La green economy non è ancora l’antidoto contro i combustibili fossili

Un rapporto Pwc evidenzia l'insufficiente diminuzione delle emissioni di CO2 che rende problematico centrare anche gli obiettivi minimi di contenimento del surriscaldamento globale
Low Carbon Index PWC emissioni CO2

Ci sono almeno un paio di cose che non tornano nella narrazione corrente dello sforzo a livello mondiale per contenere le emissioni di CO2. A ricordarcelo è la società di consulenza Pwc con il suo recente “Low Carbon Economy Index”. La prima cosa è che il segno meno davanti al dato sulle emissioni inquinanti di per sé non rappresenta necessariamente una buona notizia. Seconda cosa, ancor più importante, è che bisogna sempre ragionare su due dimensioni, il che significa rapportare l’andamento tuttora crescente della quantità di CO2 che viene immessa nell’atmosfera a quello che è il suo effetto più deteriore, il surriscaldamento globale.

Una premessa necessaria per comprendere appieno il messaggio, purtroppo negativo, contenuto nel rapporto Pwc: se è vero che la percentuale di emissioni rispetto al Pil mondiale sta diminuendo, si tratta di una diminuzione assolutamente insufficiente anche solo per centrare l’obiettivo minimo da qui alla fine del secolo, vale a dire il contenimento in 1,5/2 gradi dell’innalzamento delle temperatura media planetaria. La “colpa”, poi, è sempre la stessa: l’umanità dipende ancora in larga misura dall’utilizzo dei combustibili fossili, con tutto ciò che ne consegue.

Le emissioni CO2 calano in percentuale ma non in quantità

andamento mondiale della Carbon intensity

Andamento mondiale della Carbon intensity

L’analisi compiuta da Pwc parte dal dato relativo all’incidenza delle emissioni di anidride carbonica rispetto al prodotto intero lordo globale, la cosiddetta carbon intensity. Nel periodo che va dal 2000 al 2018 questa incidenza è diminuita con una media dell’1,6% annuo, che poi è esattamente la percentuale di calo che è si è registrata l’anno scorso.

Una buona notizia? Assolutamente no, e qui veniamo ad uno dei due assunti d’apertura. Basti pensare che per riuscire a contenere in due gradi l’innalzamento globale delle temperature da qui al 2070 la stima indica un calo medio annuo dell’incidenza delle emissioni pari al 7,5%. Una diminuzione necessaria che diventa addirittura dell’11,3% annuo qualora l’obiettivo da raggiungere sia il contenimento in un grado e mezzo della crescita termica al 2090.

Un altro aspetto che colpisce del Low Carbon Economy Index è quello relativo all’andamento reale delle emissioni di CO2 nel 2018. Infatti, un conto è il citato rapporto percentuale rispetto al Pil globale (-1,6%), un altro è la quantità effettiva immessa nell’aria. Ebbene, poiché l’anno scorso il prodotto interno globale è aumentato del 3,7% ne deriva che in termini assoluti le emissioni sono addirittura aumentate del 2% ed una crescita così sostanziosa non si registrava addirittura dal 2011…

L’Italia fra le nazioni più virtuose nella carbon intensity

L’indagine Pwc individua vari fattori che hanno contribuito al recente e sostanzioso aumento delle emissioni CO2.

Si va dall’iperattivismo industriale di colossi quali Cina, India e Indonesia ad elementi più specifici, ad esempio il boom planetario dei climatizzatori d’aria che sono arrivati a consumare elettricità per 2.000 TWh ogni anno. Trend peraltro di lungo periodo, con la “fame” energetica di Cina, India ed Indonesia che raggiungerà i 15.5000 TWh nel 2050, e per la cui soddisfazione si rischia il perdurante ricorso ai combustibili fossili, se è vero che fin qui il 69% dell’incremento della domanda energetica è stato soddisfatto proprio con il ricorso alle fonti energetiche tradizionali.

Un ulteriore elemento negativo contenuto nel rapporto emerge dall’analisi del comportamento dei singoli Paesi ed è rappresentato dalle eccessive differenze nazionali in termini di contenimento delle emissioni, il che indica tuttora la mancanza di una diffusa percezione globale della gravità del problema. Conforta il fatto che nel 2018 fra i cinque Paesi con la migliore carbon intensity figura anche l’Italia (-4%), quarta dietro a Germania (-6,5%), Messico (-5,2%) e Francia (-4,2%) . Un risultato ancor più significativo se si pensa che per il nostro Paese la media annua dal 2000 al 2018 è stata pari a -1,9%. Fa invece riflettere in negativo la carbon intensity segnata l’anno scorso dagli Stati Uniti, appena -0,3%, per non dire della Russia con il suo +1,6%.

Carbon Intensity Ricerca Pwc

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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