Si pensa sempre all’efficienza energetica degli impianti domestici e a come utilizzarli al meglio delle loro potenzialità. Lo stesso vale per i “motori”, intesi come mezzi di trasporto di persone e merci. Nulla da dire, in effetti l‘ottimizzazione dei consumi energetici in questi due ambiti ha un peso rilevante. Ma c’è una terza categoria fortemente interessata all’ottimizzazione dello sfruttamento dell’energia: l’industria.
Immaginando la totalità dei comuni energetici, possiamo suddividerli in tre parti, delle quali due sono occupate rispettivamente dal settori civile l’una e dai trasporti l’altra, ma la terza fetta spetta invece proprio all’industria.
L’industria italiana, pur essendo formata per oltre il 95% da piccole e medie imprese (PMI), è la seconda manifattura in Europa. Davanti a noi svetta solo la Germania.
L’elemento energetico in un’industria è preponderante e il nostro paese, essendo povero di combustibili fossili quali gas naturale, carbone e petrolio, è fortemente dipendente dalle importazioni di energia dall’estero, con costi ovviamente elevati che vanno a incidere pesantemente sulla capacità competitiva delle nostre aziende.
Il ricorso a forme di produzione energetica proprie e all’autoconsumo – pensiamo alle fonti rinnovabili e alla cogenerazione per la produzione di energia elettrica e termica – sono senza dubbio utili, ma il primo strumento deve essere un uso più razionale dell’energia.
Del resto lo dice la stessa Europa: energy efficiency first. Il concetto venne espresso dalla Commissione europea nel 2016 all’interno del Winter Package – il Pacchetto sull’energia pulita, ed è tuttora ribadito. “L’energia più economica, pulita, sicura è l’energia che non viene utilizzata affatto. L’efficienza energetica deve essere considerata come una fonte di energia a sé stante”.
L’efficienza energetica è riconosciuta quindi come il primo e più efficace mezzo per ridurre i consumi, diminuire l’impatto ambientale portando alla transizione energetica verso un’economia a basse emissioni di carbonio – per il 2050 l’Europa punta al raggiungimento di un’economia carbon neutral – e migliorare la competitività dei paesi.
È per questa ragione che l’efficienza energetica è posta al centro della politica energetica europea, ripresa poi dagli Stati membri.
Anche in Italia si conferma il principale strumento per la riduzione dei consumi di energia e il raggiungimento degli obiettivi comunitari. Tuttavia le potenzialità presenti nel settore industriale sono ancora troppo spesso trascurate e quindi poco sfruttate. L’industria può e deve fare molto. L’efficienza energetica nell’industria è una tappa fondamentale. Stando al PNIEC (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) entro il 2030 il suo contributo dovrà essere di 1 Mtep/anno su un totale di 9,3 Mtep/anno.
Quali sono, dunque, i mezzi e le tecnologie adottabili dalle aziende per efficientare i propri impianti e ottimizzare così l’utilizzo di energia riducendo, nel contempo, i consumi?
Innanzitutto le voci su cui intervenire sono due: i consumi di gas e di energia elettrica.
Per quanto riguarda i consumi di gas le soluzioni possibili sono cogenerazione, trigenerazione e, particolarmente indicata per le PMI, la microcogenerazione; oltre all’applicazione di pompe di calore e al recupero del calore di processo.
Per quanto riguarda invece l’efficientamento dei consumi di energia elettrica le tecnologie che si possono adottare sono motori elettrici efficienti, motori a giri variabili, corpi illuminanti efficienti – primi tra tutti i Led –, autoproduzione elettrica e uno strumento recente che si sta diffondendo sempre più, la blockchain.
Infine, in base al D.lgs 102/2014 che ha recepito la Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, alcune aziende sono tenute a effettuare ogni quattro anni la diagnosi energetica (audit energetico). L’obbligo riguarda nello specifico le grandi aziende – con oltre 250 dipendenti o fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro o bilancio annuale superiore a 43 milioni di euro – e le aziende energivore, ovvero grandi consumatrici di energia.
La diagnosi consiste nella valutazione sistematica di come l’energia è utilizzata e gestita all’interno dell’azienda, e rappresenta quindi il punto di partenza per la scelta di quali tipi di interventi si rendano necessari per efficientare sistemi e processi.
Il PNIEC, ovvero il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030, ha uno scopo preciso: contrastare i cambiamenti climatici e realizzare una politica energetica volta alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica del nostro paese. Lo stesso Mise – Ministero dello sviluppo economico – lo indica come “strumento fondamentale che segna l’inizio di un importante cambiamento nella politica energetica e ambientale” per l’Italia.
Il piano è strutturato in 5 linee di intervento, che dovranno essere sviluppate in maniera integrata:
Il piano, inviato a Bruxelles il 31 dicembre 2019 per eventuali osservazioni, dovrà tornare in Italia entro giugno 2020 e diventare esecutivo dal 1° gennaio 2021.