A Taiwan non piove (e qui c’è carenza di microchip)

L'elevata domanda di microchip, unito alla siccità di Taiwan, potrebbe portare a una scarsa disponibilità di dispositivi elettronici, inclusi quelli per la smart home e la home automation.
Taiwan

No, non è un errore di battitura. E sì, le due cose sono collegate.
Su Elettricomagazine parliamo, tra le altre cose, di tecnologie per la casa connessa: termostati intelligenti, videocamere di sorveglianza, ma anche di climatizzatori e impianti fotovoltaici.

Cos’hanno in comune tutti questi dispositivi apparentemente così diversi tra loro? Esatto, contengono uno o più microchip, il “cervello” che serve per farli funzionare.
Ma perché dovremmo essere interessati a cosa succede a Taiwan, in particolare al meteo?

Innanzitutto occorre tenere presente che una fetta consistente dei produttori di microchip ha stabilimenti proprio a Taiwan. La produzione è stata rallentata a inizio dello scorso anno a causa della pandemia, ma si è ben presto ripresa sfornando quasi a pieni volumi. Il problema è che a quel punto la domanda era a totale beneficio di Sony e Microsoft per il lancio delle nuove console da gioco (Playstation 5 e Xbox Serie X e Xbox Series S) e di alcuni produttori di schede grafiche per computer.
La situazione non mostra segni di miglioramento, anzi: ci si è messo di mezzo anche il meteo.

A Taiwan manca l’acqua

Già perché nelle ultime settimane c’è stato un calo delle piogge nella zona – situazione anomala vista la stagione – che ha imposto alle autorità locali un razionamento dell’acqua (secondo i media locali, al momento sono in allarme arancione). Il fatto è che le fabbriche che realizzano i wafer di silicio dai quali vengono ricavati i microchip consumano molta acqua e, seppure con l’aiuto di processi che consentono di riciclarne buona parte, si tratta pur sempre di realtà idrovore.

Microchip

Per questo motivo ci si aspetta una ulteriore riduzione nella produzione di questi componenti che, come ricordavamo all’inizio, sono presenti un po’ in tutti i dispositivi elettronici.

Ciò significa che potrebbe esserci una reazione a catena che porterà le aziende che assemblano i nostri dispositivi (sono incluse anche le automobili, i televisori, i telefonini ecc.) a interrompere la produzione, con conseguente carenza di prodotti sugli scaffali.

Un po’ come già è avvenuto (e in parte ancora avviene) con i computer, andati a ruba durante il primo lockdown per rispondere alla domanda di smart working e di didattica a distanza.
Cosa fare, quindi?

Se si ha in mente di fare un acquisto e il prodotto è disponibile, non aspettate troppo: potrebbero non esserci i classici sconti ma, anzi, potrebbe esserci meno scelta (e potrebbero rimanere solo i dispositivi di fascia alti, più costosi).

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Alessia Varalda

Ingegnere elettrotecnico con esperienza come Project Manager presso un'importante multinazionale attiva nel settore dell'energia e dell'automazione. La curiosità verso le tecnologie innovative e le soluzioni all'avanguardia nel mondo delle energie (tradizionali e rinnovabili) mi ha portata a lavorare per 14 anni presso un importante editore di riviste tecniche di settore scrivendo di home&building automation, illuminazione, comfort, efficienza energetica e sostenibilità.
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