
Sono oltre 1.200, occupano 20 milioni di m2 di superficie utile, danno lavoro a più di 500.000 persone e contribuiscono al PIL italiano per quasi il 5%. Sono i centri commerciali: strutture ben radicate sul nostro territorio, ma anche decisamente energivore. Eppure si può fare (e si è fatto) molto in questi anni per ottenere risultati soddisfacenti sul fronte ambientale, economico e sociale.
Se ne è parlato approfonditamente in occasione della tavola rotonda “ESG: chiave di sviluppo per i centri commerciali, dalla progettazione alla gestione immobiliare” svoltasi in occasione di Heat Pump Technologies 2025.
Il processo di efficientamento dei centri commerciali, chiarisce sin da subito Francesco Soldi, Presidente della Commissione ESG di CNCC (Consiglio Nazionale Centri Commerciali), è iniziato intorno al 2011/2012. Non che prima all’interno di queste strutture non si ragionasse in termini di energia utilizzata, ma la spinta della tecnologia disponibile e della maggiore consapevolezza si è fatta decisiva.

“Sono stati necessari diversi anni per vedere i primi risultati concreti: un centro commerciale apre alla mattina e chiude alla sera, ma gli impianti sono attivi h24 e questo ne incrementa l’impatto ambientale. Si è lavorato quindi sia sull’impiantistica, sia sulla gestione, introducendo logiche che oggi definiremmo normali, ma che al tempo erano evolute. Ad esempio, da quando abbiamo smesso di usare il gas a favore delle pompe di calore abbiamo ottenuto risparmi nell’ordine del 20/25%. È inutile inoltre riscaldare troppo i locali vuoti se deve ancora arrivare il picco di presenze, ad esempio per la pausa pranzo o per il weekend. Infine, non sempre gli impianti devono essere attivi o funzionare al massimo”.
Un impatto significativo è arrivato dalla autoproduzione, in particolare grazie al fotovoltaico. A tal proposito, Soldi sfata subito un falso mito: “È pensiero comune credere che i tetti dei centri commerciali siano tutti piatti e pronti a ospitare impianti anche imponenti. In realtà non è così, sono già presenti anche altri impianti e lo spazio disponibile non è molto. Anche per questo si stanno diffondendo, insieme a quelli a tetto, anche gli impianti su pensilina. Ci permettono di sfruttare le grandi superfici destinate ai parcheggi, offrendo inoltre l’ombra alle vetture sottostanti”.

Infine, l’illuminazione: anche in questo caso parlare di Led oggi è scontato, ma fino a pochi anni fa nei centri commerciali erano molto diffuse tecnologie più tradizionali. Aggiornare l’impianto di illuminazione permette invece di ottenere un ritorno dell’investimento estremamente rapido, il tutto dando alla galleria delle caratteristiche illuminotecniche evolute.
Lavorare sull’efficientamento di un centro commerciale non è solo corretto dal punto di vista della sostenibilità e della riduzione delle emissioni: è anche una questione di sopravvivenza della struttura stessa. Oggi, a giochi fatti, si può guardare al passato e trarre le dovute conclusioni.
“Rispetto al 2018, il bilancio di sostenibilità del gruppo per il quale lavoro mostra una diminuzione del 30% dei consumi energetici. Ed è proprio questo calo che ci ha permesso, a seguito della crescita dei prezzi dell’energia del 2022, di mantenere aperti i centri commerciali. L’opera di efficientamento cominciata negli anni precedenti stava dando i frutti sperati, contribuendo a tenere basso il cost occupancy, un indicatore che misura quanto un negozio può sostenere in canone di locazione in un centro commerciale in funzione dell’incasso”.
In un sistema complesso come quello rappresentato da un centro commerciale, una sola azione non basta per raggiungere i risultati di efficientamento voluti. Soldi ne ha identificate tre:
La prima è direttamente dipendente dalle altre due.
“Io non sono un tecnico esperto di fotovoltaico, di pompe di calore o di software di gestione degli impianti,” chiarisce Francesco Soldi “quindi ho bisogno che ci sia uno scambio reciproco con i fornitori nell’ottica di un miglioramento continuo delle performance della mia struttura. Inoltre, devo ragionare di concerto con i tenant. Questo lo facciamo da sempre, ma di recente abbiamo introdotto nella contrattualistica delle policy specifiche che chiamiamo Green Lease: clausole nelle quali proprietari e affittuari si impegnano verso l’efficientamento energetico, la riduzione dei consumi idrici, l’attenzione ai rifiuti e la collaborazione nella sensibilizzazione verso le persone. In tal modo ognuno fa la propria parte nell’ottica del miglioramento dell’efficienza energetica dell’intera struttura e dell’esperienza del visitatore”.
Ecco quindi che si passa dal concetto di supply chain a quello di value chain: mentre la prima riguarda un rapporto a due, fornitore e cliente, la seconda lega molti più attori in quella che può essere definita una vera e propria catena del valore.
Il mondo dei centri commerciali rientra a pieno titolo nella seconda, poiché coinvolge più elementi nel percorso di miglioramento dell’intero sistema: consumi, sostenibilità, apporto sociale.
Nel panorama dinamico e in costante trasformazione del retail, i centri commerciali stanno, dunque, attraversando una fase di profondo ripensamento. Questa evoluzione non è solo una risposta alle mutate abitudini di consumo, ma riflette anche una crescente consapevolezza rispetto ai temi della sostenibilità, dell’inclusione sociale e della buona governance. In questo contesto, per Lombardini22 — studio di architettura e ingegneria da sempre impegnato nella progettazione di spazi capaci di interpretare e anticipare le esigenze del vivere contemporaneo — l’architettura si conferma uno strumento privilegiato per generare un impatto positivo sul contesto urbano e sociale.
Proprio durante la tavola rotonda, Elena Stoppioni, ESG Director dello studio, ha condiviso l’esperienza di community investing ESG maturata in questi anni: un modello di intervento all’avanguardia che mette al centro le persone, le relazioni e l’ambiente. Questo approccio si traduce in progetti concreti, pensati per favorire la coesione sociale, la partecipazione attiva delle comunità e la rigenerazione sostenibile dei luoghi. Un modello, dunque, replicabile e scalabile, che trova oggi una nuova frontiera applicativa nei centri commerciali, sempre più concepiti come hub multifunzionali, in grado di generare valore non solo economico ma anche sociale e ambientale.
Come sottolinea Elena Stoppioni, “l’architettura può e deve agire come un’agopuntura urbana, capace di innescare cambiamenti virtuosi attraverso interventi puntuali ma altamente strategici, capaci di riattivare circuiti di relazioni sociali, economiche e ambientali in territori spesso frammentati o in crisi d’identità”. Un’affermazione che riflette la visione di Lombardini22: l’architettura non è più soltanto una risposta estetica o funzionale, ma un atto di responsabilità verso il futuro delle città.
Nel ripensare il ruolo e il significato dei centri commerciali, lo studio propone un approccio olistico e integrato, dove la sostenibilità ambientale si fonde con il benessere delle persone e con una rigenerazione territoriale autentica e partecipata. Dalla valorizzazione delle risorse locali alla progettazione di spazi flessibili e adattabili, ogni intervento viene concepito come un ecosistema aperto, capace di evolversi insieme alla comunità che lo abita.
Il futuro del retail non si esaurisce nella dimensione commerciale, ma si estende verso nuove traiettorie: è sociale, ecologico, relazionale e profondamente urbano. È un futuro che invita a ripensare i luoghi del consumo come spazi di incontro, condivisione e innovazione, capaci di rispondere con intelligenza e sensibilità alle sfide di un mondo sempre più veloce, ma anche sempre più segnato da solitudini diffuse e da pressanti emergenze climatiche.
