Energia e caro bollette? Anche l’industria si attrezza

Contro il caro bollette, le rinnovabili da sole non bastano. Le aziende energivore sono chiamate a investire in ulteriori iniziative di efficientamento sia per ottimizzare i consumi sia per valorizzare l’energia autoprodotta, ottenendo anche gli incentivi fiscali attualmente previsti.

Ed è proprio questa la strategia digitale messa in campo dalla storica azienda chimica Marchi Industriale attraverso i servizi Ego.

3 modi per rispondere al caro bollette

Chi è Marchi Industriale? Dal 1873 l’azienda produce produttori di solfato di potassio, con un ruolo primario nel mercato dell’acido solforico. È anche un’attività energivora, soggetta all’obbligo di diagnosi ogni quattro anni, ma capace di rispondere virtuosamente a questa necessità. Infatti, grazie a una percentuale elevata di autoconsumo i prelievi da rete sono minimi, e le eccedenze prodotte dalle turbine vengono immesse in rete.

Il tutto grazie ai servizi della piattaforma Ego, che consentono alla realtà industriale di:

I vantaggi dell’autoconsumo associato al monitoraggio smart? Conoscere l’incidenza del costo dell’energia sul budget aziendale e scoprire i consumi dei singoli processi produttivi. Quindi, decidere dove e come intervenire per fronteggiare il caro bollette legato all’energia e alle altre materie prime.

Cosa fa il monitoraggio dinamico dei consumi

In considerazione della volatilità del prezzo dell’energia, Marchi Industriale ha deciso di implementare gli interventi legati all’efficienza affidando a Ego Energy anche il servizio di monitoraggio dinamico dei consumi energetici. Una piattaforma tecnologica evoluta con Intelligenza Artificiale, che offre una visione dinamica della variabile energia. Non solo, l’azienda può verificare in ogni momento eventuali perdite economiche dovute a una gestione inefficiente, ottimizzando le richieste di certificati bianchi e valorizzando eventuali eccedenze energetiche sui mercati. I dati vengono rilevati dai dispositivi di misura già presenti in azienda: qualora non bastassero, Ego si occupa anche di integrare nuove tecnologie a quelle esistenti.

Le leve per rimediare al caro bollette: ottimizzare i consumi e immettere in rete energia autoprodotta

“Disporre di uno strumento digitale in grado di dare un quadro completo sui consumi è necessario per prendere decisioni sull’uso dell’energia nelle aziende – afferma Raoul Tomaello, Direttore di Stabilimento di Marchi Industriale -. Abbiamo una partnership consolidata con Ego e riteniamo che le sue competenze nel trading dell’energia, unite alla tecnologia per il monitoraggio dinamico, ci diano un servizio all’avanguardia”.

Produzione italiana per il quadro in Media Tensione SM AirSeT

L’Italia è sempre più al centro dell’innovazione per Schneider Electric: a partire dai primi mesi del 2022, nello stabilimento di Stezzano (BG) sarà avviata la produzione di SM AirSeT, il quadro di Media Tensione isolato in aria. Questo quadro innovativo sostituisce completamente con l’aria l’uso del gas climalterante SF6.

Sul prodotto sono stati depositati ben 57 brevetti, a testimonianza della capacità di innovazione di Schneider Electric, che ogni anno investe il 5% dei suoi ricavi in Ricerca e Sviluppo.

SM AirSeT rappresenta un esempio concreto di come la visione di Schneider Electric per un futuro più green con obiettivo “emissioni zero” si possa realizzare con tecnologie sostenibili, che già oggi abbiamo a disposizione – la cui efficacia è moltiplicata dalla disponibilità di strumenti digitali che consentono di gestire con sempre maggiore efficienza l’energia elettrica (Elettricità 4.0).

Il gas SF6 – che fa parte della famiglia dei gas fluorurati – svolge efficacemente la sua funzione per l’isolamento elettrico, ma è di complessa gestione soprattutto in fase di fine vita del prodotto, quando si tratta di estrarlo e smaltirlo correttamente affinché non vi siano dispersioni.

Dato che i quadri elettrici di media tensione sono un componente “onnipresente” nei sistemi di distribuzione elettrica – dagli edifici alle fabbriche – arrivare progressivamente a utilizzare soluzioni che usano l’aria, senza alcun compromesso in termini di sicurezza e funzionalità, può dare un contributo significativo nella sostenibilità degli impianti elettrici.

“La scelta di affidare allo stabilimento di Stezzano la produzione del quadro elettrico di media tensione di nuova generazione valorizza le competenze di eccellenza presenti sul territorio e offre opportunità di crescita importanti – ha affermato Aldo Colombi ,Presidente e AD di Schneider Electric Italia. – Stiamo rinnovando le linee produttive per prepararci a realizzare anche questi quadri.” I quadri SM AirSeT sarnno destinati al mercato italiano e ai principali paesi del Sud Europa, quali Spagna e Portogallo.

In Italia ATM Milano è il primo cliente ad aver deciso di adottare questa tecnologia per i depositi di Via Giambellino e Viale Sarca.

Industria circolare, quanto ci farai guadagnare?

L’industria circolare italiana potrebbe generare 100 miliardi di euro all’anno entro il 2030. Il condizionale è d’obbligo, dato che si tratta di proiezioni, ma stiamo parlando del 4,5% del Pil nazionale del 2019 e i segnali di vitalità del mercato non mancano. Come evidenziato nel primo approfondimento sul Circular Economy Report 2021, attualmente 1 azienda su 2 si dice pronta a investire in questo modello di business. Certo, una rondine non fa primavera – direbbe un noto filosofo greco -, ma vale la pena analizzare questo potenziale, alla luce dell’impatto sull’economia e sugli obiettivi green italiani.

Industria circolare: analisi e potenzialità italiane

Partendo dalla dimensione del mercato italiano del 2019, gli esperti dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano hanno calcolato la riduzione dei costi di produzione ottenibile con pratiche di economia circolare nei sei principali macro-settori di mercato. La media di quanto stimato per costruzioni, automotive, machinery, elettronica di consumo, mobili e arredo e food & beverage si traduce appunto in 98,9 miliardi di euro annui. Cifra che testimonia il valore del passaggio dall’economia lineare a quella circolare nel cuore dell’industria italiana.

Avanti su edilizia, cibo e automotive

Come va settore per settore? Dei quasi 100 miliardi di euro ipotizzati, oltre un terzo risulta associato alle costruzioni (ovvero 37 miliardi di euro). Seguono food & beverage e automotive, pronte a tagliare rispettivamente 20,2 e 18,2 miliardi.

Circular Economy Report 2021: il potenziale risparmio al 2030 per settore

Circular Economy Report 2021: visione d’insieme sui 6 macro-settori (le percentuali fanno riferimento al livello di adozione registrato dal cluster adopter)

In generale, dai valori nel processo di transizione verso il paradigma circolare e dal livello di adozione di tali pratiche manageriali, il passaggio completo sembra essere ancora lontano. Tuttavia, va sottolineata l’importanza strategica derivante dagli investimenti in attività a maggior valore aggiunto, che porteranno ulteriori benefici economici all’industria circolare.

Quali pratiche manageriali adottare?

Attraverso l’analisi di studi settoriali e documenti strategici, gli analisti del Circular Economy Report 2021 hanno assegnato a ogni pratica manageriale degli specifici pesi percentuali che ne stimano l’impatto sul business aziendale.

Ecco le performance di ogni categoria:

Economicamente parlando, il contributo maggiore arriva dal Take Back System, con circa 24,7 miliardi di euro risparmiati. Bene anche le attività di Design for Remanufacturing/Reuse e Design for Disassembly, entrambe a 19,8 miliardi di euro.

Circular Economy Report 2021: il potenziale delle pratiche manageriali

Circular Economy Report 2021: il potenziale delle pratiche manageriali al 2030

Abbattere le barriere della circular economy

Come evidenziato nella survey del Circular Economy Report, gli ostacoli alla diffusione di pratiche virtuose sono principalmente legati al prodotto (42%). Ci sono poi le barriere di mercato (25%), quelle culturali e organizzative (17%), regolatorie (8%) e tecnologiche (8%). Dal confronto tra il potenziale raggiungibile al 2030 e le problematiche evidenziate dalle imprese, ecco anche i possibili benefici economici della loro mitigazione. In particolare, la mitigazione di barriere legate ai prodotti (es. alta qualità delle materie in input, tipologia e quantità di prodotti che rientrano all’interno del ciclo produttivo ecc.) potrebbe “liberare” circa 41,5 miliardi di euro. Seguono i 24,7 miliardi di euro dell’abbattimento delle barriere di mercato, i 16,8 miliardi degli ostacoli culturali e organizzativi e i 7,9 miliardi del fronte normativo e tecnologico.

Conclusione? La strada è avviata, le previsioni parlano chiaro, ma i dati attuali dell’industria circolare risultano ancora parziali. Per completare la transizione di tutti e sei i macro-settori di mercato servono interventi mirati, sforzi economici e sostegno istituzionale.

Serve un salto di qualità nel processo di decarbonizzazione dell’Italia

Si chiama Italy Climate Report ed è il documento con il quale ogni anno l’omonima organizzazione (I4C) fa il punto sulla performance climatica del Paese. La presentazione dell’edizione 2021 è avvenuta nel corso della Conferenza nazionale sul clima svoltasi poche settimane fa, un evento che ha visto confrontarsi i rappresentanti delle istituzioni, le imprese e tutti i principali stakeholder nazionali.

E non a caso, considerate le evidenze non certo entusiasmanti segnalate dal Report, nell’ambito della conferenza è stata presentata anche la nuova Roadmap climatica 2.0, ovvero il percorso per l’Italia delineato da I4C per riuscire a raggiungere la neutralità carbonica, un cammino declinato anche per percorsi settoriali.

Evidenze non entusiasmanti perché, sostanzialmente, “l’Italia non è ancora sulla strada giusta per rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi e rispondere alla chiamata della recente Cop26”.

Non solo: per rimettersi in carreggiata, dando il contributo richiesto per contenere il riscaldamento globale entro il grado e mezzo di temperatura, è necessario un salto di qualità.

Le fonti fossili ancora all’80%

traffico urbano

A fotografare una realtà insoddisfacente, che vede il rallentamento dell’Italia sulla strada della decarbonizzazione verificatosi negli ultimi anni, ci sono vari numeri riportati sul Report. A cominciare dalla situazione attuale, con circa l’80% del fabbisogno energetico del nostro Paese che è ancora soddisfatto da gas, petrolio e carbone.

L’Italy Climate Report indica che dal 2014 al 2019 in Italia le emissioni si sono ridotte di appena 10 milioni di tonnellate di CO2eq, il tutto mentre continua l’aumento dei consumi di energia (+9% tra il 1990 e il 2019). Non conforta nemmeno il dato relativo all’utilizzo delle fonti rinnovabili, “ferme dal 2015 al 2019 e addirittura diminuite nell’anno della pandemia di circa 400mila tonnellate equivalenti di petrolio (circa il 2%)”.

Edo Ronchi, presidente Fondazione Sviluppo Sostenibile e Promotore di Italy for Climate, ha sottolineato che “gli obiettivi climatici adottati dall’Italia con il Piano nazionale per l’energia e il clima non sono in linea con i nuovi target europei. L’Italia deve fare di più per la propria decarbonizzazione varando una legge per la protezione del clima che renda legalmente vincolanti e aggiornati i suoi target climatici che andranno declinati anche per i principali settori economici: industria, trasporti, agricoltura ed edifici”.

La Roadmap climatica 2.0

Italy Climate Report

Da qui l’elaborazione da parte di Italy for Climate della citata Roadmap climatica 2.0 per consentire al Paese di raggiungere la neutralità carbonica entro la metà del secolo nel rispetto degli accordi di Parigi. Un documento, quello di I4C, che prevede una riduzione delle emissioni del 55% al 2030 rispetto al 1990, a fronte del taglio di appena il 19% registrato al 2019.

Per rimettersi in carreggiata nell’arco di appena un decennio, la Roadmap specifica che sarà necessario ridurre i consumi energetici di circa il 15% e nello stesso tempo raddoppiare la produzione da fonti rinnovabili, portandole nel settore elettrico al 70% della produzione nazionale.

L’utilizzo delle fonti rinnovabili dovrà poi aumentare in modo significativo anche nel settore dei trasporti e nella generazione del calore. Fonti rinnovabili che complessivamente nel 2030 dovranno arrivare a soddisfare circa il 43% del fabbisogno energetico nazionale.

Le proposte per ridurre le emissioni nell’industria e nell’edilizia

Ed è ragionando per settori che I4C specifica le proposte contenute nella Roadmap climatica 2.0, a cominciare dal comparto industriale, il primo per emissioni di gas serra in Italia, con il 37% del totale nazionale, ma anche quello che più di tutti ha mostrato risultati concreti sul fronte della decarbonizzazione, con un taglio dal 1990 al 2019 di 85 milioni di tonnellate di Co2eq.

Secondo la Roadmap, il settore industriale dovrà tagliare le proprie emissioni del 43% rispetto al 2019, arrivando a circa 87 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel 2030. Questo taglio sarà reso possibile non solo grazie a una riduzione degli attuali consumi di energia dell’11%, ma soprattutto grazie a una importante crescita delle fonti rinnovabili (nel 2030 saranno il doppio di quelle attuali) e alla elettrificazione di una parte dei consumi da combustibili fossili.

Per quanto riguarda il comparto degli edifici – residenziali, pubblici e commerciali – attualmente è il secondo per emissioni (il 28% delle emissioni nazionali) ma il primo per consumi di energia con quasi la metà del totale nazionale. Dal 1990 al 2019 ha ridotto del 10% le emissioni di gas serra, ma allo stesso tempo ha aumentato di ben il 44% il consumo energetico.

Secondo la Roadmap di I4C, gli edifici rappresentano il settore che fornirà il maggior contributo in termini di riduzione delle emissioni di gas serra nazionali da oggi al 2030, con un taglio del 55% rispetto al 2019 grazie soprattutto alla riqualificazione energetica. In particolare, ogni anno dovranno essere riqualificati il 2% degli edifici privati e il 3% degli edifici pubblici.

Le proposte per la decarbonizzazione di trasporti e agricoltura

agricoltura

Il settore dei trasporti rappresenta il terzo responsabile delle emissioni di gas serra, con il 26% del totale nazionale. Ma soprattutto è l’unico settore che nel trentennio analizzato non ha ridotto affatto le proprie emissioni rimaste attorno a 110 milioni di tonnellate di CO2eq.

La Roadmap indica quindi che il comparto dovrà ridurre entro il 2030 le proprie emissioni di gas serra del 29% rispetto al 2019 e i propri consumi di diesel e benzina del 34%. Ciò comporterà la riduzione del parco complessivo di autoveicoli fino a circa 33 milioni di autoveicoli circolanti nel 2030, migliorando il trasporto condiviso e la mobilità attiva in città. Per quella data sarà necessario avere sulle strade italiane 6 milioni di veicoli elettrici (oggi sono poco più di 200mila).

Infine il comparto agricolo, che è responsabile del 9% delle emissioni nazionali di gas serra. L’andamento storico è particolare, considerato che in trent’anni le emissioni si sono ridotte del 16%, ma tra il 2015 e il 2019 invece di diminuire sono ritornate a crescere. Dunque, secondo I4C, il settore agricolo dovrà ridurre entro il 2030 le proprie emissioni di gas serra del 29% rispetto al 2019, impegnandosi in primo luogo nella decarbonizzazione degli allevamenti.

Mobilità elettrica, per Anfia occorre sviluppare l’infrastruttura di ricarica

La mobilità elettrica si sta ritagliando interessanti quote di mercato, ma i numeri complessivi risultano ancora ridotti. Tra i motivi che stanno determinando questo trend c’è, secondo una analisi di Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), la necessità di una adeguata rete infrastrutturale di ricarica sia di tipo pubblico che privato.

Se da un lato la Legge di Bilancio prevede un piano triennale di incentivi nei confronti dei veicoli a bassissime emissioni, dall’altro manca una misura infrastrutturale per i privati cittadini, in grado di abilitare la diffusione della mobilità a impatto zero.

Nonostante fossero presenti alcune valide proposte per incentivare l’infrastrutturazione dei privati, come, per esempio, l’incentivo all’installazione di un POD unico condominiale che semplifichi le approvazioni assembleari e consenta facilmente ed in sicurezza ai singoli condomini l’accesso ad un proprio punto di ricarica, nulla è oggi presente per la discussione in aula, nemmeno una misura base come quella del credito d’imposta al 50%, in scadenza a fine anno, che non è stata prorogata e che coprirebbe la larga maggioranza di utilizzatori di auto elettriche che non accederanno al superbonus 110%.

Auto elettrica in ricarica

Al contrario, altri Paesi europei (come Francia e Germania), hanno da tempo annunciato piani per lo sviluppo della rete infrastrutturale di ricarica, anche privata.

Anfia segnala un’altra possibile iniziativa, che non avrebbe impatto economico per lo stato, volta a facilitare la diffusione di policy aziendali per il rimborso della ricarica domestica effettuata dai dipendenti, dotati di vettura elettrificata aziendale o propria.

È noto che le autovetture aziendali, sono sempre in anticipo sugli altri segmenti nel rinnovo e nello sviluppo di mercato delle nuove tecnologie. L’unica certezza dei prossimi anni è che la crescita della mobilità elettrica dev’essere supportata in ogni modo, creando per i consumatori incentivi e semplificazioni che la rendano conveniente nelle scelte di vita e per i CPO (Charging Point Operators) una più facile identificazione delle aree idonee a pianificare efficientemente le potenze da installare.

Light + Building 2022 si sposta da marzo a ottobre

Light + Building 2022, la fiera internazionale dell’illuminazione e delle tecnologie per l’edilizia si terrà a Francoforte dal 2 al 6 ottobre 2022. A causa della situazione pandemica in continua evoluzione, Messe Frankfurt ha deciso di posticiparla per offrire a espositori e visitatori migliori opportunità di visibilità e business. La nuova edizione della fiera era prevista a marzo 2022 dopo che era stata annullata l’edizione del 2020.

La fiera nell’edizione autunnale offrirà uno sguardo su tematiche come la sostenibilità, la digitalizzazione, l’elettrificazione e l’efficienza energetica. Per questa edizione si conferma la doppia edizione: fisica e digitale.

Oltre al luogo di incontro internazionale del settore a Francoforte, la partecipazione è possibile tramite la piattaforma Light + Building Digital Extension. Al quartiere fieristico dal 2 al 6 ottobre 2022, gli espositori presenteranno una gamma di prodotti per la progettazione integrata degli edifici. Saranno presenti tutti i settori dalla progettazione di illuminazione e apparecchi di illuminazione, all’automazione degli edifici, dai sistemi di installazione elettrica alla gestione intelligente dell’energia fino ai fornitori di infrastrutture di ricarica elettrica.

L’evento Light + Building 2022 Autumn Edition si svolgerà dal 2 al 6 ottobre 2022.

Efficienza energetica e sostenibilità: a che punto siamo

A raccogliere il piano per lo Sviluppo sostenibile globale, c’è l’Agenda 2030, sottoscritta nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu, con la quale si sono stati definiti 17 obiettivi che riguardano le principali questioni su cui intervenire per assicurare uno sviluppo sostenibile. I Sustainable Development Goals pongono obiettivi comuni e traguardi (per la precisione 169), che toccano a livello globale tutti i Paesi e tutti gli individui. Un piano ambizioso, il cui termine è sempre più vicino.

A questi, si affiancano gli obiettivi europei per il 2050, che mirano ad un’Europa Carbon Neutral entro quella data. Una scelta che deriva proprio dalla consapevolezza che per risolvere problemi a livello globale è fondamentale l’impegno di tutti. È così che l’Europa ha messo mano alle proprie politiche in materia di clima ed energia. Il Green Deal Europeo definisce il percorso per raggiungere obiettivi ambiziosi come la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030. Nel pacchetto “Fit for 55” sono poi incluse specifiche proposte per raggiungere questo traguardo, tra cui la promozione delle energie rinnovabili o la revisione della normativa sull’efficienza energetica.
Ma a che punto siamo?

Energia pulita ed efficienza energetica

La voce “energia pulita e accessibile” è proprio uno degli obiettivi dell’Agenda 2030, a sottolineare il ruolo chiave dell’energia nello sviluppo economico e sociale. Il rapporto ASviS 2021 “L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile” offre una panoramica generale di come sia messa l’Italia rispetto al raggiungimento di tutti i target prefissati.

In merito al tema energetico, viene espresso un andamento positivo e costante tra il 2010 e il 2019 dei due indicatori scelti per monitorare il miglioramento:

La produttività è passata da 6,8 euro a 8,4 euro per kg di petrolio equivalente, mentre l’energia rinnovabile raggiunge il 19,7% del totale di quella prodotta. Il fatto che si registri una tendenza positiva, però, non è sufficiente, basti pensare al fatto che la Direttiva europea sull’energia rinnovabile prevede che per il 2030 la quota “green” dovrebbe raggiungere il 40%, ossia il doppio rispetto ad oggi. Un traguardo effettivamente molto lontano, soprattutto se paragonato alla velocità di crescita degli indicatori visti.

Tra i 169 target definiti dall’Agenda 2030, c’è anche quello relativo al consumo di energia e, in questo caso, il rapporto segna un risultato maggiormente positivo. Nello specifico, il target prevede di ridurre entro il 2030 i consumi finali lordi di energia del 14,4% rispetto al 2019, un obiettivo raggiungibile.

Rinnovabili la strada per lo sviluppo sostenibile

Cosa deve fare l’Italia per decarbonizzare la propria economia

La decarbonizzazione del settore produttivo passa attraverso diverse azioni e settori, tra cui edilizia e trasporti. Questo significa investire molto sull’elettrificazione dei consumi energetici, sia in ambito edile, che di mobilità, sull’efficientamento energetico e sulla riqualificazione degli edifici, sullo sviluppo delle energie rinnovabili.

Sono importanti anche tutte le strategie di sviluppo che, grazie alla tecnologia, offrono soluzioni innovative per la mobilità, gli edifici e la distribuzione dell’energia. Anche per questo si sente parlare sempre più spesso di Smart Mobility, Smart Building, Smart City e Smart Grid. Rendere intelligente il modo in cui l’uomo si muove, gli edifici e le città in cui vive, la rete di distribuzione dell’energia favorisce un maggior controllo delle infrastrutture e dei consumi, prevenendo problematiche di varia natura, migliorando i servizi, ma anche e soprattutto riducendo gli sprechi energetici.

Nel recente convegno Smart Building Report 2021 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, Schneider Electric ha sottolineato come le tecnologie digitali possono fare la differenza nel percorso di efficientamento energetico degli edifici e di sostenibilità. Gli smart building rappresentano il punto di incontro tra integrazione e sostenibilità, trasformazione digitale e transizione ecologica.

A sostegno di questi indirizzi teorici, è chiaro che devono essere messi in campo strumenti concreti, a partire dal PNIEC, che ancora richiede un aggiornamento a seguito dei nuovi obiettivi europei. Si dovrebbero introdurre misure che spingano verso un importante sviluppo delle rinnovabili, che secondo Ecosistema Urbano 2021 oggi segnano una crescita di circa 1 GW all’anno, contro gli 8 che dovremmo raggiungere. Per favorire ciò, servono regole chiare, snellimenti delle pratiche autorizzative, crescita dei grandi impianti, diffusione dei sistemi di accumulo e la crescita delle Comunità energetiche. Proprio queste ultime possono essere il motore della rivoluzione energetica di cui abbiamo bisogno, favorendo l’autoconsumo, il risparmio, la diffusione delle energie rinnovabili e la lotta alla povertà energetica.

Nel report, Legambiente sottolinea i vantaggi assicurati dalle Comunità energetiche, sia in ambito ambientale che sociale. Recepire la Direttiva Europea sul tema, favorirebbe investimenti per più di 13 miliardi di euro, attivando un potenziale di energia rinnovabile di 17 GW.

Ecco quanto costano 10.000 km con un’auto elettrica e impianto fotovoltaico

Quanto costa un “pieno” per un’auto elettrica fatto in casa sfruttando l’energia solare? Poco, molto poco. Circa 14 volte in meno rispetto a un pieno di benzina, secondo uno studio della norvegese Otovo.

Lo studio ha confrontato consumi e costi delle due modalità di alimentazione. L’elettrica offre un potenziale risparmio di circa 1.000 euro su una percorrenza di 10.000 km rispetto alla benzina.

Lo studio di Otovo indica un risparmio di circa 1.000 euro

Studio Otovo costo km auto a benzina vs auto elettrica

Per effettuare questo calcolo, Otovo ha confrontato il consumo medio annuale di una macchina elettrica (alimentata con l’energia solare prodotta dal tetto di casa) rispetto alla corrispondente versione con motore a benzina.

Basandosi anche sul prezzo del carburante per ciascuna nazione per la quale è stato fatto lo studio (Italia, Francia, Spagna, Norvegia, Svezia, Germania e Polonia), è emerso che in Italia la ricarica di un’auto elettrica con un impianto fotovoltaico è 14 volte più economica rispetto al rifornimento con la benzina.

Per curiosità, come si comportano le altre nazioni? L’Italia pare essere la migliore da questo punto di vista, seguita dalla Spagna (dove il “pieno di sole” ha un costo di 12 volte inferiore rispetto alla benzina), Francia e Germania (11 volte), Polonia (9) e infine Norvegia e Svezia, dove la ricarica è 8 volte meno costosa del pieno di benzina.

Quanto costa al km l’auto elettrica?

Calcolatrice alla mano, un’auto elettrica alimentata con energia solare proveniente da pannelli solari garantisce un costo per km di 0,0084 euro, mentre chi utilizza un motore endotermico (benzina o diesel, la differenza è poca) il costo sale a 0,1176 euro.

Un vantaggio non indifferente derivante dall’utilizzo di un impianto fotovoltaico per generare l’elettricità necessaria è che ci si svincola da eventuali fluttuazioni del costo dell’energia (cosa che sta avvenendo proprio in questi giorni e che sta preoccupando non poco i consumatori).

Lasciando per un attimo da parte le implicazioni ecologiche, in definitiva un automobilista “elettrico” spenderà 84 euro per percorrere 10.000 km, mentre con un’auto tradizionale la cifra sale a 1176.

Distribuzione elettrica digitale: l’esperienza di Fiorentini

Cento dispositivi connessi e un monitoraggio preciso ed efficace di tutto l’impianto: la distribuzione elettrica digitale di Fiorentini rientra in un ampio progetto di innovazione tecnologica orientato alla massima efficienza energetica.

Nel nuovo sito produttivo di Trofarello (TO), infatti, era importante disporre, anche da remoto, dei dati sui consumi in tempo reale. Accompagnati dal controllo dei parametri più significativi dell’impianto, che comprende anche il fotovoltaico come fonte energetica supplementare.

Come funziona la distribuzione elettrica digitale

Gli esperti di Visio, incaricati del monitoraggio e dell’ottimizzazione dei consumi, hanno collaborato con Sime, ABB e con lo staff tecnico di Fiorentini alla realizzazione di un impianto sofisticato e connesso. Sul campo, trovano spazio cento dispositivi intelligenti dotati di comunicazione come gli interruttori aperti tipo Emax 2 e gli interruttori scatolati Tmax XT con sganciatore tipo PR332. La soluzione Ekip E garantisce invece la protezione delle linee, che rendono una completa visibilità dell’impianto in ogni suo punto. Per la trasmissione e memorizzazione dei dati dei dispositivi in cloud sono stati installati infine i dispositivi gateway Ekip Com Hub.

Le tecnologie digitali di ABB per la distribuzione elettrica

Dove confluiscono le informazioni? Tutte le figure coinvolte nella diagnosi energetica dello stabilimento Fiorentini possono connettersi alla piattaforma ABB Ability Energy and Asset Manager. Il monitoraggio avviene attraverso schermate che mostrano schemi funzionali dei dispositivi connessi e cosa ciascun dispositivo sta monitorando con vista 2D/3D. Insomma, la piattaforma cloud nativa per i quadri di distribuzione ABB progettati da Sime offre il pieno controllo dell’impianto con grafiche intuitive: un unico strumento in grado di dialogare in tempo reale con tutti gli smart device del sito di Trofarello.

Intelligent distribution si fa gemello digitale

In sostanza, è stato creato un digital twin per rilevare costantemente lo stato dei vari dispositivi, che ne mostra anche gli eventuali malfunzionamenti. In collaborazione con Visio, poi, i progettisti hanno realizzato una mappatura dell’impianto: i device monitorati sono organizzati in gruppi, che rispecchiano i centri di consumo mappati nell’audit energetico.

Questo genera una visualizzazione chiara e immediata dei consumi, tramite dashboard già pronte per questo tipo di attività. “La capillarità del monitoraggio e l’affidabilità dei sistemi di misura, unita ad allarmistica e controllo delle funzionalità da remoto, rendono possibile un audit energetico in continuo – spiega Davide Selvatico, Energy consumption data analyst di Visio -. La disponibilità di dati storici strutturati fornisce, inoltre, una baseline di consumi energetici più attendibile. Ideale, insomma, per una valutazione efficace e realistica di ogni intervento di efficienza energetica, sia gestionale sia impiantistico”.

Funzionalità energetiche avanzate

Altre funzionalità importanti utilizzate nel sito di Trofarello sono:

Con Intelligent Distribution e ABB Ability Energy and Asset Manager, dunque, la visibilità dell’impianto Fiorentini si fa davvero completa.

Le case del futuro: edifici a energia quasi zero (NZEB)

L’edilizia è responsabile di una buona fetta dei consumi energetici e delle emissioni di CO2, che l’Europa prova a ridurre con nuovi obiettivi di sostenibilità. Secondo l’ultimo Rapporto Annuale sull’Efficienza Energetica dell’ENEA, i consumi imputabili al comparto degli edifici superano i 32 Mtep, di cui il 70% viene assorbito dai sistemi di climatizzazione. È chiaro, quindi, che è necessario proseguire sulla strada della riqualificazione energetica degli edifici esistenti e della costruzione di nuovi edifici a bassissimo consumo energetico, come gli NZEB (Nearly Zero Energy Building).

NZEB: cosa sono e obblighi normativi

L’obiettivo 20/20/20 ha spinto da un po’ di anni tutti gli stati dell’unione Europea a favorire azioni rivolte all’efficientamento energetico del patrimonio edilizio nuovo o esistente, infatti già nella Direttiva Europea 31/2010/UE compare la definizione di edificio a energia quasi zero (NZEB): “edificio ad altissima prestazione energetica in cui il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze”.

Con il Decreto Requisiti minimi del 26 giugno 2015 si conferma anche in Italia tale definizione e si aggiungono i criteri di definizione e i requisiti per gli edifici a energia quasi-zero.

Secondo il decreto (paragrafo 3.4), sono edifici a energia quasi zero tutti gli edifici a elevatissima efficienza energetica, i cui consumi siano molto bassi o, appunto, quasi nulli, e che abbiano integrato dei sistemi per la produzione di energia da fonte rinnovabile.

L’obbligo per la costruzione di NZEB è scattato con la fine del 2018, mentre per gli edifici pubblici con il primo gennaio del 2021, anche se alcune regioni, come Lombardia e Emilia Romagna, hanno anticipato quest’ultima scadenza ad inizio 2020.

La Direttiva 2018/844 UE ha modificato le precedenti in ambito energetico, con lo scopo di adeguarsi ai nuovi e ambiziosi obiettivi di sostenibilità europei. Queste ultime modifiche sono state recepite in Italia con il D.Lgs 48/2020, che conferma quanto contenuto nel Decreto Requisiti Minimi. Proprio qua sono definiti i parametri minimi da rispettare per le prestazioni dell’involucro edilizio. Viene ribadito che un edificio NZEB deve innanzitutto poter contare su un involucro altamente performante, per poi valutare attentamente le soluzioni impiantistiche che soddisfano la restante domanda energetica.

Il livello della qualità energetica di un edificio NZEB è definito rispetto ad un edificio limite di riferimento, le cui prestazioni energetiche corrispondono al limite massimo di energia primaria al di sotto del quale il progetto si deve collocare.

Il nuovo edificio o gli elementi riqualificati devono risultare con prestazioni migliori di quelle standard fissate dal decreto e determinate attraverso il calcolo definito in esso: l’indice di prestazione globale dell’edificio che corrisponde al fabbisogno energetico per il riscaldamento, il raffrescamento, l’acqua calda sanitaria (ACS), la ventilazione e l’illuminazione.

La normativa diventa dunque il punto di riferimento per la verifica e il confronto degli standard da rispettare, ma quali sono le caratteristiche tangibili di un edificio NZEB?

progettazione edifici nzeb

I pilastri della progettazione edifici a energia quasi zero

La casa del futuro è un’abitazione ad alta efficienza energetica, avrà principalmente ambienti confortevoli, spese energetiche quasi azzerate e bassissimo impatto ambientale.
Comfort è dunque la parola d’ordine quando si parla di NZEB, che significa comfort termico e igrometrico, ma anche acustico e luminoso, e viene garantito da una sapiente progettazione che si basa su:

Grazie a queste regole fondamentali questo edificio di nuova generazione risulterà a bassissimo impatto ambientale e sarà caratterizzato da costi di gestione molto contenuti.

Le case del futuro: edifici a energia quasi zero (NZEB)

NZEB e impianti tecnologici: quali soluzioni scegliere

Gli edifici a energia quasi zero sono dotati di un involucro altamente performante e di impianti tecnologici efficienti e poco inquinanti. Ecco i principali tra cui scegliere

Pompa di calore, solare termico e fotovoltaico

Partendo dalla climatizzazione, che come detto è una delle voci principali del bilancio energetico degli edifici, non si può non parlare delle pompe di calore. Il potenziale di sviluppo di questa tecnologia è molto elevato, soprattutto in relazione alla tendenze ad elettrificare gli edifici residenziali. Le pompe calore (ad aria, acqua o geotermiche) lavorano a bassa temperatura e sfruttano fonti di calore naturali, risultando efficienti e sfruttando fonti energetiche rinnovabili. Per quanto riguarda i terminali, nel caso di nuovi edifici si opta generalmente per dei pannelli radianti, nei quali l’acqua scorre a temperature inferiori ai 35°. Nel caso delle ristrutturazioni, invece, non è sempre possibile sostituire i radiatori esistenti, perciò è bene considerare una pompa di calore ad elevata temperatura, ossia una soluzione appositamente pensata per essere efficiente in queste condizioni di lavoro.

La pompa di calore può produrre anche acqua calda sanitaria, eventualmente mediante la combinazione con un sistema solare termico.

Solare termico e fotovoltaico: gli abbinamenti con la pompa di calore
Solare termico e fotovoltaico: gli abbinamenti con la pompa di calore

Secondo una ricerca ENEA, fino al 2018 la soluzione più adottata negli NZEB era proprio la pompa di calore elettrica, combinata con il fotovoltaico. Il fotovoltaico e il solare termico sono sempre più efficienti e accessibili, in quanto la ricerca in questo settore non si è mai fermata. Più diffusi, oggi, anche i sistemi di accumulo, che permettono di slegare il consumo di energia dal momento in cui viene prodotta. Altro aspetto interessante è la sempre maggior integrazione architettonica di queste tecnologie, ormai installabili in versioni e modalità molto diverse (si pensi alle tegole fotovoltaiche ad esempio).

Caldaia a condensazione, biomasse e teleriscaldamento

Le caldaie a condensazione sono una valida alternativa alle pompe di calore, soprattutto nelle ristrutturazioni. Rispetto alle tradizionali caldaie sono più efficienti, sicure e causano meno emissioni. Possono essere combinate sia al pavimento radiante che, se necessario, a sistemi più tradizionali, ma anche ad una pompa di calore, generando un sistema ibrido in cui i due impianti funzionano in modo combinato a seconda delle necessità del momento.
Altre alternative, decisamente meno utilizzate, sono le biomasse e il teleriscaldamento. Le biomasse possono alimentare diverse tipologie di generatori e sono un valido alleato per la decarbonizzazione dell’edilizia, oltre al fatto che si tratta di una fonte energetica rinnovabile.

Il teleriscaldamento rappresenta una quota ancora più esigua delle tecnologie utilizzate negli NZEB. La sostenibilità del teleriscaldamento dipende anche dal fatto che, come definito nel D.Lgs 102/2014, deve essere utilizzata almeno il 50% di energia da fonte rinnovabile oppure il 50% di calore di scarto oppure il 75% di calore cogenerato o ancora il 50% di un mix delle soluzioni precedenti. Chiaramente, per poter scegliere il teleriscaldamento è necessaria un’apposita infrastruttura. In generale, il teleriscaldamento viene inserito mediate progetti e pianificazioni a livello urbanistico, interessando aree rubane più o meno ampie.

Ventilazione meccanica: efficienza energetica e costi
La ventilazione meccanica controllata è un valido aiuto per realizzare edifici NZEB

L’importanza della ventilazione meccanica

Un edificio NZEB non può fare a meno di un sistema per la ventilazione meccanica controllata, che assicuri comfort, salubrità e risparmio energetico. In edifici ben isolati, infatti, il corretto ricambio d’aria diventa fondamentale e difficilmente gestibile manualmente. La soluzione migliore è, quindi, installare un impianto di VMC con recuperatore di calore ad elevata efficienza energetica.
Nel caso delle ristrutturazioni, se non è possibile optare per un sistema di ventilazione centralizzato, ci si può orientare su un sistema decentralizzato, con dispositivi puntuali per il ricambio d’aria, da installare negli ambienti in numero e potenza a seconda del volume d’aria da gestire.

Illuminazione e domotica, per favorire automazione ed efficienza energetica

Negli edifici sono presenti altri impianti tecnologici oltre a quelli già visti, come i sistemi di illuminazione. Anche in questo caso l’efficienza energetica deve essere il principale criterio di scelta, eventualmente combinato alla possibilità di migliorare il funzionamento dei dispositivi mediante apposite automazioni. Ne sono un esempio i sensori di presenza o la possibilità di programmare il funzionamento del sistema di illuminazione. In aiuto, arriva anche la domotica (Building Automation nel caso di edifici non residenziali), con il controllo da remoto delle luci e una loro regolazione più completa.
Come ormai è noto, la domotica è poi un valido alleato in molti ambiti, come nella gestione dell’impianto di riscaldamento o di sicurezza dell’edificio. Nel complesso, favorisce la riduzione degli sprechi energetici, un maggior comfort e più consapevolezza degli utenti sui propri consumi.

Tutto questo vale solo per le case nuove? La risposta è no! Anche il patrimonio edilizio esistente potrà competere con gli edifici nuovi ad alta efficienza, grazie ad interventi mirati di riqualificazione energetica, ed ambire a ricollocarsi sul mercato edilizio con valori immobiliari simili a quelli del nuovo.


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