
Dell’idrogeno in Europa si parla ancora poco, eppure i fatti davvero non mancano, anche se spesso si succedono al di fuori dell’attenzione dell’opinione pubblica. In particolare, la terza Direttiva sulle Energie Rinnovabili (nota come RED III) sta innescando una serie di eventi legati all’idrogeno, come vedremo sia nel bene che nel male. A fare il punto sulla situazione nel nostro continente c’è un recente approfondimento pubblicato sul sito di Wood Mackenzie.
La RED III, è bene ricordarlo, rappresenta uno degli atti legislativi più importanti per la strategia europea di decarbonizzazione. “È fondamentale – si legge nell’articolo di Wood Mackenzie – per il Green Deal europeo, un provvedimento concepito non soltanto per ridurre le emissioni, ma anche per rafforzare la sicurezza energetica del continente dopo l’invasione russa dell’Ucraina”.
In particolare, la RED III innalza fino al 42,5% l’obiettivo di quota di energia rinnovabile da raggiungere nell’Unione Europea entro il 2030, rispetto al 32% che era stato proposto nella seconda Direttiva sulle Energie Rinnovabili. Ma la RED III introduce anche nuovi requisiti per i combustibili rinnovabili di origine non biologica (RFNBO), come appunto l’idrogeno verde.
“Pur rappresentando soltanto un componente del più ampio pacchetto RED III – spiega Wood Mackenzie –, gli obiettivi RFNBO avranno un impatto significativo sul settore dell’idrogeno verde nell’Unione Europea. Entro il 2030, il 42% del consumo industriale di idrogeno e l’1% dell’energia fornita al settore dei trasporti dovranno essere conformi agli obiettivi RFNBO”.
Senonché, come molte altre normative comunitarie, la RED III indica la tempistica con la quale il provvedimento va recepito dai vari Stati membri dell’Unione Europea. E qui iniziano le cattive notizie… Infatti, sebbene la Direttiva sia entrata formalmente in vigore nel novembre 2023, gli Stati membri si stanno dimostrando molto lenti nel recepirla.
Ai governi nazionali sono stati concessi 18 mesi per recepire la RED III, quindi un termine ormai scaduto. “Ma ad oggi, alcuni Stati hanno proposto quote RFNBO inferiori alle soglie previste dalla Direttiva, mentre ben 15 Stati membri non hanno ancora pubblicato alcuna documentazione strategica, sollevando preoccupazioni in merito alla conformità e all’applicazione”.
Preso atto della situazione di stallo, a partire da luglio di quest’anno la Commissione europea ha quindi deciso di avviare procedure di infrazione contro quasi tutti gli Stati membri. Procedure di infrazione che sono un meccanismo di applicazione standard utilizzato quando gli Stati membri non rispettano, appunto, le scadenze stabilite dalla Commissione.
A complicare ulteriormente la situazione, il fatto che in merito al recepimento delle quote RFNBO gli Stati membri stanno adottando degli approcci diversi. Ad esempio, la Francia ha proposto una quota di trasporto per l’idrogeno “a basse emissioni di carbonio” a partire dal 2026, che però può essere soddisfatta sia con idrogeno verde che non. Invece, le quote RFNBO “esplicite” verrebbero applicate soltanto a partire dal 2030.
C’è poi il caso della Germania, che si sta caratterizzando per un approccio più deciso con l’introduzione di quote RFNBO nei trasporti partendo dallo 0,1% nel 2026, per poi aumentare all’1,5% nel 2030 e al 12% entro il 2040. “Questo rende la Germania – si evidenzia nell’articolo – l’unico Paese ad estendere i propri obiettivi oltre il 2035, offrendo certezza politica a lungo termine agli operatori del settore e segnalando un impegno a lungo termine per la decarbonizzazione”.
Wood Mackenzie cita invece l’Olanda come un Paese dove le cose non vanno come dovrebbero. “L’ambizione dei Paesi Bassi in termini di quote di trasporto per l’industria – si legge – è bassa e deludente, con un obiettivo di appena il 4% di RFNBO, ben al di sotto dell’obiettivo fissato dall’Unione Europea del 42%.
Le procedure d’infrazione avviate dalla Commissione Europea intendono soprattutto scongiurare un aggravamento della situazione. Infatti, i ritardi nel recepimento degli obblighi previsti dalla Direttiva RED III nel diritto nazionale stanno già ostacolando le decisioni di investimento e incidendo sulla fiducia del mercato. “In assenza di norme nazionali chiare, gli sviluppatori non possono valutare la redditività aziendale, ottenere finanziamenti o pianificare iniziative transfrontaliere”.
Le procedure d’infrazione per i trasporti stanno iniziando a prendere forma, anche se il pugno di ferro potrebbe vanificare i già lenti progressi verso gli obiettivi di settore. “La maggior parte delle sanzioni relative ai trasporti annunciate finora sono state fissate al di sopra del costo di produzione nazionale di RFNBO, inviando quindi un forte segnale finanziario ai fornitori di carburante affinché rispettino gli obblighi RFNBO. Al contrario, le sanzioni per i settori industriali rimangono poco sviluppate in una fase nella quale gli Stati membri devono ancora dimostrare come intendono promuovere l’adozione di RFNBO”.
Wood Mackenzie, ricordando che la direttiva RED III richiede 2,9 Mtpa di idrogeno RFNBO entro il 2030, quantifica in circa 73 miliardi di dollari gli investimenti necessari per i soli progetti sull’idrogeno verde. Tuttavia, le traiettorie attuali suggeriscono un deficit di circa 0,6 Mtpa. “Le importazioni di derivati dell’idrogeno potrebbero contribuire a colmare il deficit e l’ammoniaca blu, pur non essendo conforme agli standard RFNBO, potrebbe indirettamente sostenere gli obiettivi”.
A conclusione, nell’articolo si evidenzia che realizzare RED III richiede investimenti enormi e considerati i tempi di realizzazione dei progetti di elettrolisi su larga scala, da due a tre anni, i prossimi 24 mesi saranno cruciali. “Il raggiungimento del mandato RFNBO del 42% resta realizzabile per la maggior parte dei Paesi UE, ma i ritardi nel recepimento prolungano l’incertezza per gli sviluppatori. Le importazioni saranno essenziali per soddisfare le quote del settore, perché solo Spagna, Svezia, Portogallo e Danimarca dispongono del surplus di produzione nazionale per rispettare i mandati”.
