
La domanda di energia per i data center è prevista aumentare di oltre trenta volte entro il 2035, stima Deloitte, passando da 4 GW nel 2024 a 123 GW nel 2035. Il contributo dell’intelligenza artificiale nella “fame energetica” sarà sempre più significativo: se l’intelligenza artificiale rappresentava solo il 12% dei 33 GW di domanda di energia dei data center, tale percentuale potrebbe aumentare fino al 70% dei 176 GW previsti entro il 2035.

L’impatto dei sistemi di AI sulla richiesta di energia è considerevole, specie quelli di intelligenza artificiale generativa. Questi ultimi sono utilizzati quotidianamente da oltre un miliardo di persone. Se ogni interazione consuma circa 0,34 wattora per richiesta, questo equivale a 310 GWh l’anno. Il dato è emerso dal AI for Good Global Summit organizzato nei giorni scorsi dall’UNESCO.
La crescente richiesta energetica trova oggi importanti colli di bottiglia nella limitata disponibilità di energia elettrica, il principale ostacolo alla crescita dei data center globali. Lo evidenzia CBRE nella sua recente analisi Global Data Center Trends 2025.
La crescita significativa dell’intelligenza artificiale sta stimolando una domanda senza precedenti di nuovi centri di elaborazione dati dedicati all’AI. Questo si traduce in una domanda di energia per i data center che nel giro di dieci anni si moltiplicherà per trenta volte. Ma alla domanda energetica corrisponde un limite dato dalla capacità della rete e dell’energia di far fronte alla crescita del carico. Ciò rappresenta una sfida molto o estremamente impegnativa per la realizzazione dell’infrastruttura dei data center. La pensa così il 72% degli intervistati del sondaggio promosso da Deloitte.
È un bel problema, se si considera la forte richiesta di sviluppo di nuove infrastrutture che si registra ormai ovunque nel mondo. La stessa Deloitte prevede che il capitale investito annuo delle utility e degli hyperscaler statunitensi raggiungerà i mille miliardi di dollari entro il 2032.
Si prevede che il Capex supererà la stessa cifra entro i prossimi cinque anni per le società di servizi energetici ed entro i prossimi tre per gli hyperscaler. Non solo: l’industria tecnologica prevede di investire anch’essa mille miliardi di dollari nella produzione di supercomputer, chip e server AI negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni.
Tutti questi investimenti sono messi in dubbio dalla questione energetica. Mentre i data center aumentano la domanda di picco, la generazione del carico di base si sta contraendo, mentre i nuovi progetti di generazione sono bloccati in code di interconnessione sempre più lunghe, il 95% delle quali è costituito da impianti da fonti rinnovabili e accumulo. Questi progetti bloccati “sono fondamentali per soddisfare la domanda degli hyperscaler, che hanno fissato obiettivi di energia pulita e sono i principali acquirenti di accordi di acquisto di energia rinnovabile”, rileva Deloitte.

Stando alle interviste condotte, le aziende di data center indicano come priorità principali l’aumento dell’innovazione tecnologica per aumentare l’efficienza, la creazione di infrastrutture più intelligenti, e l’integrazione di fonti di energia rinnovabili. “Per raggiungere questo obiettivo, molte stanno cercando di sfruttare nuove risorse e di trasmettere energia nei chip e sulla rete in modi innovativi, utilizzando nuove tecnologie di trasformazione e trasmissione”.
La competizione per le risorse, in particolare per la capacità energetica, rappresenta una sfida per la maggior parte degli operatori di data center oltre che per le aziende elettriche.
Alla questione relativa alle reti e all’energia per i data center, si aggiungono altri timori. Le aziende intervistate esprimono preoccupazione per la realizzazione di infrastrutture dei centri dati a causa delle interruzioni della catena di fornitura e della sicurezza.
Anche CBRE rileva che la limitata disponibilità di energia elettrica continua a essere il principale ostacolo alla crescita dei data center globali in alcuni mercati chiave. Nel suo “Global Data Center Trends 2025” pone diversi elementi di riflessione. Tra questi, la domanda che continua a superare la nuova offerta, sia negli hub principali sia in quelli emergenti.
In poche parole: non c’è pressoché nulla di già esistente disponibile sul mercato. Un parametro utile a questo riguardo è il tasso di sfitto, che rappresenta la percentuale di proprietà in affitto che risultano vuote o non occupate in un determinato periodo. Bene, il tasso di sfitto medio ponderato dei data center a livello globale è diminuito di 2,1 punti percentuali su base annua nel primo trimestre del 2025, attestandosi al 6,6%. Parigi ha fatto segnare la contrazione più alta, con un tasso di sfitto sceso dal 16,1% al 7,7%.
“I limiti di capacità energetica impongono un’aggressiva politica di pre-affitto e prorogano i tempi di costruzione di nuove infrastrutture fino al 2027 e oltre. In tutte le regioni, i fornitori di servizi cloud e le aziende operanti nel settore dell’intelligenza artificiale stanno correndo per assicurarsi lo spazio in anticipo”, scrive CBRE, segnalando che i prezzi dei data center a livello globale sono aumentati del 3,3% nel primo trimestre, raggiungendo i 217,3 dollari per kW al mese.
A proposito di disponibilità di spazi, in Nord America rimane estremamente limitata, mentre in Europa si è contratta di oltre il 25% su base annua. Anche l’America Latina presenta spazi vuoti limitati. Nell’area Asia-Pacifico, invece, è aumentata in tutti i principali mercati nel primo trimestre.
