automobilistica nazionale ha attuato (e lo sta facendo ancora) forti politiche a favore di motorizzazioni alternative come gpl e metano (non a caso l’Italia è ancora il primo paese in Europa per numero di immatricolazioni gpl e metano). Solo da un anno e mezzo ha ufficialmente sposato la filosofia dell’elettrico annunciando l’arrivo sul mercato di vetture ibride e 100% elettriche, ma di fatto non ancora in vendita, mentre a livello europeo altre case automobilistiche nazionali sono già molto più avanti da questo punto di vista”.
È bene sottolineare che in Italia la mobilità elettrica non cresce ovunque nello stesso modo. Ad esempio, anche le politiche di incentivazione sono diverse da regione a regione: tra le più generose troviamo Trentino-Alto Adige e Molise.
“Le regioni del sud fanno più fatica a realizzare l’infrastruttura di ricarica elettrica (pubblica e privata) e questo rende più difficile per un potenziale acquirente scegliere un veicolo elettrico. – evidenzia Laura Andi Abati – Ad aggravare la disparità bisogna considerare la mancanza di un’azione coordinata e condivisa a livello centrale, ma esistono soluzioni e proposte spot declinate diversamente da regione a regione, perfino da città a città”.
All’estero c’è molta più attenzione verso la sostenibilità e quindi anche la mobilità elettrica ne beneficia. Basti pensare alla Germania, che ha appena varato una legge statale che incentiva fino a 6.000 euro per l’acquisto di una auto elettrica, ma obbliga anche tutte le stazioni di servizio a dotarsi di colonnine di ricarica. E in Italia?
“Le pubbliche amministrazioni, e chi in generale si occupa della promozione, dovrebbe tenere conto di questo cambiamento di paradigma nel trasporto, che si traduce nell’adozione di un metodo unico: una somma di buone azioni (obblighi e incentivi) che devono essere coordinate e condivise a livello centrale con lo scopo di facilitare l’approccio alla ricarica favorendo tanto le ricariche private quanto quelle pubbliche, senza dimenticarsi delle esigenze del turismo” riassume Laura Andi Abati.
In Italia ci sono casi virtuosi, ma sono lasciati alle singole amministrazioni. Ad esempio, per poter parcheggiare gratuitamente nelle strisce blu a Bergamo è necessario esporre sull’auto un tagliando (che rilascia il Comune), mentre a Milano non è necessario in quanto vengono individuate le targhe tramite telecamere. “È auspicabile l’adozione di buone pratiche comuni su tutto il territorio italiano per agevolare gli utenti nell’utilizzo del mezzo elettrico”.
Nonostante la mobilità elettrica stia crescendo, ci sono ancora alcune problematiche che sono difficili da superare per l’utente finale, anche se con le evoluzioni tecnologiche (range della batteria, tempi di ricarica, diffusione dell’infrastruttura di ricarica, interoperabilità). Molte paure non sono più così reali. Pensiamo ad esempio ai punti di ricarica pubblici: a fine 2019 si stimano in oltre 9.100 in Italia.
Laura Andi Abati analizza nello specifico 3 fattori chiave, sfatando alcuni miti:
Il segreto per una massiccia diffusione delle auto elettriche risiede nella parola semplificazione, a partire dal rifornimento di carburante elettrico.
Ad oggi l’accesso alle colonnine installate nei luoghi pubblici è vincolata all’utilizzo di diverse App, che comportano diverse modalità di accesso, costringendo l’automobilista “elettrico” a informarsi per tempo e ad avere diverse app e abbonamenti attivi.
“La soluzione ottimale è l’adozione del roaming, un po’ come avviene con le compagnie telefoniche all’estero: il mio gestore ha accordi con gli altri gestori praticamente in tutto il mondo e cercherà di assicurarmi sempre una copertura. – aggiunge la manager – In ambito ricarica elettrica, oggi esistono operatori che, di fatto, non hanno aperto i propri protocolli al roaming e questo è un grande ostacolo, soprattutto se ci si vuole spostare in tutta Europa utilizzando la medesima app, pur caricandosi dalle stazioni di diversi operatori. Così facendo, ci si trova con una app non utile o con una card non riconosciuta da una particolare colonnina di ricarica”.
Un altro passo avanti è legato al concetto di plug and charge, la capacità della colonnina di ricarica a riconoscere l’auto e viceversa. Questa tecnologia garantisce l’interoperabilità tra auto e stazione e può essere usata con qualsiasi modello di auto e con qualsiasi rete di ricarica, indipendentemente dall’operatore.
È richiesto un diverso approccio da parte di tutti gli attori coinvolti: amministrazioni, aziende, enti. È necessario innanzitutto verificare quali sono le reali necessità degli utenti – o dei potenziali tali – e agire di conseguenza.
“L’approccio alla mobilità elettrica è dunque diverso dal classico modello del distributore di carburante: non mi carico quando sono in riserva, ma mi carico ogni qualvolta ne ho la possibilità. – conclude Laura Andi Abati – Alla sera quando torno a casa non mi preoccupo di quanta carica residua ho sul cellulare: lo ricarico in ogni caso. Ecco, l’approccio all’auto elettrica dovrebbe essere un po’ questo”.