L’importanza di dialogare per mettere in moto l’emobility

Nata da pochissimi mesi, Motus-E ha già messo intorno a un tavolo tutti gli stakeholder dell’emobility e li ha fatti dialogare. Ora lavora a informare la Pubblica Amministrazione

Qualcuno li ha definiti i “vegani dell’auto” ma se l’emobility prenderà piede sarà anche per merito dei membri di Motus-E. Una realtà giovane, «nata solo quattro mesi fa», afferma il segretario generale dell’associazione Dino Marcozzi, ma in ogni caso importante in quanto è la prima associazione italiana costituita, come spiega nel proprio sito web: “per volontà dei principali operatori industriali, del mondo accademico e dell’associazionismo ambientale e d’opinione per favorire la transizione del settore nazionale dei trasporti verso l’adozione massiva di mezzi sostenibili, promuovendo la mobilità elettrica e divulgandone i benefici connessi alla tutela ambientale.”

Motus-E è nata su impulso di Enel X, la società del gruppo dedicata all’emobility, per unire insieme i soggetti interessati in modo da centrare l’obiettivo di installare 14mila colonnine entro il 2022 in tutta Italia.

Un’impresa considerevole, pensando che nel nostro Paese gli electric vehicle sono ancora poco diffusi.

Dino Marcozzi associazione MotusE di EmobilityA oggi sono 32 i player che fanno parte di Motus-E, tutti a pari livello, anche la stessa Enel X che l’ha promossa. Dell’associazione fanno parte tre case automobilistiche – Wolksvagen, Volvo e Nissan – fornitori di infrastrutture, gestori di flotte, utility. «Non solo: in Motus-E sono presenti anche i consumatori, consapevoli del fatto che sia il cliente finale colui che deve essere contattato in fin dei conti, le associazioni ambientaliste, i fornitori di tecnologia», evidenzia Marcozzi.

La ricerca e sviluppo è importante: per questo Motus-E si avvale del Politecnico di Milano e anche di Torino, Luiss, Bocconi, oltre a associazioni dei consumatori, come Adiconsum e Unione Consumatori. «Perché è nata Motus-E? Per far dialogare attori completamente diversi», evidenzia Marcozzi, ricordando che nel suo primo anno di attività, ha aperto 13 tavoli di lavoro, in due mesi.

Primo frutto di quest’opera di mediazione e di collaborazione è un vademecum per i Comuni, uno strumento utile per far sapere loro quali siano le procedure di installazione delle infrastrutture di ricarica: «un esempio: i sindaci spesso non sanno che se qualcuno si proponesse a installare gratuitamente e a sua spese le colonnine di ricarica, non sono tenuti a indire una gara. Stipula un accordo in cui le uniche condizioni stabilite dall’operatore: l’interoperabilità e l’entrata di altri attori».

Qual è il vero obiettivo di Motus-E?

«Noi non intendiamo gestire la transizione, ma la vogliamo accelerare partendo dal fatto che l’Italia è ultima in Europa, siamo anche il Paese con il più alto numero di auto per abitante al mondo, ma siamo anche l’energia più pulita a livello europeo, nel confronto coi grandi paesi, col 42% di rinnovabili nel mix complessivo. Non solo: realizziamo il 40% della componentistica automotive. Ma quello che occorre è un cambio di paradigma. Occorre correre, non gestire. Non è possibile che la flotta dei bus elettrici di Torino sia metà polacca e metà cinese. È inaccettabile».

Per questo oltre al suo ruolo “diplomatico”, Motus-E è pronta a supportare i modelli di business. «Partiamo da un presupposto: le auto non si venderanno più in modo prevalente ai privati. Oggi in Inghilterra le immatricolazioni di auto per questa destinazione sono il 30% del totale; in Italia supera il 60%. Il dato da cui partire è che tra 20 anni comprare un’auto avrà la stessa convenienza di acquistare un treno. Occorrerà gestirle, in modo da usarle e non tenerle ferme: oggi, infatti, le auto si usano solo al 4% della loro vita utile».

Il vademecum per i Comuni su cosa si focalizza?

Si cercherà innanzitutto di spiegare loro la tecnologia base della mobilità elettrica e, soprattutto, come ingaggiare i fornitori dei servizi di ricarica. Oggi, a proposito, si assiste a un profondo divario dal momento in cui il Comune annuncia alla realizzazione.

Ciò è dovuto al fatto che gli uffici tecnici non sono ancora sufficientemente attrezzati per lo sviluppo del piano. Il nostro scopo è informare sull’esistenza di aziende desiderose di fare infrastrutture per la ricarica e come poter mettersi in contatto con loro. Ci sarà poi una fase di training rivolto ai tecnici comunali in modo da facilitare e accelerare la transizione.

Motus-E come si caratterizza?

emobilityL’associazione opera in modo che tutti gli attori interessati si riuniscano ai vari tavoli di lavoro, operando e discutendo alla pari. La finalità comune è proprio far dialogare gli stakeholder, che siano case automobilistiche, associazioni ambientaliste o fornitori di infrastrutture, per cercare di capire cosa vada migliorato e superato per arrivare alla transizione verso l’emobility.

L’unione virtuosa di attori di origine tanto differente si apre inoltre alla possibilità di avviare un centro studi e di condividere tutte le informazioni raccolte con tutti tramite il sito web.

Quali sono a oggi gli scogli dell’emobility?

Gli ostacoli non sono legati unicamente agli incentivi, ancora assenti in Italia, ma alla burocrazia, alla complessità di come approcciare la costruzione delle infrastrutture, come interagire con la Pubblica amministrazione, come conoscere e interloquire con le aziende specializzate.

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Andrea Ballocchi

Giornalista freelance, si occupa da anni di tematiche legate alle energie rinnovabili ed efficienza energetica, edilizia e in generale a tutto quanto è legato al concetto di sostenibilità. Autore del libro “Una vita da gregario” (La Memoria del Mondo editrice, prefazione di Vincenzo Nibali) e di un manuale “manutenzione della bicicletta”, edito da Giunti/Demetra.
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