5 falsi miti che complicano la transizione energetica dell’Unione Europea

Un report di Italy for Climate si sofferma sugli infondati pregiudizi relativi agli obiettivi green del continente che rischiano di condizionare le future scelte politiche
Transizione energetica in europa

Le elezioni europee da poco andate in archivio hanno rappresentato un appuntamento “naturale” per fare il punto sulla transizione energetica. Naturale, perché la scadenza elettorale ha fatto da spartiacque fra il governo passato e quello futuro dell’Europa, ovvero del continente impegnato più di qualunque altro nel portare a compimento la rivoluzione green.

L’Europa a un punto di svolta

Nel nostro Paese, per l’occasione, è stato diffuso un interessante rapporto da parte di Italy for Climate, il centro studi nato con l’intento di promuovere un percorso condiviso e concreto verso la neutralità climatica. E se il titolo del report è inevitabilmente generico, “Europa, un voto per il clima”, assai più indicativo si rivela il sottotitolo, “Falsi miti, leadership e ruolo degli Stati membri nella sfida della transizione energetica”.

I falsi miti relativi alla transizione energetica europea

Nell’introduzione vengono indicati i grandi temi affrontati dal rapporto, ovvero “i pregiudizi che sembrano fare della transizione una minaccia per il futuro dell’Unione, la lotta per la leadership mondiale tra i primi quattro grandi emettitori del pianeta e il contributo che ognuno dei 27 Stati membri dell’Unione Europea sta dando al non facile cammino verso la neutralità climatica”.

Andrea Barbabella, coordinatore di Italy for Climate, individua nel breve periodo un rischio da scongiurare: “Se dalle elezioni verrà fuori un’Europa che tenterà di rallentare questa trasformazione invece di puntare su di essa, sarà un grave danno per il mondo intero ma soprattutto per il futuro stesso dell’Unione, che rischierà di essere marginalizzata nel nuovo contesto economico globale”.

I cinque falsi miti sulla transizione

Come detto, il rapporto analizza quelli che vengono definiti i falsi miti sulla transizione energetica (lo scorso anno aveva analizzato quelli relativi alle rinnovabili). In particolare, ne vengono individuati cinque:

  1. L’UE sta perseguendo obiettivi troppo ambiziosi e dovrebbe, invece, rallentare
  2. L’UE deve puntare sulla neutralità tecnologica ed evitare di fissare obiettivi vincolanti specifici per le singole tecnologie
  3. L’UE, accelerando sulla decarbonizzazione, rischia di essere spiazzata sul mercato globale e di perdere competitività
  4. L’UE, nel perseguire politiche climatiche troppo ambiziose, rischia di danneggiare economia e occupazione
  5. L’UE può fare poco o nulla sulle emissioni globali e deve attendere che tutti i Paesi si mettano d’accordo e inizino a tagliare le proprie emissioni

Obiettivi: non sono troppo ambiziosi

Per quanto riguarda il primo dei falsi miti, il report evidenzia che le ambizioni dell’Unione Europea non sono affatto troppo ambiziose. Questo perché la crisi climatica sta accelerando più del previsto, con la temperatura media globale nel 2023 che ha registrato un aumento di +1,48°C rispetto al periodo preindustriale. E per quanto l’UE sia l’unico tra i grandi emettitori mondiali ad aver ridotto le emissioni dal 1990, non è ancora in linea con gli obiettivi sottoscritti a Parigi nel 2015.

Ad essere confutata è poi l’idea che l’Unione Europea debba adottare un approccio di neutralità tecnologica, evitando di fissare obiettivi specifici e vincolanti per le singole tecnologie. “Per affrontare la crisi climatica e azzerare le emissioni nette entro il 2050 – spiega Italy for Climate –, è necessario dare un segnale chiaro agli operatori economici sulle prospettive di crescita e degli investimenti delle singole tecnologie”.

Andamento degli investimenti in clean energy

Ed ancora, la perdita europea di competitività a causa della rivoluzione green rappresenta un falso problema. “La transizione energetica è in corso – si legge – e un numero crescente di imprese sta già rivedendo le proprie priorità di investimento. Dal 2016, gli investimenti globali nelle energie pulite hanno superato quelli nei combustibili fossili, con 1.700 miliardi di dollari investiti nelle energie pulite nel 2023 rispetto ai poco più di 1.000 miliardi nei combustibili fossili e questo trend è destinato a rafforzarsi nel tempo”.

Più occupati nel green che nel fossile

Un flusso colossale di investimenti che quindi tutela sia l’economia che l’occupazione: “Gli interventi necessari per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 costerebbero fra l’1% e il 2% del PIL mondiale, ma eviterebbero costi fino al 9% del PIL causati dalla crisi climatica. Inoltre, il numero di occupati nel settore delle energie pulite ha già superato quello dei combustibili fossili e si prevede che continuerà a crescere”.

L’altro falso mito da sfatare è quello del ruolo marginale dell’Unione Europea sull’andamento delle emissioni globali. In questo caso a pesare ci sono soprattutto i numeri: l’UE è il quarto soggetto al mondo in quanto ad emissioni climalteranti e insieme agli altri big emitters (Cina, USA e India) produce il 54% delle emissioni globali. Quindi, il cammino europeo verso l’impatto zero può incidere significativamente sugli equilibri climatici globali.

“La transizione energetica – afferma Andrea Barbabella – è già in corso e sta orientando in modo sostanziale i flussi di investimenti globale che oramai sempre di più puntano sulle rinnovabili, sull’efficienza, sull’elettrificazione mentre cominciano ad arretrare dal mondo dei combustibili fossili. Trend che sono destinati a rafforzarsi nei prossimi anni, anche se per scongiurare il precipitare della crisi climatica dovranno farlo molto più velocemente”.

Transizione energetica: performance dell’Italia nel contesto UE

L’ultima parte del report di Italy for Climate è quella dove vengono messe a confronto le performance dei 27 Stati membri dell’UE nella corsa alla neutralità climatica sulla base di ben 22 indicatori appartenenti a 8 macro-categorie. Concentrandosi sul nostro Paese, l’andamento delle emissioni non è molto confortante, considerato che sono state ridotte del 20% dal 1990, un dato inferiore alla media UE del 29%.

Transizione energetica le performance dell'Italia nel contesto UE

Per quanto attiene i risparmi energetici degli edifici, dei trasporti e delle industrie, il risultato è anch’esso inferiore alla media UE. Infatti, tra il 2000 e il 2021 l’Italia ha conseguito un risparmio energetico del 19%, il peggior risultato fra i grandi Paesi dell’Unione (Germania, Francia, Spagna e Polonia) e comunque poco al di sotto della media UE del 20%.

Tendenza simile anche per la quota di energia da fonti rinnovabili, che in Italia è del 19%, inferiore alla media UE del 23% ed a quella di tutte le grandi economie del continente, ad eccezione della Polonia. I consumi elettrici da fonti rinnovabili si attestano invece al 37%, sempre sotto la media UE del 41%. Infine, il report evidenzia che l’Italia ha subito danni economici superiori alla media europea – pari a 1.918 € per abitante dal 1980 al 2022 -, a causa di eventi meteo-climatici estremi. In questo caso, però, i danni risultano inferiori rispetto a Germania, Spagna e Francia.

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Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
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