Enea ha rilasciato il suo rapporto trimestrale, questa volta incentrato sull’andamento del sistema energetico italiano durante il primo semestre dell’anno in corso.
Un’indagine come al solito molto articolata dalla quale emergono vari elementi di criticità nel processo di decarbonizzazione che coinvolge l’Italia così come le altre economie dell’Occidente. Nella sostanza, vari rilevamenti mostrano come nonostante la fase di stallo dello sviluppo economico nazionale, con il relativo effetto calmiere sulla fame energetica del Paese, la crescita dell’incidenza delle energie rinnovabili si è di molto rallentata, se non addirittura fermata.
Nella premessa del rapporto si sottolinea come nel 2019 la combinazione del quadro macroeconomico europeo e nazionale con la situazione dei mercati internazionali dell’energia sembra determinare un contesto in teoria capace di supportare il processo di decarbonizzazione del sistema energetico.
Ma nella sostanza in Italia la stagnazione dell’economia (con l’arretramento della produzione industriale soprattutto nei settori energy intensive), accompagnata dal crollo del prezzo del gas naturale (ad agosto -60% rispetto a un anno prima) e dal balzo del prezzo dei diritti di emissione (pressoché raddoppiato), non sono stati elementi sufficienti a determinare effetti positivi sulla decarbonizzazione delle fonti energetiche.
Secondo le stime Enea nella prima metà del 2019 i consumi di energia primaria si sono ridotti di circa l’1,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: il lieve aumento dei consumi del II trimestre (+0,4% tendenziale) ha infatti solo ridimensionato il forte calo rilevato nei primi tre mesi dell’anno (-3%).
Sono stimati in riduzione anche i consumi finali di energia, -1% circa, nella prima metà dell’anno rispetto a un anno fa. E nel primo semestre risulta in lieve calo anche la domanda di energia elettrica (-0,6%), la cui crescita è in rallentamento già dal 2018.
In questo contesto, ragionando sulle fonti energetiche primarie, nel corso della prima metà del 2019 le risorse fossili risultano complessivamente invariate rispetto ai livelli di un anno fa, con l’aumento del gas che è di fatto compensato dalle riduzioni di petrolio e solidi.
Invece, dopo il forte aumento del 2018, nel primo semestre le Fonti Energetiche Rinnovabili risultano in calo di circa il 2,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
In particolare, il risultato positivo dei primi tre mesi (+5% la variazione tendenziale) è stato più che compensato dal calo del secondo trimestre (-8%). Infatti, se nel corso dei primi tre mesi dell’anno l’incremento della generazione solare ed eolica (+23% tendenziale) aveva compensato il calo dell’idroelettrico (-12%), nel secondo trimestre si è registrato un ulteriore peggioramento della produzione idroelettrica (-20%), questa volta accompagnato soltanto da un leggero aumento delle fonti intermittenti (+3%).
Da tutto ciò è scaturito un effetto allarmante: nel primo semestre 2019 le emissioni di CO2 sono stimate complessivamente sugli stessi livelli dello scorso anno sebbene, come detto, il quadro macroeconomico e la situazione dei prezzi sui mercati energetici ed ambientali abbia aiutato la riduzione dell’intensità carbonica nella produzione di elettricità. E così, dopo le forti riduzioni di emissioni registrate nel primo trimestre (-3% la variazione tendenziale), per quello successivo la tendenza si è completamente invertita, con un netto aumento delle emissioni di CO2, stimato al 4%.
Fra le cause dell’impennata, il rapporto Enea indica sia l’aumento dei consumi di gas per uso riscaldamento, sia il calo dell’apporto delle rinnovabili e le minori importazioni di elettricità, fattori che hanno reso necessario un aumento della produzione interna. E il dato del primo semestre sembra purtroppo trovare conferma anche nei rilevamenti parziali relativi ai mesi successivi: secondo stime preliminari nei primi nove mesi dell’anno le emissioni risulterebbero ancora in lieve aumento.