Internet of Things utile, ma occorre cultura e formazione

L’Internet of Things avrà sempre più riflessi positivi, ma deve avere un valore facilmente comprensibile dal cliente. Giovanni Besozzi, manager IoT Tech Data racconta vantaggi e criticità
Internet of things

A che punto è l'Internet of Things? Secondo Verizon ha preso velocità nel 2016 e l’anno in corso certifica che da qui in poi non si tornerà più indietro. Il recente report dedicato proprio allo stato dell’arte dell’IoT registra 8 miliardi e 400 mila oggetti connessi in uso nel 2017, il 31% in più rispetto al 2016. Non solo: gli investimenti sono in crescita e il 73% dei manager studia, o applica già, sistemi dedicati. Ma ci sono delle criticità.

Per comprendere questo universo in continua evoluzione, le opportunità che offre e le difficoltà che sconta abbiamo chiesto un approfondimento a Giovanni Besozzi, business unit manager IoT di Tech Data EMEA

Giovanni Besozzi, manager IoT Tech Data “Tempo fa andai a parlare con il sindaco di un Comune medio piccolo; gli illustrai caratteristiche e vantaggi nell’adozione di una soluzione IoT per una migliore gestione di vari aspetti. Mi ascoltò con attenzione e poi mi rispose che, sì, quanto da me prospettato era decisamente interessante, ma lui doveva provvedere a sistemare la fognatura. Questo per dire che il concetto di IoT in chiave smart city è considerato ancora come una soluzione opzionale. Ma occorre comprendere che l’Internet of Things può risolvere i problemi. Nello specifico, per esempio, per monitorare lo stato della fognatura stessa. L’IoT quindi deve avere un valore facilmente comprensibile dal Cliente finale. Dalla mia esperienza ho compreso che la questione cruciale è basata sulla capacità, da parte degli interlocutori commerciali che si rapportano con aziende ed enti pubblici, alle prese con problemi concreti e quotidiani, di far comprendere loro chiaramente quali soluzioni si possano offrire per risolverli. Su questo occorre lavorare, da parte nostra, per acquisire il linguaggio quotidiano”.

Il manager parla a ragion veduta, consapevole anche del fatto che a livello corporate Tech Data EMEA, colosso della distribuzione IT con un fatturato globale di 26,4 miliardi di dollari, sta guardando e investendo molto sul mondo dell’Internet delle Cose. Per questo, spiega Besozzi, “occorre svolgere un lavoro mirato alla qualificazione del canale commerciale, perché parlare di IoT implica competenze specifiche in modo da interloquire con l’azienda, comprendere e parlare il suo linguaggio, capire e soddisfare le sue esigenze. È un aspetto delicato, che comprende contesti diversi, quali Industria 4.0, smart city, logistica, smart building…”.

Ma quali sono i vantaggi reali per l’utente finale legati all’adozione di soluzioni Internet of Things? 

Premesso che ogni comparto gode di vantaggi specifici, in generale, contare sull’IoT implica godere di una maggiore efficienza operativa, che consegue performance migliori ottenibili in minor tempo, e del possibile sviluppo di nuove linee di business, che vuole dire traguardare nuovi fatturati.

È concreta, per esempio, la possibilità di aumentare il valore del prodotto e la sua durabilità, contando su opportunità quali la possibilità di effettuare manutenzione predittiva a distanza, sorvegliando così sul suo funzionamento ottimale ed evitando un fermo macchina.

Altro vantaggio è quello legato alla possibilità di offrire un migliore comfort alle persone, specialmente in ottica smart city: pensiamo, infatti, all’azione di monitoraggio ambientale security (sicurezza dei cittadini) e safety (sicurezza dei lavoratori), spaziando dal controllo del traffico in tempo reale alla possibilità di prevenire situazioni di pericolo come incendi o allagamenti. Le città potranno godere di un controllo davvero ampio, mirato anche alla riduzione e mitigazione dell’inquinamento acustico o atmosferico.

I vantaggi prospettati sono ampi, ma qual è il limite che si sconta oggi?

Il problema è legato alla necessità, da parte dell’amministrazione pubblica, di avere una visione lungimirante, che presuppone la comprensione dei vantaggi sopra citati e il conseguente intervento in modo da rendere il proprio territorio davvero “smart”. Altro fronte cruciale è legato alla necessità di rendere qualunque soluzione IoT semplice, veloce da implementare e poco costosa. Superare quest’ultimo ostacolo permetterebbe una diffusione più rapida e ampia dell’Internet delle Cose.

In ottica smart building come entra o entrerà in gioco l’Internet of Things?

valorizzare i dati dei dispositivi connessi - Internet of thingsInnanzitutto in termini di sicurezza a 360 gradi, contemplando gli aspetti legati a soluzioni di videosorveglianza, ma anche sistemi antincendio, e l’efficienza energetica. Quest’ultimo aspetto diventa di cruciale importanza: infatti, monitorando aspetti di gestione energetica in ambito domestico come riscaldamento e raffrescamento si riescono a ottimizzare i consumi energetici.

Anche in ottica aziendale, l’impiego dell’IoT si presterebbe bene allo smart working. Ma per arrivare a ottenere i risultati più efficaci c’è bisogno – ribadisco – di una visione organica dell’IoT, in cui ogni aspetto venga compreso e connesso. E questo è, oggi, il limite maggiore, a livello aziendale e pubblico. Per avere questa visione di sistema occorre un management illuminato, in grado di crederci e di renderla possibile.

Tutte le previsioni dicono che si assisterà nell’arco di pochi anni al boom dell’IoT. In quanto tempo ci arriveremo a un suo impiego massivo?

A mio avviso, per passare dalla fase attuale di adozione primordiale a una fase di primo efficace consolidamento occorreranno ancora 3-5 anni. Il che implica un lavoro di progressivo sviluppo che durerà almeno per i prossimi dieci anni.

Quale sarà il settore più recettivo?

In questo momento l’Industria 4.0 vive una stagione particolarmente propizia, grazie anche alle misure incentivanti offerte, a livello ministeriale, dal “Piano Calenda”.

Oggi siamo una fase iniziale di “digitalizzazione della fabbrica” però in via di espansione grazie al sostegno pubblico e al consenso propositivo di tutte le associazioni di categoria. Tra i settori, quelli che godranno prima dei benefici dell’IoT prevedo lo smart manifacturing e anche tutto ciò che attiene allo smart metering, per luce, gas e acqua.

A livello pubblico la diffusione massiva dipenderà dall’amministrazione pubblica di intuire che l’argomento IoT non solo va affrontato in maniera sistematica, ma vanno trovati strumenti e metodi utili per coinvolgere la popolazione.

Dagli esempi portati, se ne deduce che l’Italia è in una posizione di avanguardia mondiale…

Certamente, se facciamo innanzitutto formazione, poi coinvolgimento di vari stakeholder e facilitazioni finanziarie e fiscali.
L’Italia contava già su una posizione di assoluta rilevanza mondiale in termini di adozione a largo spettro del contatore elettronico per l’elettricità. Ma certamente il piano ministeriale e il consenso che si percepisce possono creare davvero i presupposti per un ruolo da protagonista del contesto produttivo italiano in termini di adozione IoT.

Standard, sicurezza, interoperabilità e costi: più della metà dei responsabili aziendali individua queste quattro criticità nell’adozione di soluzioni IoT, secondo il report Verizon…

Iniziamo dai costi: in commercio esistono tecnologie in grado di abbassarli notevolmente e permettere di adottare una soluzione IoT efficace a prezzi davvero contenuti. Tale soluzione, solitamente, consta di un certo numero di componenti riassumibili in una parte sensoristica e una applicativa. La prima comprende strumenti, quali i sensori di campo, che raccolgono i dati forniti e in piattaforme in grado di gestire il dato. Il costo dei sensori ormai è decisamente basso; ci sono poi gateway capaci di coprire un’area anche 8/10 chilometri e dal costo ormai decisamente abbordabile (circa 700 euro), per quanto riguarda poi le piattaforme ormai si tratta anche in questo caso di un mercato che offre soluzioni interessanti a livello economico. Quindi, a mio avviso i costi non sono un problema. O meglio, non possono più essere più una scusa che imprenditori o responsabili di enti pubblici possono accampare per giustificare la mancata adozione di queste soluzioni.

Diverso il discorso in materia di sicurezza, su cui c’è molto da fare. Arriviamo infine a standard e interoperabilità; molto spesso le soluzioni tecnologiche che attengono l’Internet delle Cose sono il più delle volte sistemi aperti. Le imprese in ambito IoT sono molto attente a realizzare accorgimenti tali da permettere di conciliarli con altri componenti. Si andrà certamente verso una standardizzazione in termini di architettura e di protocolli, ma già ora non è una questione tale da creare problemi insormontabili. Tutt’altro.

Il problema invece che va affrontato e risolto riguarda formazione e cultura, imprescindibili per fare il salto di qualità.

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Andrea Ballocchi

Giornalista freelance, si occupa da anni di tematiche legate alle energie rinnovabili ed efficienza energetica, edilizia e in generale a tutto quanto è legato al concetto di sostenibilità. Autore del libro “Una vita da gregario” (La Memoria del Mondo editrice, prefazione di Vincenzo Nibali) e di un manuale “manutenzione della bicicletta”, edito da Giunti/Demetra.
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