Ad un occhio distratto gli obiettivi ed i numeri fissati dall’Unione europea in tema di emissioni nocive potrebbero sembrare alquanto “ballerini”, nel senso che sono oggetto di continue revisioni. Per una volta, però, questa variabilità rappresenta un elemento positivo poiché la Commissione ed il Parlamento europeo, prendendo atto che il conseguimento degli obiettivi prefissati procede più rapidamente del previsto, alzano ulteriormente l’asticella dando alle nazioni del continente dei traguardi ancor più ambiziosi da raggiungere in tema di transizione verso la green economy, come sta appunto accadendo per quanto riguarda il taglio delle emissioni entro il 2030.
A rafforzare la determinazione di modificare il target da conseguire nel decennio contribuiranno gli ultimi dati, ancora preliminari, diffusi dall’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea). Infatti, l’anno scorso le emissioni di gas serra nell’Unione europea a 27 risultano diminuite del 4% rispetto al 2018, e di ben il 24% con riferimento al 1990. Se il dato verrà confermato, si tratterà della diminuzione più significativa nell’ultimi 10 anni, con il conseguente ampio superamento dell’obiettivo Ue di riduzione delle emissioni del 20% entro il 2020.
Nella sua nota a commento l’Aea sottolinea che questa tendenza al ribasso è frutto di una duplice dinamica: da un lato la costante crescita delle energie rinnovabili in Europa, dall’altro il progressivo abbandono del carbone come fonte energetica. Un risultato ancor più apprezzabile perché conseguito in una annualità interamente pre-Covid, dunque in un periodo ancora di crescita economica. Da qui l’importante conclusione dell’Agenzia, secondo la quale il tenore della diminuzione delle emissioni “dimostra che è chiaramente possibile raggiungere obiettivi di riduzione più ambiziosi entro il 2030, aprendo la strada alla neutralità climatica dell’Ue entro il 2050”.
Quest’ultima affermazione rappresenta un autentico assist per la Commissione europea, che già da mesi procede spedita verso la modifica degli obiettivi 2030 e non solo. Pochi giorni fa la presidente Ursula von der Leyen, nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione al Parlamento europeo, ha sottolineato che la missione Ue è quella di “diventare il primo continente climaticamente neutro entro il 2050. Ma non ci arriveremo con lo status quo: dobbiamo andare più veloci e fare le cose meglio”.
In particolare, von der Leyen ha annunciato che “la Commissione europea propone di aumentare l’obiettivo per il 2030 di riduzione delle emissioni almeno al 55%. Riconosco che questo aumento da 40 a 55 è troppo per alcuni e non abbastanza per altri. Ma la nostra valutazione dell’impatto mostra chiaramente che la nostra economia e industria possono farcela. L’obiettivo per il 2030 è ambizioso, realizzabile e vantaggioso per l’Europa. Possiamo farlo. Abbiamo già dimostrato di poterlo fare”.
Parole a cui ha subito fatto seguito l’iniziativa del vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, che ha presentato il nuovo piano “green” per il Vecchio continente. Nel documento si parla, appunto, di taglio delle emissioni di almeno il 55% al 2030, con priorità agli interventi per l’efficienza energetica degli edifici, alle rinnovabili e al mercato Ue delle emissioni.
Non solo, il piano parla esplicitamente di azzeramento delle emissioni al 2050, sottolineando che conseguire il nuovo target al 2030 e l’azzeramento delle emissioni al 2050 significa risparmiare 100 miliardi di importazioni di energia nei prossimi 10 anni e addirittura fino a 3mila miliardi entro il 2050. L’obiettivo del 55%, ha preannunciato Timmermans, sarà inserito nella legge sul clima e diventerà vincolante per l’Ue.
Infine, una considerazione. Lo zelo con cui le autorità europee aggiornano gli obiettivi sul taglio delle emissioni va visto in un’ottica globale e non certo per la smania di apparire i primi della classe. Basti pensare al recente report emesso dalla Noaa ((l’Agenzia nazionale statunitense specializzata in oceanografia e questioni atmosferiche) che indica come l’emisfero settentrionale della Terra ha avuto la sua estate più calda mai registrata in 141 anni.
Nel dettaglio, la stagione di 3 mesi, da giugno ad agosto 2020, è risultata l’estate meteorologica più calda, superando le due precedenti più calde, quelle del 2019 e del 2016. Per il mondo nel suo insieme é stata la terza stagione estiva più calda. A questo punto, secondo il Noaa, il 2020 sembra avviato a piazzarsi tra i cinque anni più caldi in assoluto. Il che rende ancor più chiara un’altra affermazione di Ursula von der Leyen: “Se altri seguiranno il nostro esempio, il mondo sarà in grado di mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5 gradi Celsius”.