“Non il solito Comuni Rinnovabili!”: proprio così, davvero un modo inconsueto per iniziare un rapporto annuale, eppure Legambiente ha deciso di utilizzare questa frase, ed anzi immaginiamo che in un’ipotetica versione multimediale l’apertura del documento sarebbe stata accompagnata dall’inequivocabile suono di una sirena d’allarme…
A giustificare l’insolito avvertimento c’è il fatto che la XVII edizione di Comuni Rinnovabili “si sofferma e rafforza l’azione di Legambiente di denuncia sul blocco delle fonti rinnovabili”. A motivare l’allarme ci sono i 3,4 GW di nuovo installato per il 2022 nel nostro Paese, che rappresentano “sicuramente un passo avanti rispetto agli anni passati, ma ben lontani dalla media annuale che dovremmo tenere per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030”.
Secondo l’associazione, le continue tragedie nei nostri territori, il caro bollette, i problemi sociali che l’Italia sta affrontando dovrebbero imporre un cambio di passo visibile ad occhio nudo, vale a dire l’approvazione continua di progetti e l’avvio di cantieri non solo per la realizzazione di grandi impianti da fonti rinnovabili, ma anche per la riqualificazione edilizia e la messa in sicurezza.
La realtà nella visione di Legambiente è invece ben altra, con il nostro Paese candidato a diventare un grande hub del gas: “Una direzione del tutto sbagliata che condannerà l’Italia non solo a non raggiungere gli obiettivi climatici, ma anche ad impoverire le risorse per le azioni di mitigazione e adattamento, a perdere occasioni di innovazione per i territori e per il sistema produttivo, oltre a condannare milioni di famiglie al disagio sociale”.
Ma perché Legambiente considera un numero allarmante i 3,4 GW di nuova potenza da fonti rinnovabili installati l’anno scorso? Purtroppo i motivi sono molteplici e si possono riassumere in tre argomentazioni. La prima ragione è, diciamo così, di ordine storico, nel senso che più di dieci anni fa si era addirittura fatto tre volte meglio.
Nel 2011, infatti, furono installati ben 11 GW di nuova potenza rinnovabile. “Se avessimo continuato con questo trend – si legge nel report – oggi ci saremmo ritrovati con 121 GW di nuova potenza, raggiungendo e superando di gran lunga anche quelli che sono gli obiettivi indicati dal Repower EU, con un vantaggio tecnologico e produttivo importante. Inoltre, il Paese avrebbe una capacità di assorbire speculazioni energetiche come quella post pandemia avvenuta sul gas e le cui conseguenze si fanno ancora sentire”.
Una seconda ragione è legata al “rapporto” con le altre fonti energetiche, nel senso che la crescita delle rinnovabili non è assolutamente sufficiente per consentire di assorbire eventuali flessioni impreviste.
Una dimostrazione la si è avuta appunto l’anno scorso quando i citati 3,4 GW di nuove installazioni non hanno tamponato il brusco calo fatto registrare dall’idroelettrico, con addirittura un meno 37,7%. Il risultato è stato l’abbassamento del livello di copertura da fonti rinnovabili rispetto ai consumi elettrici complessivi, sceso al 31% dal 35,6% del 2021. Ovvero ai livelli del 2012.
Ed ancora, il rapporto di Legambiente sottolinea come “prendendo la media delle installazioni degli ultimi 3 anni, nel 2030 riusciremo a raggiungere solo il 25% degli obiettivi climatici in tema di sviluppo delle fonti rinnovabili, raggiungendo l’obiettivo di 85 GW di nuova capacità non prima di 40 anni. Un tempo infinito per rispondere alla crisi climatica e a quella sociale”.
La terza argomentazione consiste nel paragone, assai deludente, con altri Paesi europei. Come messo in evidenza nel report, lo sviluppo di nuova potenza da fonti rinnovabili nell’Eurozona, nel periodo dal 2019 al 2021, ha registrato un incremento medio del 13,9%, quasi triplo rispetto alla crescita italiana nello stesso periodo, un 5% che ci colloca in 22esima posizione, davanti solo a Bulgaria, Lituania, Repubblica Ceca, Romania e Slovacchia.
Una posizione di retroguardia che caratterizza il nostro Paese ormai da troppi anni, “certamente dovuta alla burocrazia e alle lungaggini per le installazioni di nuove tecnologie che portano i tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esempio, a 5 anni contro i 6 mesi previsti dalla normativa”.
Partendo da questa analisi sostanzialmente negativa, l’edizione 2023 di “Comuni Rinnovabili” elenca le 8 richieste di Legambiente, pensate “con l’obiettivo non solo di raggiungere gli obiettivi imposti dall’emergenza climatica, ma anche con la convinzione che la necessità di una giusta transizione energetica possa diventare una grande occasione di sviluppo locale e per il sistema Paese”.