
Partiamo da una semplice constatazione: se prendiamo in considerazione gli strumenti più comuni – ad esempio le pompe di calore e i pannelli fotovoltaici – che migliorano l’efficienza energetica e garantiscono risparmi economici tanto nelle abitazioni che sui luoghi di lavoro, ci rendiamo conto che non troppo tempo fa erano completamente assenti, semplicemente perché non erano commercializzati… Questo per dire che il settore energetico è uno di quelli che negli ultimi decenni si è più caratterizzato per la continua innovazione. La cartina al tornasole di quest’ultima è rappresentata dai brevetti tecnologici. Ed è proprio a tale argomento che viene dedicato un interessante approfondimento nell’ultimo Rapporto Annuale ENEA sull’efficienza energetica.
La premessa è che “nel contesto delle strategie da adottare per favorire la transizione energetica, le linee guida europee hanno sempre più sottolineato il ruolo trainante che i processi di innovazione tecnologica sono in grado di svolgere nel raggiungimento dei target sull’efficienza energetica”.
Peraltro, va considerato che le tecnologie nel campo dell’efficienza presentano una complessità di base maggiore rispetto ad altri settori dell’energia. Per questo, “soprattutto nell’ambito delle applicazioni industriali, i risultati ottenuti negli anni hanno fatto sì che aumentasse lo sforzo richiesto per ottenere ulteriori risparmi addizionali”.
Riguardo la metodologia utilizzata nell’analisi, si è fatto riferimento ad una definizione stringente di efficienza energetica, in relazione alla quale si assume che a parità di prodotto finito vi sia una minore quantità di energia impiegata. In questo perimetro si è cercato di considerare anche quelle tecnologie che producono un effetto indiretto sull’efficienza energetica.
Le tecnologie in questione sono state analizzate con riferimento a quattro settori principali, che risultano essere significativamente differenziati anche sotto il profilo delle modalità dell’efficientamento energetico:

Nel Rapporto Annuale ENEA viene innanzitutto evidenziato che l’analisi dell’andamento dei dati di brevetto, considerati nel loro complesso, indica come lo sviluppo delle tecnologie per l’efficienza energetica abbia acquisito un crescente rilievo per l’innovazione nel campo della sostenibilità ambientale.
Si tratta di una tendenza che può ormai considerarsi di lungo periodo, se è vero che “la crescita delle domande di brevetto riferibili all’efficienza energetica inizia a collocarsi al di sopra di quella media registrata per il settore ambientale nella sua globalità già a partire dal 1990, e prosegue successivamente a ritmi sempre più sostenuti per oltre un ventennio”.
In particolare, tra il 1990 e il 2015 la quota dei brevetti nelle tecnologie per l’efficienza energetica sul totale dei brevetti relativi all’insieme delle tecnologie per la tutela dell’ambiente è passata dal 30% a quasi il 40%. Nel periodo seguente si è invece verificata una contrazione, che ha fatto comunque attestare la quota su valori intorno al 35%. Una dinamica da inquadrare nell’evoluzione dell’innovazione nei diversi comparti dell’efficienza energetica.
“Il ruolo predominante del settore dei trasporti – viene spiegato nel rapporto – si è andato fortemente ridimensionando a fronte di una significativa espansione che ha interessato la brevettazione nell’ambito delle ICT e delle tecnologie per l’industria e, non ultima, nel settore dell’edilizia, in sensibile accelerazione dopo l’entrata in vigore nel 2005 del protocollo di Kyoto”.
Se si ragiona sulla ripartizione dei brevetti in termini geografici, emerge una crescente rilevanza dei Paesi asiatici, con un ruolo ancora importante del Giappone (seppur ridimensionato) e un’indiscussa avanzata della Corea del Sud e della Cina, il cui aumento delle quote sul totale mondiale dei brevetti afferenti all’efficienza energetica si fa assai pronunciato a partire dal secondo decennio del Duemila.
Quanto all’Unione Europea, c’è un significativo arretramento dello spazio occupato dai suoi brevetti per l’efficienza energetica. Occorre però aggiungere come il nostro continente “presenti al suo interno posizioni di vantaggio tecnologico molto differenziate tra Paesi e perfino delle nicchie di rilievo in comparti in cui si profila globalmente una despecializzazione tecnologica più o meno netta”.
Nel dettaglio, la posizione europea è senz’altro la più arretrata nel caso delle tecnologie di efficientamento energetico nell’Information and Communication Technologies, “con una forte e permanente despecializzazione in tutti i Paesi tranne la Finlandia e la Svezia, che presentano degli elevati indici di vantaggio tecnologico”.

Quasi ai limiti della despecializzazione è invece la posizione europea nel comparto dei trasporti, “la cui relativa tenuta appare per lo più collegata al contributo della Francia (che trae forza dal settore aeronautico) e in qualche misura dalla Germania (ancorché debolmente specializzata), anche se non trascurabile rimane il vantaggio tecnologico riportato dalla Svezia”.
Di fatto i comparti in cui si può dire che l’UE presenti un vantaggio tecnologico sono quelli relativi all’edilizia e all’industria, sebbene i progressi significativi si registrino soprattutto nel secondo caso. Nell’edilizia il fronte delle tecnologie per l’efficientamento energetico si caratterizza per l’elevata specializzazione presente in quasi tutte le piccole economie del Nord Europa, mentre tra i grandi Paesi l’unico contributo rilevante è proprio quello dell’Italia.
Dal lato delle tecnologie relative all’efficientamento energetico nell’industria, posizioni di vantaggio tecnologico sono rinvenute invece nella quasi totalità dei Paesi, con un contributo decisivo di tutte le maggiori economie (ad eccezione della Francia), ma anche con significative differenziazioni tra quest’ultime. Infatti, al consolidamento del vantaggio tecnologico della Germania, si contrappone l’arretramento di quello della Spagna e dell’Italia.
Nel complesso, è la conclusione riportata nel Rapporto Annuale, la specializzazione delle “grandi” economie europee nelle tecnologie per l’efficienza energetica risulta molto frammentata, mostrando una crescente polarizzazione intorno a un nucleo sempre più limitato di Paesi, che tende a depotenziare il tessuto innovativo dell’intera Unione Europea.