Ogni volta che si parla di povertà energetica, ed emerge la sua importanza strategica nella comprensione delle condizioni economiche e sociali di un determinato territorio, ci si chiede come sia possibile che questo indicatore si sia ritagliato un ruolo significativo nella statistica soltanto negli ultimi anni. Eppure dovrebbe bastare la sua definizione per capirne l’importanza.
Infatti, a finire in povertà energetica sono quelle famiglie o singoli individui che si trovano nell’impossibilità di procurarsi un paniere minimo di beni e servizi energetici. E le conseguenze di questa condizione, molto più diffusa di quanto molti credano, sono negative sia in relazione al livello di benessere sia per quanto riguarda l’inclusione sociale dei soggetti colpiti.
E di povertà energetica si occupa, in un apposito capitolo, l’ultimo rapporto ENEA sull’efficienza energetica. Uno studio che riporta quella che è la stima più recente disponibile, ovvero quella relativa al 2019 con l’indicazione che circa l’8,3% delle famiglie italiane (2,2 milioni) versava in condizioni di povertà energetica.
Per quanto riguarda il 2020, pur in attesa della stima relativa, si può già dire che la prospettiva non è certo quella di un miglioramento della situazione. Ad indurre al pessimismo ci sono i dati diffusi dall’Istat sul numero di famiglie italiane in povertà assoluta che è cresciuto di oltre un punto percentuale tra il 2019 e il 2020, attestandosi al 7,7% del totale, pari a circa 5,6 milioni di individui.
E così, dato lo stretto legame (seppur complesso) che intercorre tra la povertà generale e lo stato di deprivazione rispetto a un paniere minimo di beni e servizi energetici, ENEA ha delineato le possibili conseguenze in termini di povertà energetica per il 2020. Secondo una prima ipotesi conservativa, il tasso di povertà energetica tornerà a crescere, dopo la decisa contrazione osservata per il 2019, allineandosi sul dato del 2018 (8,7%).
Invece, secondo assunzioni di sviluppo più pessimistiche, la percentuale di famiglie in condizioni di povertà energetica potrebbe crescere in modo molto maggiore, di oltre un punto e mezzo rispetto al dato registrato nel 2019, con una percentuale del 9,7% che rappresenterebbe il valore massimo negli ultimi 15 anni di osservazioni.
Abbastanza semplice individuare il fattore scatenante di questo ampliarsi della povertà energetica. “Tra le principali cause – indica il rapporto ENEA – si ritiene che abbia influito in maniera determinante l’impatto negativo che la pandemia di COVID-19 ha esercitato sugli equilibri economici generali e sulle condizioni di vita delle famiglie”.
Tornando ai dati sulla povertà energetica del 2019, è interessante notare come a livello territoriale si notano gli stessi squilibri che si osservano nella misurazione di altri parametri socioeconomici. Le regioni del Sud Italia risultano le più colpite con tassi di povertà energetica compresi tra il 13% e il 20%. Di contro, le regioni del Centro-Nord mostrano percentuali sensibilmente inferiori rispetto alla media nazionale.
Prendendo invece in considerazione le caratteristiche specifiche delle famiglie, dall’analisi ENEA emerge che soffrono una condizione di relativo svantaggio i nuclei più numerosi e che vivono in abitazioni di estensione più contenuta. E non è da sottovalutare, sottolinea lo studio, “l’apparente esacerbazione causata dalla povertà energetica di problematiche che sono derivanti dalle disuguaglianze sociali”.
Risulta poi evidente che, all’aumentare del numero dei componenti, sono i nuclei familiari guidati da donne – che spesso scontano differenze retributive rispetto agli uomini e sono maggiormente coinvolte in impegni domestici – quelli che corrono un maggiore rischio di ricadere in povertà energetica. In particolare, nel caso dei singoli individui, i tassi di povertà energetica sono allineati attorno al 5,5% per uomini e donne.
Ma già in famiglie con la presenza di due componenti emerge uno scarto a svantaggio delle donne di 1,7 punti percentuali. E nelle successive classi familiari (composte da 3 e 4 componenti) il tasso di povertà energetica per i nuclei a guida femminile risulta superiore di oltre due punti percentuali.