
Non c’è mobilità elettrica senza infrastruttura di ricarica, non c’è investimento infrastrutturale senza il “pressing” del mercato delle auto green, che oggi rappresentano il cuore pulsante della transizione energetica nel settore dei trasporti. A confermarlo è l’ultimo Smart Mobility Report 2025 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che fotografa l’evoluzione di una filiera dinamica e sempre più strategica, in Europa e in Italia.
Il rapporto mette in luce come la diffusione dell’infrastruttura di ricarica — sia pubblica sia privata — stia accompagnando, e in parte anche determinando, la penetrazione dei veicoli elettrici nei diversi mercati. La velocità con cui si sviluppa la rete di ricarica non è uniforme, ma ovunque si registrano segnali di consolidamento e maturazione.
Alla fine del 2024, in Europa si contano oltre un milione di punti di ricarica pubblici, un traguardo simbolico ma altamente significativo. Di questi, circa il 18% è costituito da infrastrutture fast e ultra-fast, un segmento in forte espansione (+43% rispetto al 2023) che risponde all’esigenza crescente di ridurre i tempi di ricarica, in particolare per la mobilità a lungo raggio.
Anche i punti di ricarica slow — quelli utilizzati più frequentemente in ambito urbano e residenziale — sono aumentati, segnando un +35% rispetto all’anno precedente. Una crescita che riflette il rafforzamento dell’ecosistema elettrico europeo, spinto non solo da normative più stringenti ma anche da una domanda in continuo aumento.

L’Italia non è rimasta a guardare. A fine 2024, i punti di ricarica pubblici attivi superavano quota 66.000, con una crescita del 34% in un solo anno. Mentre al 30 giugno 2025, secondo il monitoraggio trimestrale delle infrastrutture di Motus-E, risultano 67.561 punti di ricarica a uso pubblico.
Anche se oltre il 70% è ancora di tipo slow, la crescita dei punti fast è stata particolarmente significativa (+67%), segno che anche nel nostro Paese si comincia a puntare su un’infrastruttura più performante e capillare.

Per quanto riguarda il sistema autostradale, più in dettaglio, i punti di ricarica si attestano a quota 1.159 (49 sono in fase di attivazione), di cui l’85% è di tipo veloce in corrente continua e il 62% supera i 150 kW di potenza. Si tratta di una crescita significativa rispetto ai 963 punti attivi a giugno 2024 e ai 657 di giugno 2023. Ne consegue che oggi il 45% delle aree di servizio sulla grande viabilità è dotato di infrastrutture per la ricarica ed entro 3 km dalle uscite autostradali sono installati ulteriori 2.527 punti (di cui il 59% è di tipo veloce in corrente continua e il 41% ha una potenza superiore a 150 kW).
Tuttavia, il dato più rilevante riguarda il rapporto tra auto BEV (Battery Electric Vehicle) e punti di ricarica pubblici. L’Italia registra un valore medio di 4,9 veicoli per ogni Punto di Ricarica, uno dei più bassi in Europa. Un dato che, se da un lato riflette il recente potenziamento infrastrutturale, dall’altro evidenzia il ritardo sul fronte delle immatricolazioni elettriche, ancora marginali nel parco auto circolante.
Nonostante la crescita generale della rete di ricarica per veicoli elettrici in Italia, il divario tra le Regioni resta marcato. La Lombardia si conferma nettamente in testa con 13.763 punti di ricarica installati, ben 2.861 in più rispetto all’anno precedente. Una cifra che da sola supera la somma dei punti installati in molte altre Regioni del Paese.
Alle sue spalle, il Lazio segue con 7.142 punti (+1.501), mentre il Piemonte si attesta a 6.561 (+786). Veneto (6.176) ed Emilia-Romagna (5.282) completano la top five, ma con incrementi annui più contenuti. Le restanti Regioni mostrano numeri decisamente inferiori, segno di una crescita ancora disomogenea sul territorio nazionale.
Questo squilibrio si riflette anche a livello provinciale: Roma e Milano dominano con 5.644 e 4.604 punti rispettivamente, distanziando di molto città come Napoli (3.092), Torino (2.963) e Brescia (1.892). Le Province del Sud e delle aree interne rimangono ancora indietro, con una diffusione della rete di ricarica ancora troppo lenta per sostenere una mobilità elettrica davvero capillare.
Il quadro complessivo evidenzia la necessità di politiche mirate per colmare le disparità territoriali e accelerare la transizione energetica in modo equo su tutto il territorio nazionale.
Dall’analisi del rapporto tra diffusione di autovetture BEV e punti di ricarica ad accesso pubblico emerge come il valore più elevato si registri in Norvegia con circa 26 autovetture per punto di ricarica. Segue il Regno Unito, con un rapporto pari a 14,4. In Francia e Germania il rapporto tra BEV e punti di ricarica è circa la metà rispetto al Regno Unito.

Sul fronte della densità rispetto alla popolazione, il confronto europeo mostra un’Italia in ritardo. I Paesi Bassi dominano con circa 1 punto di ricarica ogni 100 abitanti, seguiti da Belgio, Danimarca, Norvegia e Svezia. Tuttavia, quando si osserva il peso delle colonnine ad alta potenza (oltre 50 kW), l’Italia mostra una posizione più solida: circa il 19% dei Punti di Ricarica pubblici è fast o ultra-fast, sopra la media europea (15%) e al livello di Paesi come Germania, Spagna e Austria. Una scelta strategica orientata a ridurre i tempi di ricarica, soprattutto lungo le arterie autostradali e nei nodi di mobilità critica.
All’opposto si collocano i Paesi Bassi, dove la capillarità della rete è altissima, ma la quota di infrastrutture ad alta potenza è molto bassa (solo il 3%).

Anche sul fronte privato, la crescita continua, ma rallenta. A fine 2024 in Italia si stimano circa 560.000 punti di ricarica domestici o aziendali, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente. Un dato positivo ma più contenuto rispetto agli anni precedenti, complice il graduale ridimensionamento degli incentivi fiscali come il Superbonus, che in passato avevano spinto l’installazione di wallbox nel garage e colonnine in contesti residenziali.
La dinamica evidenzia una verità poco discussa ma fondamentale: lo sviluppo della ricarica privata è ancora fortemente dipendente da politiche fiscali e normative. E senza un quadro regolatorio stabile e incentivante, rischia di rallentare proprio nel momento in cui la mobilità elettrica ha bisogno di una rete capillare e accessibile in ogni contesto.
