
Lo sviluppo delle pompe di calore è evidente nella “democratizzazione” stessa del nome. Fino a qualche anno fa, il suo inserimento in un programma radiofonico o in altri canali consumer avrebbe richiesto almeno un’introduzione terminologica e tecnologica. Oggi la pompa di calore non ha bisogno di presentazioni: è ampiamente riconosciuta come tecnologia abilitante per un riscaldamento residenziale, terziario e industriale efficiente e decarbonizzato. Il risparmio energetico ed economico, l’integrazione con le rinnovabili e l’impiego di refrigeranti naturali sono i suoi principali punti di forza.
Secondo le stime della Commissione europea, l’adozione diffusa delle pompe di calore e il miglioramento delle performance degli edifici potrebbero far risparmiare all’Europa 60 miliardi di euro in importazioni di combustibili fossili entro il 2030. Dunque, gli impianti termici elettrificati fanno bene alla transizione ecologica, all’energia pulita, all’inquinamento delle città. Ma anche al portafogli di cittadini, imprese e Pa.
All’indomani della stagione invernale, che insieme al freddo e al riscaldamento porterà con sé la Legge di Bilancio 2026 e il Conto Termico 3.0, cosa possiamo aspettarci? Dopo la bolla del Superbonus e la successiva “calma piatta” quali incentivi ne struttureranno l’andamento? La terza edizione della digital round table, condotta dal giornalista di Radio 24 Maurizio Melis, ha approfondito come ogni anno, insieme a tecnici ed esperti, gli aggiornamenti sullo sviluppo delle pompe di calore nel panorama energetico italiano.

Il dibattito muove dall’aggiornamento sulle motivazioni di acquisto degli utenti. “Guardando alla nostra esperienza, i clienti cercano un prodotto più efficiente rispetto al riscaldamento tradizionale – esordisce Diego Ciocca, Head of Pre-Sales, Project and Product Manager HVAC Business Samsung Electronics Italia -. Puntano a ridurre i costi in bolletta e anche ad aumentare l’autoconsumo quando si abbina alla pompa di calore un impianto fotovoltaico. Secondo, cercano un sistema unico e integrato per ottenere tutto ciò che serve: riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda sanitaria. Infine, la riduzione delle emissioni resta una motivazione, nonostante le frizioni dell’opinione pubblica. Possiamo parlare principalmente di efficienza economica e ambientale”.
Conferma, nelle diverse declinazioni tra residenziale e industria, Ferdinando Pozzani, Amministratore Delegato di Teon, nel suo intervento in videoconferenza. “Efficienza e risparmio restano i primi driver di mercato. Gli interlocutori industriali hanno compreso che la pompa di calore porta benefici durevoli, che non va considerata come costo ma come investimento. Inoltre, semplifica la gestione della vita utile dell’impianto, supportata da strumenti digitali integrati nelle soluzioni industriali. In abbinamento al fotovoltaico, questi sistemi possono anche valorizzare molto bene l’utilizzo di energia autoprodotta. Così come la logica circolare del recupero dei cascami termici altrimenti sprecati”.
Nell’industria e nel terziario, si guarda soprattutto al ritorno dell’investimento e alla sostenibilità ESG. “Gli investitori professionali credono ancora negli obiettivi ambientali, perché l’industria ragiona in termini di bilancio e non di idee politiche – aggiunge Riccardo Bani, presidente di Arse (Associazione Riscaldamento Senza Emissioni) -. Oltre a ridurre del 30-60% la bolletta energetica, la pompa di calore permette di stabilizzare i prezzi. Quando abbinata al fotovoltaico industriale, possiamo idealmente ragionare in termini di autonomia energetica e flessibilità”.
Sebbene l’evoluzione delle pompe di calore trasmetta segnali incoraggianti di consapevolezza e maturità, non bisogna abbassare la guardia. Perché il livello di sensibilità non è ancora uniforme lungo la filiera che porta all’utente finale. Il rapporto European Heat Pump Market Report 2025 (EHPA) dice che, nel 2024, in 19 Paesi europei risultano vendute circa 2,31 milioni di pompe di calore. Una flessione del 22% rispetto al 2023 che ha colpito quasi tutti i mercati, con punte negative in Repubblica Ceca (-64%) e Germania (-48%). In controtendenza solo Regno Unito, al +56%, Irlanda e Portogallo, sostenuti da programmi di incentivazione stabili e ben finanziati. L’Italia, dal canto suo, rimane il secondo mercato europeo per unità vendute, con circa 348.000 pompe di calore installate. Solo la Francia fa meglio, con 546.000 unità. In termini di parco complessivo, siamo a 4,2 milioni di unità, sempre dietro il mercato francese.
Massimiliano Pierini, Managing Director di RX Italy, vede il bicchiere mezzo pieno. “Dopo il Superbonus non potevamo che aspettarci una frenata, comunque bilanciata tra segmenti applicativi, residenziale, terziario e industria, e con buone prospettive di ritorno alla crescita. Il nostro impegno per favorire coesione nella filiera, dalla produzione all’installazione, fino alla componente istituzionale, continua. Supportato da ottime basi: siamo il secondo mercato Ue dopo la Francia e tutte le categorie chiamate in causa non vedono più le pompe di calore come qualcosa di ignoto. La consapevolezza di questa valida alternativa per efficientare gli impianti termici è probabilmente la migliore eredità del superbonus”. Un’evoluzione che ha spinto RX Italy a organizzare, ad aprile 2025, l’evento Heat Pump Technologies. Un appuntamento pensato per coniugare tecnologie, mercati e contenuti in una proposta concreta e utile alla filiera.

Sempre in tema di filiera, una parte consistente del valore aggiunto creato dal cambiamento tecnologico può ricadere nell’economia nazionale. Come spiega Mario Motta, professore ordinario di Fisica Tecnica Ambientale presso il Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano, “l’Europa è tra le zone del mondo che importa più componenti ma riesce a rimanere in equilibrio, non ha mollato la presa rispetto a quanto visto in altre circostanze. Tendenzialmente le pompe di calore sono rappresentate da mercati piuttosto locali: in Usa e Cina, per esempio, si vendono principalmente prodotti realizzati del tutto internamente. L’Europa è grande importatrice, ma l’ossatura industriale è corretta e incoraggiante”. Senza dimenticare che l’Italia ha 50 aziende produttrici di pompe di calore sulle 300 totali europee. In particolare, l’export di componentistica supera il 60%, arrivando in alcuni casi a sfiorare l’80% del fatturato.
Sempre nell’ottica di non “perdere il treno” della sovranità produttiva, alla politica industriale si aggiungono altre priorità per sostenere lo sviluppo delle pompe di calore in Italia.
Tra queste:
“Il tema regolatorio esiste, nel medio e lungo periodo, ma se guardiamo situazione attuale non può essere l’unica leva di diffusione – commenta Mario Motta -. Mi concentrerei maggiormente sul rapporto tra costo del gas e costo dell’energia, che sui mercati Ue maturi è già favorevole. Ci aspettiamo che all’aumentare della penetrazione delle rinnovabili scenda il prezzo dell’energia. E così dovrebbe essere davvero”.
A Giuseppe Latour, giornalista de Il Sole 24 Ore, il compito di aprire la parentesi dedicata agli incentivi che coinvolgono l’installazione di pompe di calore. Lo schema della nuova Legge di Bilancio arrivato in parlamento prevede sostanzialmente una conferma dell’assetto attuale. Ovvero la doppia detrazione fiscale del 50% per le prime case e del 36% per il resto degli interventi. Nota “simbolica”: il 31 dicembre, insieme all’anno 2025, saluteremo definitivamente il Superbonus nelle sue forme residuali.
“La conferma di Bonus Casa ed Ecobonus, così come delineata, ancora una volta non premia direttamente l’efficienza energetica generata dalle pompe di calore, bensì accumuna tutti i tipi di intervento. Siamo ancora alla ricerca della soluzione incentivante ottimale, soprattutto per l’ambito residenziale. L’unica scelta coraggiosa, che in verità risponde alle richieste dell’Epbd IV, riguarda a mio avviso lo stop agli incentivi per la sostituzione delle caldaie, che rimarranno solo nel caso di impianti ibridi. Da sottolineare, poi, il tetto alle detrazioni per i redditi superiori a 75mila euro: si rischia di penalizzare l’adozione delle pompe di calore nei privati, poiché non possiamo negare l’entità dell’investimento iniziale in assenza di strumenti quali sconto in fattura e cessione del credito”, afferma il giornalista.
Nel frattempo, si palesa l’occasione del rinnovato Conto Termico. Il contributo erogato dal Gse in un’unica soluzione sul conto corrente, dopo aver presentato la domanda, ha il potere di ampliare l’accessibilità alla tecnologia efficiente. Il Conto Termico 3.0, in particolare, mette 900 milioni di euro a disposizione di Pa, imprese e privati, calcolando il contributo secondo parametri legati a caratteristiche della macchina e zona climatica di installazione.
Gli incentivi basati sul finanziamento e non sulla detrazione sono certamente utili, perché spingono sul vantaggio istantaneo e immediatamente fruibile. In attesa delle linee guida applicative, restano alcune perplessità. Nel residenziale, lo strumento non copre l’installazione del fotovoltaico per alimentare la pompa di calore, ammettendo solo il solare termico. Inoltre, i fondi sono destinati a finire in tempi rapidi, probabilmente senza sferrare un colpo netto alla riqualificazione degli edifici in tutti i settori.
Non sono incentivi ma si stanno facendo piede nel mondo industriale: sono i contratti di prestazione energetica (EPC) con le Esco. “Questa modalità di accesso alla riqualificazione di grandi impianti offre agli utenti prestazioni e finanziamento tramite terzi – interviene Dario Di Santo, direttore di Fire (Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia) -. In sostanza la Esco investe e garantisce un determinato risultato di comfort e consumi, stipulando un contratto pluriennale che comprende il pagamento rateale della gestione ottimizzata dell’impianto. Questa opportunità vale per i grandi gruppi ma anche per building residenziali come i condomini. Il passaggio dal prodotto al servizio è ormai una tendenza comune”.

Come confermato a più riprese dagli altri esperti coinvolti, nella scelta della tecnologia di riscaldamento il consumatore resta molto influenzato dai professionisti. I progettisti, da un lato, coniugano le esigenze di costruttori, installatori e utenti finali. Un ruolo ibrido di tecnico e informatore chiamato a fronteggiare le complessità normative. Gli installatori, dall’altro, sono il punto di contatto diretto tra la tecnologia e chi la utilizza. Riportando al centro la sfida della formazione della filiera. “La tecnologia ci consente di fare praticamente tutto, lo scoglio sta nelle persone e nelle loro competenze”, afferma Massimiliano Pierini. Gli fanno eco le parole di Diego Ciocca, che sottolinea l’importanza della corretta installazione, del dimensionamento dell’impianto e di avere a disposizione un centro assistenza efficiente. “La mancanza anche di uno solo di questi aspetti – aggiunge – penalizza le performance delle pompe di calore e, dunque, i risparmi in bolletta”.
Va da sé che l’industria si trovi in una posizione privilegiata per fare efficienza energetica, mentre per le famiglie l’accesso risulti più complesso. “Nel primo caso, oltre alle motivazioni d’acquisto elencate in apertura, abbiamo figure come l’energy manager, che può trasmettere agli indecisi i benefici delle soluzioni – spiega Dario Di Santo -. Il residenziale dipende nella maggior parte dei casi dal professionista interpellato. Inoltre, nell’industria si interviene sulla base di una pianificazione strategica, nelle abitazioni generalmente per ristrutturare o in caso di guasto. In quest’ultima eventualità, se nella casa è presente una caldaia difficilmente l’installatore propone la sostituzione con la pompa di calore. Nella ristrutturazione, invece, l’elettrificazione o l’ibrido sono ormai prassi”. Naturalmente sulla base del corretto bilanciamento tra tecnologie a disposizione, incentivi, zona climatica e tipo di impianto.
La necessità di formazione su tutte queste complessità rappresenta uno stimolo altrettanto forte a cogliere le opportunità professionali che si schiudono ai professionisti evoluti. “Studi ci dicono che su 10 milioni di caldaie non a condensazione ancora funzionanti negli impianti termici italiani, 6,5 milioni potrebbero essere sostituite con pompe di calore in modo comunque vantaggioso”, aggiunge Riccardo Bani.
La panoramica sullo sviluppo delle pompe di calore in Italia si chiude con il tema della digitalizzazione. L’intelligenza degli impianti in pompa di calore è già realtà. Soprattutto per il monitoraggio e l’ottimizzazione dei consumi, per la manutenzione preventiva e per l’integrazione con fotovoltaico e batterie di accumulo. “I clienti finali apprezzano l’idea di un ecosistema smart capace di integrare tutti i dispositivi domestici – spiega Diego Ciocca -. Anche l’autoconsumo e l’uso intelligente dell’energia in eccesso sono temi molto sentiti, così come le combinazioni energy saving automatiche per la rete elettrica”.
Il passo avanti, dunque, è rappresentato dal potenziale dell’AI. Grazie a sistemi avanzati e algoritmi predittivi, l’intelligenza artificiale può ottimizzare il funzionamento degli impianti, adattando in tempo reale riscaldamento e raffrescamento a esigenze effettive dell’edificio e condizioni ambientali. Cosa può fare l’AI nello sviluppo delle pompe di calore? Aumentare il comfort, ridurre gli sprechi, abbassare i costi operativi, apprendere le abitudini dell’utente, identificare le anomalie prima che si trasformino in guasto. Non vale solo per l’industria o le grandi proprietà: anche il residenziale e le piccole installazioni hanno l’opportunità di operare in modo più efficiente.
