
Lo sviluppo della mobilità elettrica passa, inevitabilmente, dalla crescita e dall’evoluzione delle infrastrutture di ricarica. Non basta, infatti, vendere più veicoli elettrici: è fondamentale garantire che, chi li guida, possa ricaricarli in modo semplice, rapido e ovunque ce ne sia bisogno. Una rete di ricarica diffusa, accessibile e ben progettata rappresenta una delle condizioni chiave per favorire la transizione ecologica nei trasporti.
Il passaggio all’elettrico comporta anche un cambiamento culturale. Mentre per le auto a benzina o diesel il rifornimento avviene in stazioni dedicate e ben localizzate, la ricarica di un veicolo elettrico può teoricamente avvenire ovunque ci sia una presa elettrica. Naturalmente, questo è possibile solo se l’infrastruttura di ricarica è conforme alle stringenti normative che la rendono prima di tutto sicura e, quindi, adeguata alle esigenze di chi utilizza il veicolo.
Un dato interessante riguarda proprio l’utilizzo medio dell’auto privata in Italia: ogni giorno, un veicolo percorre meno di 30 chilometri e rimane parcheggiato per circa 22 ore. Questo tempo di sosta è perfetto per effettuare la ricarica, a condizione che sia disponibile un punto idoneo. Per questo motivo, quando si progetta l’infrastruttura di ricarica, non basta considerare solo la potenza o la tecnologia delle stazioni: è fondamentale anche scegliere con attenzione dove installarle e tenere in considerazione quando l’energia sarà usata.
Esistono quattro principali modalità di ricarica, definite dalla norma CEI EN IEC 61851-1, ognuna adatta a specifici contesti:
La varietà di connettori riflette la diversità dei mercati. In corrente alternata (Modo 3), il Tipo 2 è lo standard europeo. In corrente continua (Modo 4), i principali connettori sono CCS2 in Europa, CCS1 negli Stati Uniti, CHAdeMO in Giappone e GB/T in Cina.
Per i mezzi pesanti sta emergendo il nuovo MCS (Megawatt Charging System), capace di raggiungere potenze fino a 3,75 megawatt, una tecnologia pensata per il trasporto a lunga distanza e per garantire tempi di ricarica compatibili con la logistica professionale.
Al 31 marzo 2025, in Italia erano presenti 65.992 punti di ricarica pubblici, di cui oltre 13.000 in corrente continua ad alta potenza. A questi si affiancano più di 500.000 punti di ricarica privati, spesso installati in ambito domestico o aziendale grazie anche agli incentivi fiscali come il Superbonus 110%.
Con un parco circolante di oltre 300.000 auto elettriche, il nostro Paese presenta un rapporto veicoli/punti di ricarica in linea con gli standard europei. Ma per sostenere una crescita ulteriore, sarà fondamentale espandere la rete anche nelle aree meno servite, come quelle rurali e nei piccoli centri urbani.
L’Unione Europea ha fissato obiettivi precisi attraverso il regolamento AFIR (Alternative Fuel Infrastructure Regulation), che prevede l’installazione di stazioni di ricarica ad alta potenza lungo le principali arterie della rete TEN-T.
Secondo le proiezioni del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), entro il 2030 potrebbero circolare in Italia circa 4,4 milioni di veicoli elettrici. Considerando una percorrenza media annua di 10.712 km e un consumo di 20 kWh per 100 km, il fabbisogno elettrico aggiuntivo sarebbe di circa 9,4 TWh l’anno. Questo rappresenterebbe appena il 3% dei consumi elettrici nazionali registrati nel 2023.
Il vero nodo, però, non è la quantità di energia, ma la potenza richiesta nei momenti di punta. Se troppi veicoli si ricaricano contemporaneamente, possono verificarsi sovraccarichi sulla rete locale. Per questo, tecnologie come lo smart charging sono sempre più centrali: permettono di modulare la ricarica, spostandola nelle fasce orarie meno congestionate e integrandola con la disponibilità di energia da fonti rinnovabili.
Una misura introdotta da ARERA con la delibera 541/2020 prevede, ad esempio, l’aumento gratuito della potenza disponibile fino a 6 kW nelle ore notturne (fascia F3) per chi installa stazioni di ricarica in Modo 3 conformi alle specifiche tecniche indicate nella delibera.
Per il futuro, uno strumento chiave sarà il Controllore di Infrastruttura di Ricarica (CIR), previsto dalla norma CEI 0-21. Si tratta di un dispositivo capace di regolare dinamicamente l’assorbimento di potenza in funzione delle condizioni della rete, dell’impianto domestico, delle fonti rinnovabili disponibili e dei comandi provenienti da operatori energetici. Il CIR rappresenta uno degli elementi fondamentali per realizzare una ricarica pienamente integrata con il sistema elettrico nazionale.
La tecnologia V2G (vehicle-to-grid, ovvero ricarica bidirezionale) permette poi di trasformare le auto in vere e proprie risorse per il sistema elettrico, consentendo di immettere energia nella rete durante i picchi di domanda o in caso di emergenza e contribuendo così alla stabilità del sistema.
Articolo a cura del Gruppo E-Mobility di Anie Federazione