
Il ruolo delle pompe di calore per la decarbonizzazione dei consumi energetici degli edifici è destinato a essere sempre più rilevante. Lo mette in evidenza l’esito di uno studio recente, condotto da un team di ricercatori di RSE, in cui si evidenzia questo aspetto. In particolare, Lorenzo Croci, ricercatore e co-autore dello studio, intitolato “Il costo della transizione energetica per il consumatore finale”, si è occupato di analizzare la competitività economica e ambientale delle pompe di calore, in sostituzione delle caldaie a gas.

L’analisi ha evidenziato che la diffusione delle pompe di calore rispetto a sistemi a gas “trova una convenienza economica in particolare per le abitazioni monofamiliari con più alto fabbisogno termico, sia per ragioni di inefficienza a causa della loro vetustà, sia perché situate in zone climatiche fredde”. Inserendo gli incentivi fiscali, i VAN (Valore Attuale Netto, somma delle entrate e delle uscite monetarie di un investimento al momento attuale) “diventano positivi per la maggior parte dei casi analizzati e crescono ulteriormente se gli interventi sono abbinati a un impianto fotovoltaico con remunerazione riconosciuta dal GSE per il Ritiro Dedicato”.
Oltre agli strumenti incentivanti, un fattore potrà incrementare la convenienza e il passaggio a pompe di calore, necessarie anche per raggiungere gli obiettivi PNIEC: un rapporto tra il prezzo del gas e quello dell’elettricità più favorevole all’elettrificazione.
Per comprendere bene quali sono gli aspetti da considerare per superare gli ostacoli a una più ampia diffusione delle pompe di calore (protagoniste a Heat Pump Technologies), ne abbiamo parlato con Lorenzo Croci, responsabile dei laboratori di Efficienza Energetica di RSE.
In quali casi, in Italia, investire in un sistema a pompa di calore rappresenta una buona soluzione per soddisfare i fabbisogni termici di abitazioni e appartamenti? “La valutazione della competitività di un sistema a pompa di calore deve considerare il suo contributo alla progressiva riduzione delle emissioni di CO₂ – risponde Lorenzo Croci –. Da questo punto di vista, è indubbio che le pompe di calore rappresentino un’ottima soluzione, poiché consentono di ottenere significativi risparmi di energia primaria non rinnovabile e, di conseguenza, una forte riduzione delle emissioni. Anche sotto il profilo economico, le pompe di calore possono rivelarsi altamente vantaggiose. In un recente studio, abbiamo evidenziato che le condizioni più favorevoli rispetto ai sistemi a gas naturale si riscontrano nelle abitazioni monofamiliari con un fabbisogno termico elevato”.
Questo avviene soprattutto nel caso di edifici più datati e meno efficienti o situati in zone climatiche fredde. In tali contesti, grazie agli incentivi fiscali, il valore attuale netto dell’investimento risulta positivo e cresce ulteriormente se l’intervento è abbinato a un impianto fotovoltaico.
I vantaggi per l’utente saranno ancora più evidenti considerando le proiezioni dei prezzi dell’energia tra il 2025 e il 2040, periodo nel quale il prezzo del gas per gli utenti finali è destinato ad aumentare sia a causa dell’andamento dei mercati internazionali, sia per l’introduzione del meccanismo ETS2 previsto a partire dal 2027.
Lo studio RSE di cui è co-autore conferma ed evidenzia il valore delle pompe di calore per la decarbonizzazione. A oggi, però, il fattore economico è ancora percepito come un ostacolo all’acquisto. Quali incentivi renderebbero la spesa più conveniente?
“Per favorire la diffusione delle pompe di calore, è fondamentale mantenere un adeguato sistema di incentivi che sostenga gli elevati costi iniziali, attualmente la principale barriera alla loro adozione. Oltre agli incentivi diretti, si potrebbe valutare l’introduzione di misure mirate sulle tariffe energetiche, con l’obiettivo di rendere l’investimento più vantaggioso anche in contesti meno favorevoli. In particolare, interventi sulle tariffe potrebbero agevolare quei casi in cui il risparmio energetico ottenibile non è sufficiente a compensare i costi di installazione, come nelle zone climatiche più miti o negli edifici di più recente costruzione”.
Il Conto Termico 3.0, nella sua attuale bozza – ancora in fase di definizione – introduce alcune importanti novità, tra cui la possibilità di incentivare sistemi di riscaldamento bivalenti e pompe di calore add-on. “Questo ampliamento potrebbe offrire nuove opportunità per promuovere interventi di efficientamento energetico, con particolare beneficio per gli edifici condominiali” sottolinea Croci.
A oggi, il ricorso al conto termico per l’installazione di pompe di calore è ancora limitato: nel 2024, solo 115mila interventi hanno riguardato le PdC, un numero che necessita di una crescita significativa. Un altro aspetto rilevante della bozza è l’estensione del finanziamento fino al 100% delle spese ammissibili per interventi su edifici pubblici nei comuni con meno di 15mila abitanti. “Se questa misura sarà confermata, rappresenterà un’occasione imperdibile per avviare progetti di riqualificazione attesi da tempo, come l’efficientamento energetico degli edifici scolastici”.
L’Italia è chiamata a recepire la nuova versione della Direttiva EPBD. Quale contributo potrà fornire per l’adozione delle pompe di calore per la decarbonizzazione e per l’efficienza energetica?
Le pompe di calore sono destinate a giocare un ruolo centrale nell’attuazione della cosiddetta direttiva “Case Green”, che pone obiettivi particolarmente ambiziosi. “Secondo un recente studio di RSE, entro il 2035 tra 2,6 e 3,7 milioni di abitazioni dovranno essere riqualificate. Si tratta di una sfida significativa, ma che può avvalersi dei progressi già compiuti: le misure di efficienza energetica adottate tra il 2021 e il 2024 hanno infatti già coperto circa il 45% dell’obiettivo fissato per il 2035″.

Tra i diversi scenari possibili, la riqualificazione impiantistica basata su pompe di calore abbinate a impianti fotovoltaici si distingue come una delle soluzioni più efficaci e rapidamente attuabili. Grazie ai costi relativamente contenuti e ai notevoli risparmi energetici che offre, questa strategia rappresenta un percorso concreto per accelerare la transizione energetica del patrimonio edilizio italiano.
Nel suo contributo al già citato studio RSE, ha messo in evidenza i positivi effetti nella combinazione tra caldaia a condensazione e pompa di calore. Quali potenzialità possono avere gli impianti ibridi, anche nel fornire un contributo alla transizione energetica e alla decarbonizzazione? “Il nostro recente studio mira a dimostrare che l’utilizzo di impianti ibridi che superino la restrizione sul rapporto tra la potenza termica della pompa di calore e quella della caldaia, i cosiddetti sistemi bivalenti, possano rappresentare una soluzione efficace per la riduzione delle emissioni di CO₂, oltre che una valida soluzione per incrementare la flessibilità del sistema energetico”.
Le configurazioni analizzate prevedono impianti in cui la pompa di calore entra in funzione ogniqualvolta vi sia richiesta di calore, mentre la caldaia a gas si attiva solo quando la potenza della PdC non è sufficiente a coprire l’intero fabbisogno termico. Questo non dipende da limitazioni nella temperatura di mandata – poiché vengono utilizzate pompe di calore ad alta temperatura – ma esclusivamente da una questione di capacità termica. “Un impianto così concepito risulta non solo sostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche altamente funzionale per la fornitura di servizi di flessibilità alla rete elettrica, ad esempio rispondendo in tempi rapidi a segnali di rete, commutando sul generatore a gas e azzerando quasi istantaneamente il consumo elettrico della pompa di calore”.
C’è un esempio pratico a supporto? “Un caso studio condotto su un condominio con 12 appartamenti a Milano, per esempio, ha dimostrato che la configurazione impiantistica in grado di bilanciare prestazioni complessive e riduzioni delle emissioni, prevede una pompa di calore di potenza pari al 63% del picco massimo di potenza, in grado comunque di coprire il 91% del carico termico, rinunciando solo al 7,5 di energia rinnovabile rispetto a una soluzione tutta elettrica”.
“Come ho già accennato, la principale barriera alla diffusione delle PdC è di natura economica, legata all’elevato costo iniziale. Tuttavia, ritengo che la seconda barriera, altrettanto rilevante, sia rappresentata dalla comunicazione e dalle competenze lungo l’intera filiera. Mi spiego meglio: se da un lato i produttori offrono macchine all’avanguardia e un supporto tecnico qualificato, dall’altro l’anello debole è spesso rappresentato dagli installatori, in particolare quelli attivi in imprese individuali o di piccole dimensioni. Molti di loro provengono dal settore delle caldaie a gas e incontrano difficoltà nell’adattarsi al mondo della climatizzazione, che è inevitabilmente più complesso. È quindi fondamentale investire nella formazione, non solo per gli installatori ma anche per i progettisti, al fine di creare figure altamente specializzate e consapevoli, in grado di orientare i consumatori verso le soluzioni più efficaci e sostenibili, con una visione orientata anche alle sfide future”.
