Contratti d’acquisto di energia pulita in forte crescita

Fra le molte rilevazioni legate al settore delle fonti rinnovabili ne figura una non molto conosciuta eppure assai indicativa. Stiamo parlando dell’andamento dei power purchase agreement (corporate PPA), ovvero la definizione inglese dei contratti di compravendita a lungo termine di energia pulita che vengono stipulati dalle aziende. Caratteristica fondante di questi contratti è il fatto che sono stipulati direttamente fra la società acquirente (il più delle volte di grandi dimensioni) e il produttore di energia rinnovabile.

Da quanto esposto è facile comprendere l’importanza del mercato dei PPA, il cui andamento positivo garantisce i produttori per il rientro dagli investimenti, considerata la lunga durata dei contratti. Dall’altro lato, le aziende acquirenti inquinano meno durante la loro attività produttiva e ottengono il più delle volte degli apprezzabili risparmi in bolletta.

Sviluppo continuo nonostante la pandemia

Fra pandemia e recessione economica il 2020 ha rappresentato un anno cruciale anche per questo settore che però è stato capace di chiudere il periodo con un consuntivo globale a dir poco sorprendente. Infatti, le rilevazioni di BloombergNEF (BNEF) indicano per il mercato mondiale dei corporate PPA un progresso di addirittura il 18%, quindi in enorme controtendenza con la stragrande maggioranza degli indicatori economici relativi all’anno passato.

In termini di quantità dell’energia rinnovabile acquistata dalle aziende, nel 2020 si è raggiunto il record di 23,7 GW, un risultato che peraltro, a dispetto della pandemia, conferma il trend di crescita continua del mercato dei PPA. Infatti, nel 2019 il totale dei contratti stipulati era stato pari a 20,1 GW mentre nel 2018 il risultato fu di 13,6 GW.

Sostenibilità ormai fondamentale per molte imprese

“Nel 2020 – ha commentato Kyle Harrison, l’autore del report BNEF – le aziende hanno dovuto affrontare un’ondata di avversità. Il fatto che in queste condizioni il mercato dell’energia pulita non solo abbia mantenuto le posizioni ma sia riuscito persino a crescere testimonia di quanto la sostenibilità sia diventata un elemento fondamentale nell’agenda di molte imprese”.

Sotto l’aspetto territoriale la distribuzione dei contratti PPA è ancora molto disomogenea con una netta prevalenza delle aziende statunitensi. In particolare, l’anno scorso circa la metà dei power purchase agreement sono stati stipulati negli USA, per un totale di 11,9 GW sui 23,7 globali. In forte crescita c’è però il continente europeo che, insieme a Medio Oriente e Africa (EMEA), è passato da contratti per 2,6 GW nel 2019 fino ai 7,2 GW dell’anno scorso. Più indietro, invece, Asia e Pacifico, con 2,9 GW totali nel 2020.

Gli acquisti di Corporate PPA nei diversi paesi del mondo

La classifica delle aziende che comprano rinnovabili

La prevalenza degli Stati Uniti nel mercato dei corporate PPA trova una puntuale conferma andando a valutare il comportamento delle singole aziende. Infatti, la classifica dei primi dieci sottoscrittori di contratti a lungo termine per energia rinnovabile è dominata dalle società americane che occupano ben otto posizioni. A fare “eccezione” sono la francese Total e la taiwanese TSMC, peraltro al secondo e terzo posto, rispettivamente con 3 e 1,2 GW acquistati nel 2020.

In prima posizione figura saldamente Amazon con circa 5,1 GW di contratti, dei quali 3,1 sono provenienti da energia solare mentre altri 2 GW vengono generati dall’eolico. Nella classifica va poi segnalata la presenza di altri noti colossi aziendali a stelle e strisce quali Facebook (al quinto posto), General Motors (sesta) e Microsoft (ottava).

acquisti corporate PPA: la classifica delle aziende

Fuels Mobility: a Bologna per un futuro sempre più sostenibile

Logo evento Fuels MobilityLa piattaforma espositiva di BolognaFiere dedicata all’acqua e al metano – con ACCADUEO (Mostra internazionale dell’acqua) e CH4 (il Salone dedicato alle tecnologie e ai sistemi per il trasporto e la distribuzione del gas) – si arricchisce con Fuels Mobility dedicato all’evoluzione delle stazioni di servizio e alla mobilità elettrica. Dal 6 all’8 ottobre (precedentemente calendarizzata il 23 al 25 giugno 2021 e successivamente spostata dal 6 all’8 luglio 2021) Bologna offrirà una visione proiettata a un futuro sempre più sostenibile.

Il nuovo evento porrà l’attenzione alle stazioni di servizio – oltre 24.000 in Italia – e alla loro trasformazione in risposta ai moderni vettori energetici che includono gnl, idrogeno, elettrico, metano). Un’evoluzione che li trasforma da distributori di benzina a retailer multienergia e multiservizi per supportare nella mobilità sostenibile la clientela.

I distributori diventano i nuovi punti di riferimento nella gestione del processo di transizione ecologica e digitale.
L’Emilia-Romagna e Bologna sono molto impegnati nella trasformazione sostenibile dei mezzi di trasporto: l’obiettivo è un sistema di trasporti pubblici capace di coniugare alti standard – come sottolineato dal Governatore Stefano Bonaccini – con il rinnovo con nuovi mezzi meno inquinanti per il trasporto pubblico locale.

Entro il 2035 la Regione intende portare al 100% l’utilizzo di energie rinnovabili e raggiungere la Carbon Neutrality prima del 2050: il Porto di Ravenna diventerà un hub dell’energia green e dell’economia circolare ad alto tasso di investimenti e innovazione.

In questo scenario, Fuels Mobility guarderà alle stazioni di servizio del futuro e mobilità elettrica: il numero delle colonnine di ricarica elettrica è in costante crescita sul territorio nazionale grazie alla progressiva implementazione del Piano Nazionale dedicato alla mobilità elettrica.

Fotovoltaico e accumulo: sfide e opportunità del sistema energetico

Negli ultimi anni il sistema energetico europeo è entrato in una fase di radicale trasformazione puntando con decisione sulla green Economy come modello di uno sviluppo necessario e sostenibile.
Sotto la spinta di vincoli ambientali sempre più crescenti e di nuovi fabbisogni energetici, tali cambiamenti hanno portato a un aumento della diffusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

La non programmabilità degli impianti rinnovabili (FER), in particolare di fotovoltaico ed eolico, e la loro capillare diffusione anche sulle reti di distribuzione in media e bassa tensione, hanno indotto a un forte ripensamento sui criteri di pianificazione ed esercizio dei sistemi elettrici di potenza e ad un coinvolgimento sempre più spinto dell’utenza diffusa passiva, attiva o mista nell’attività di conduzione delle reti elettriche.

L’Italia, a livello europeo, è stata tra i primi interpreti dell’obiettivo di maggior sostenibilità ambientale della produzione elettrica, conseguibile attraverso l’impiego delle fonti rinnovabili e, infatti, è stata tra le prime nazioni che ha volto la propria attenzione all’impiego dei sistemi di accumulo elettrochimico. Tali sistemi possono peraltro svolgere un ruolo ampio anche nel cogliere obiettivi di maggiore efficienza nella trasmissione e distribuzione di energia quali essere strumenti di un nuovo paradigma di generazione diffusa e autoconsumo.

Storage e fotovoltaico: un binomio vincente

I sistemi di accumulo possono essere impiegati per la fornitura di servizi molto diversi, alcuni dei quali richiedono il “Power Intensive”, quindi sistemi in grado di scambiare elevate potenze per tempi brevi (da frazioni di secondo a qualche minuto), mentre altri richiedono l’ “Energy Intensive”, quindi sistemi in grado di fornire potenza con autonomia di parecchie ore. Ad applicazioni molto diverse corrispondono caratteristiche elettriche dei sistemi di accumulo variabili in un intervallo di valori piuttosto ampio. La potenza elettrica del sistema di accumulo può variare da qualche kW nelle applicazioni residenziali a centinaia di MW nelle reti di trasmissione.

La durata della scarica può variare da decine di ore per gli impianti “Energy Intensive”, a frazioni di secondo per impianti destinati a migliorare la Power Quality dei sistemi di utente. I benefici economici ottenibili dai sistemi di accumulo dipendono anche dalla possibilità degli stessi di partecipare al mercato elettrico e dalla remunerazione dei servizi di rete.

Pertanto fotovoltaico e accumulo rappresentano oggi un tandem importante in tutti i campi di applicazione (residenziale, industriale ma anche utility scale) proprio per la capacità di offrire molteplici soluzioni in diversi ambiti.

Il sistema di accumulo abbinato ad un impianto fotovoltaico ha il duplice vantaggio di poter ottimizzare l’autoconsumo riducendo i costi in bolletta e dall’altro di costituire localmente una piccola infrastruttura di rete affidabile, flessibile e pronta a gestire nuovi carichi elettrici e quindi a garantire la stabilità della rete, cioè il funzionamento in sicurezza e in equilibrio dell’infrastruttura migliorando la qualità del servizio elettrico.

Il sistema di accumulo consente di stabilizzare la rete grazie alla gestione locale dell’energia.

Libro Bianco sui sistemi di accumulo

La terza edizione del Libro Bianco sui Sistemi di Accumulo, “L’accumulo elettrochimico di energia. Nuove regole, nuove opportunità” realizzato attraverso la oramai consolidata collaborazione tra ANIE Energia e RSE è finalizzata proprio all’approfondimento di tematiche legate allo sviluppo del sistema energetico e dell’uso efficiente e pulito di energia esaminando i vantaggi dell’applicazione dell’accumulo elettrochimico da parte di operatori di generazione (da rinnovabili, ma anche da combustibili fossili) e da parte di singoli utenti finali o di utenti che agiscono collettivamente.

Obiettivo del progetto è stato quello di realizzare un utile strumento di informazione per gli operatori di mercato e per gli Organismi che hanno il compito di emanare i provvedimenti atti a consentire, in una logica di neutralità tecnologica, la più efficace partecipazione dei sistemi di accumulo all’evoluzione del sistema elettrico.

Fotovoltaico e accumulo: la situazione italiana

Ma a che punto siamo con le nuove installazioni di fotovoltaico e accumulo in Italia? L’osservatorio FER e Sistemi di Accumulo di ANIE Rinnovabili, che ormai da anni gestisce ed elabora i dati GAUDI’ di Terna, rileva un andamento di sviluppo positivo ma non sufficiente in ottica decarbonizzazione.

Secondo l’Osservatorio FER, nei primi 10 mesi del 2020 le nuove installazioni di fotovoltaico risultano in crescita nonostante la grave crisi sanitaria, sociale ed economica non ancora conclusasi. Il comparto fotovoltaico ha raggiunto ad ottobre 2020 quota 538 MW di nuove installazioni con una crescita (+25%) rispetto al 2019.

Le installazioni mensili hanno avuto un notevole incremento a luglio (+83 MW) e agosto (+102 MW), corrispondenti al periodo in cui l’emergenza sanitaria ha subito una frenata, per poi calare a settembre e ottobre registrando rispettivamente 49 MW e 45 MW.

Si segnala che con l’attuale media fotovoltaica di 54 MW/mese, registrata nei primi 10 mesi del 2020, si è ancora ben lontani dalla media fotovoltaica di 250 MW/mese necessaria per raggiungere gli obiettivi del PNIEC al 2030. Il recente e deludente esito dell’ultima asta del DM FER 4.7.2019 ha evidenziato che gli ostacoli autorizzativi nel settore FER sono in crescita, malgrado si sia intervenuti con il DL Semplificazioni.

Dati fotovoltaico su base mensile - dati Gaudì

L’installazione di impianti fotovoltaici si attesta a 54 MW/mese. Per raggiungere gli obiettivi del PNIEC sono necessari 250 MW/mese

Con riferimento ai sistemi di accumulo dal nuovo report si rileva che a fine di ottobre 2020 risultano installati ben 36.896 sistemi di accumulo. La potenza complessiva installata è pari a 170 MW, mentre la capacità massima utilizzata si attesta sui 267 MWh. Ad eccezione di un sistema di accumulo stand-alone, tutti gli altri sistemi installati risultano abbinati a impianti fotovoltaici di taglia residenziale (potenza inferiore o uguale ai 10 kW).

I dati mensili del 2020 mostrano un calo delle installazioni nei soli mesi di marzo e aprile attribuibile al rallentamento delle attività a causa del lockdown, compensato però dal picco delle installazioni nei mesi di giugno e luglio 2020. Nonostante l’emergenza, le famiglie hanno comunque deciso di investire nel comparto utilizzando la detrazione fiscale del 50% e grazie agli operatori di settore, a fine ottobre 2020, è stato installato un numero di sistemi di accumulo equivalente a quello dell’intero 2019.

Potenza e numero di impianti di accumulo fotovoltaico diviso per Regioni

Numero e potenza degli impianti di storage installati nelle diverse regioni italiane (fonte dati GAUDI’ di Terna)

Progressi verso la decarbonizzazione e transizione energetica

I bandi regionali – per supportare l’investimento di sistemi di accumulo abbinati a impianti fotovoltaici – hanno avuto un ruolo decisivo nel raggiungere i risultati. È, dunque, auspicabile che vengano replicate le iniziative regionali.

Ma anche in questo caso, il raggiungimento degli obiettivi di medio periodo – 1.000 MW entro il 2023 di accumulo centralizzato tra pompaggio ed elettrochimico – prospettati dallo scenario PNIEC è molto lontano.

Agli operatori serve maggior visibilità delle policy di medio/lungo termine con cui si intendono raggiungere gli obiettivi. Attualmente sono programmati investimenti in storage per circa 330 MW al 2023, sperando che con le procedure autorizzative introdotte dal DL Semplificazioni possano entrare in esercizio i 96 MW aggiudicati all’asta dello scorso anno del Capacity Market e i 230 MW che verranno assegnati per la Fast Reserve che introdurrà il servizio di regolazione ultra-rapida della frequenza.

Tra i recenti provvedimenti troviamo:

Sicuramente favoriranno il comparto delle rinnovabili abbinate allo storage, ma non sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.

 

Articolo a cura di ANIE

Federated Innovation: unire le forze per le città del futuro

Cosa significa Federated Innovation? Collaborazione tra pubblico e privato, agenda comune di ricerca e innovazione ad alto impatto sociale, incubatore di prodotti, processi e servizi per migliorare il benessere delle persone e dell’ambiente.

La nuova alleanza, che unisce 32 aziende, parte dall’ecosistema MIND Milano Innovation District per sviluppare nuove opportunità in tema di Life Sciences e Cities of the Future. Schneider Electric ha prontamente risposto all’appello, aderendo all’iniziativa come socio fondatore e protagonista tecnologico nei settori del real estate e degli smart building.

Le 11 aree del modello Federated Innovation

Il modello di business, nel rispetto delle normative antitrust, si basa su un framework legale unico che consente di raccogliere idee e progetti e di svilupparli secondo procedure operative più snelle.

Il tutto, secondo 11 discipline:

Le innovazioni di tutti gli attori coinvolti favoriranno lo sviluppo delle applicazioni in un ambiente che tutela la proprietà intellettuale

Schneider Electric per gli edifici del futuro

“Siamo pronti a contribuire alle opportunità di sperimentazione sul campo, test, progetti pilota, applicazioni di tecnologie innovative nell’area Proptech & Smart Spaces e dove si renderà necessario – si legge in una nota di Schneider Electric -. Vogliamo essere protagonisti, insieme agli altri soci fondatori, della creazione di un distretto che vuole essere catalizzatore di visioni e progetti per la crescita socio-economica delle città del futuro. E vogliamo farlo partendo dalle singole cellule che compongono la città: gli edifici”.

Tecnologie intelligenti, obiettivi green e connettività sottendono i 4 pilastri della visione strategica di Schneider Electric:

Come funziona la Federated Innovation?

Sul fronte pratico, i team aziendali svilupperanno idee cross-tech e favoriranno la contaminazione tra player nell’area tematica di riferimento. Non meno importanti, le progettualità che integrano discipline diverse: occasioni utili ad accelerare i processi di innovazione. A beneficio dei cittadini e dell’ambiente.

Si vuole creare una vera e propria community di innovatori, anche grazie alla presenza di ricercatori, studenti e clinici dell’Università di Milano Statale, dell’IRCCS Galeazzi e della Fondazione Human Technopole

“L’iniziativa si pone un obiettivo unico a livello globale – spiega Tommaso Boralevi, presidente di Federated Innovation -. Sviluppare innovazione trasversale in diversi settori industriali, sulla base del principio “collaborate & compete”. Una sfida coraggiosa, resa possibile dalle molte aziende che hanno aderito e con le quali stiamo già lavorando per avviare la fase di implementazione del modello. Entro l’anno prossimo vedremo la presentazione dei primi progetti d’innovazione, a dimostrazione del significativo impatto generato dall’ecosistema MIND”.

A Taiwan non piove (e qui c’è carenza di microchip)

No, non è un errore di battitura. E sì, le due cose sono collegate.
Su Elettricomagazine parliamo, tra le altre cose, di tecnologie per la casa connessa: termostati intelligenti, videocamere di sorveglianza, ma anche di climatizzatori e impianti fotovoltaici.

Cos’hanno in comune tutti questi dispositivi apparentemente così diversi tra loro? Esatto, contengono uno o più microchip, il “cervello” che serve per farli funzionare.
Ma perché dovremmo essere interessati a cosa succede a Taiwan, in particolare al meteo?

Innanzitutto occorre tenere presente che una fetta consistente dei produttori di microchip ha stabilimenti proprio a Taiwan. La produzione è stata rallentata a inizio dello scorso anno a causa della pandemia, ma si è ben presto ripresa sfornando quasi a pieni volumi. Il problema è che a quel punto la domanda era a totale beneficio di Sony e Microsoft per il lancio delle nuove console da gioco (Playstation 5 e Xbox Serie X e Xbox Series S) e di alcuni produttori di schede grafiche per computer.
La situazione non mostra segni di miglioramento, anzi: ci si è messo di mezzo anche il meteo.

A Taiwan manca l’acqua

Già perché nelle ultime settimane c’è stato un calo delle piogge nella zona – situazione anomala vista la stagione – che ha imposto alle autorità locali un razionamento dell’acqua (secondo i media locali, al momento sono in allarme arancione). Il fatto è che le fabbriche che realizzano i wafer di silicio dai quali vengono ricavati i microchip consumano molta acqua e, seppure con l’aiuto di processi che consentono di riciclarne buona parte, si tratta pur sempre di realtà idrovore.

Microchip

Per questo motivo ci si aspetta una ulteriore riduzione nella produzione di questi componenti che, come ricordavamo all’inizio, sono presenti un po’ in tutti i dispositivi elettronici.

Ciò significa che potrebbe esserci una reazione a catena che porterà le aziende che assemblano i nostri dispositivi (sono incluse anche le automobili, i televisori, i telefonini ecc.) a interrompere la produzione, con conseguente carenza di prodotti sugli scaffali.

Un po’ come già è avvenuto (e in parte ancora avviene) con i computer, andati a ruba durante il primo lockdown per rispondere alla domanda di smart working e di didattica a distanza.
Cosa fare, quindi?

Se si ha in mente di fare un acquisto e il prodotto è disponibile, non aspettate troppo: potrebbero non esserci i classici sconti ma, anzi, potrebbe esserci meno scelta (e potrebbero rimanere solo i dispositivi di fascia alti, più costosi).

Innovazione digitale al servizio del settore farmaceutico

Mai come oggi il settore farmaceutico è sotto i riflettori.
Sono alte le aspettative quando occorre coniugare qualità, Risk Management, sicurezza, compliance normativa e standardizzazione.

Una sfida che fino a non molti anni fa sarebbe stata impossibile da vincere ma che oggi, grazie alla rivoluzione digitale, è realizzabile.

Le sfide del settore farmaceutico

Filiera settore farmaceutico

Sul fronte produttivo occorre tenere ben presente anche parametri che considerino la migliore produttività possibile unita alla riduzione degli sprechi (e quindi dei costi).

Attività che ricadono all’interno di regole ben precise, come le Good Manufacturing Practice (GMP), le Good Engineering Practices (GEP) e la garanzia dell’integrità di dati e prodotti. A queste si aggiunge, relativamente alla parte legata alle soluzioni di automazione e monitoraggio dei processi produttivi, la conformità alla CFR21 part 11, redatta dalla FDA (Food and Drug Administration).

Schneider Electric supporta questo settore mettendo a disposizione piattaforme e soluzioni digitali capaci di rispondere anche alle esigenze più spinte.

EcoStruxure, ad esempio, nasce per gestire in tempo reale le prestazioni di macchine e di interi impianti, migliorandone l’efficienza e implementando una solida catena per la tracciabilità end-to-end.

Le regole da osservare: FDA CFR21 parte 11

Come evidenziato, la compliance normativa è fondamentale per poter operare nel settore farmaceutico. Tra le normative che regolamentano il settore, una delle più importanti è la CFR21 Part 11, redatta dalla FDA.

Lo scopo di questa normativa è quello di ottenere la equivalenza legale dei documenti elettronici (record digitali e firma elettronica) rispetto a quelli cartacei tradizionali. Affinché il sistema di automazione e controllo realizzato sia conforme alla normativa CFR21 Part 11, è necessario che i dati registrati siano sempre riconducibili all’operatore responsabile (Firma Elettronica); inoltre sono necessarie precauzioni specifiche che rendano impossibili falsificazioni o manomissioni dei dati registrati elettronicamente, o che consentano una loro agevole identificazione in caso di utilizzo inappropriato.

EcoStruxure Building Operation Compliance Pack

Con la versione 3.2 di EcoStruxure Building Operation, l’offerta di Schneider Electric è in grado di rispondere alla normativa FDA CFR21 Part 11.

Uno specifico Compliance Pack include infatti una serie di funzionalità e audit trail tramite firme elettroniche e record elettronici protetti, per ogni tipo di soluzione BMS e EMS richiesta dal settore.

Il Compliance Pack integra un archivio completo di tutti gli eventi di sistema e, qualora necessario, li rende accessibili sia ai clienti, sia alle autorità di regolamentazione al fine di garantire l’integrità ambientale del prodotto lungo l’intero ciclo produttivo.

Storage elettrico: il futuro dell’Europa si chiama accumulo

Allo sviluppo di tecnologie per l’accumulo è affidata una parte delle speranze per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo. Lo storage elettrico, che ha grandi capacità installative di FER (fonti di energia rinnovabile), è un facilitatore della transizione energetica. Ecco perché svilupparlo è tanto importante. Il tema non è esclusivamente tecnologico o di servizi che si verranno a creare. Ha a che fare anche con lo sviluppo di politiche atte a incoraggiare investimenti e normare il settore, a livello nazionale ed europeo.
Se n’è discusso durante il webinar Technology Watch di Elettricità Futura (EF) dedicato a “Lo storage elettrico abilitatore della transizione energetica”.

Lo storage elettrico e gli obiettivi europei

Guardare al futuro elettrico in chiave europea è indispensabile, in quanto gli obiettivi anche nazionali al 2030 devono modellarsi sul Green Deal europeo. L’UE ha fissato l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 ad almeno il 55% al 2030 rispetto al 1990. E il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) italiano sviluppato a fine 2019 dovrà essere allineato al nuovo target 2030. Dovrà quindi prevedere:

Come spiegato da Alessio Cipullo (Elettricità Futura), questo significa la necessità di una capacità incrementale di 65 GW per passare dai 55 GW previsti nel preconsuntivo del 2020 ai 120 GW del target 2030 del Green Deal. Nello specifico dovrà aumentare anche la capacità di accumulo addizionale che il piano italiano aveva previsto di 10 GW.

capacità rinnovabili al 2030

La capacità delle rinnovabili e l’evoluzione al 2030 per raggiungere il target Green Deal

Traguardi impegnativi, dunque, ma il nuovo “patto verde” che l’Unione si è data porterà al settore elettrico italiano una serie di vantaggi:

«Occorre però un cambio di passo» sottolinea Cipullo, perché se continueremo come stiamo facendo «arriveremo a 120 GW solo nel 2085».

Storage mix di tecnologie: quali le più promettenti?

Lo storage è un mondo molto variegato ed è un mix di tecnologie con caratteristiche diverse delle quali occorre tenere conto. Le più promettenti sono:
– le batterie (stoccaggio elettrochimico)
– i pompaggi idroelettrici (PHS, Pumped Hydro Storage).

Per quanto riguarda le batterie, si stima che entro il 2025 si potrà raggiungere una potenza installata di oltre 40 GW. «Al momento la tecnologia agli ioni di litio è quella preponderante e ci sono tantissime evoluzioni. Uno sviluppo interessante è quello delle batterie allo stato solido che rappresentano la tecnologia più promettente» spiega Cipullo.

Uno dei mercati europei più avanzati in questo campo è proprio l’Italia, aggiunge David Post, presidente di EASE, l’European Association for Storage of Energy. Un mercato che potrebbe quindi essere molto interessante per attrarre numerosi investimenti.

Determinante nei progetti italiani è il supporto di Mise (Ministero dello sviluppo economico), Terna e Arera. «Già nel 2017 Arera diede il via a diversi progetti pilota per avviare lo sviluppo, l’anno seguente, dei primi progetti di storage dedicati, in particolare, alle batterie» spiega Post. «Seguirono nel 2019 i progetti di Terna che, nel 2020, lanciò il Fast Reserve – servizio di regolazione ultra-rapida di frequenza –, con l’assegnazione all’asta di 250 MW».

Installazioni di storage elettrico- previsioni

Installazioni cumulative di batterie in Europa, dati in MW

E mentre lo stoccaggio elettrochimico sta rapidamente guadagnando quote di mercato, in forte crescita sono anche gli impianti di pompaggio idroelettrico. Tanto più se si considera che nel 2020 in tutta Europa la loro capacità installata di stoccaggio è aumenta del 90%, come ricorda Brittney Elzarei (EASE). La manager sottolinea quanto siano fondamentali una politica e una regolamentazione comuni in Europa su questi temi, senza dimenticare la necessità che ogni Stato membro dell’UE implementi il pacchetto sull’energia pulita all’interno del proprio diritto nazionale.

Si tratta di obiettivi che devono essere comuni e condivisi. Ancora una volta l’accumulo d’energia rappresenta un tassello fondamentale per la transizione energetica e a tale proposito, Elzarei ricorda come EASE abbia identificato 10 priorità per il settore dello storage. L’intento è dare impulso alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie per l’accumulo elettrico, sostenendo gli investimenti nel settore. Incentivare il mercato a livello di tecnologie e di servizi. E ancora spingere l’integrazione dello storage nelle politiche comunitarie e nazionali.

DriWe con DKV e Charge4Europe per la ricarica elettrica

Dal 14 febbraio scorso fare il pieno di “carburante elettrico” sarà un po’ più facile in tutta Europa.

Attraverso Charge4Europe, joint venture DKV Euro Service e Innogy eMobility Solutions, le colonnine di ricarica DriWe accettano infatti la DKV Card +Charge.

Una carta DKV (anche) per la ricarica elettrica

L’ansia da autonomia (o range anxiety) è uno dei freni alla diffusione dei veicoli elettrici. Alzi la mano chi, pensando alle auto elettriche, non ha pensato che “restare a secco” lontani da una colonnina di ricarica possa essere un problema.

O, peggio ancora, vicini a una stazione di ricarica elettrica ma senza la possibilità di utilizzarla a causa di un abbonamento differente dal proprio, o da una modalità di pagamento sconosciuta.

In Europa sono infatti disponibili centinaia di migliaia di punti per la ricarica elettrica, con tanti operatori e diversi attori. Una chiave per migliorare la user experience dell’utente della mobilità elettrica è ridurre il numero di carte e app ancora necessarie per accedere a tutte le infrastrutture disponibili.

Per questo motivo è nata Charge4Europe, la joint venture fondata da DKV Euro Service e Innogy eMobility Solutions attraverso la quale DKV ha deciso di fornire una nuova funzionalità, inclusa nella stessa carta carburante che i clienti sono abituati a utilizzare per la ricarica, di qualsiasi tipo e ovunque in Europa.

Ora che anche l’Italia ha un numero considerevole di punti di ricarica elettrica per veicoli a batteria, la strategia applicata in Germania e in altri paesi può essere estesa anche da noi.

DriWe è stata selezionata da DKV per aderire a questo nuovo piano di espansione, lavorando insieme per trovare il miglior modo disponibile per semplificare e agevolare l’esperienza utente.

Unendo le forze, le due società hanno recentemente firmato un accordo che prevede, nei prossimi mesi e anni, di aggiungere alla rete Charge4Europe i punti di ricarica di proprietà e gestione di DriWe, grazie allo sviluppo del roaming e dei servizi che possono essere offerti ai conducenti di veicoli elettrici.

Raggi UV dal nuovo robot autonomo di LG

Cosa è possibile creare combinando robotica, intelligenza artificiale e veicoli autonomi?
Nei mesi scorsi i tecnici di LG Electronics si sono posti questa domanda, la cui risposta è un robot presentato in occasione della versione virtuale del CES di Las Vegas 2021.

Questo robot autonomo utilizzerà la luce ultravioletta C (UV-C) per disinfettare le superfici toccate più frequentemente e sarà disponibile a breve per hotel, ristoranti, negozi, aziende e scuole negli Stati Uniti.

Raggi UV per un ambiente disinfettato

Robot LG a raggi UV

Questo robot UV autonomo arriva in un momento in cui l’igiene è la massima priorità per gli ospiti degli hotel, per gli studenti e per i clienti dei ristoranti. Le persone potranno vivere più tranquillamente grazie al robot LG UV, che li aiuterà a ridurre l’esposizione a germi potenzialmente dannosi.

Il nuovo robot di LG offre dunque un nuovo standard di igiene, aiutando a disinfettare le aree particolarmente trafficate e in cui avvengono più frequentemente dei contatti.
Il robot sarà completamente autonomo e potrà muoversi facilmente attorno a tavoli, sedie e altri mobili, irradiando quelle superfici che vengono toccate più frequentemente all’interno di una stanza in 15-30 minuti, disinfettando più aree con una singola carica della batteria.

Progettato per essere facile da usare, il robot LG può essere integrato nella routine delle pulizie ordinarie senza che sia necessaria una formazione specifica del personale sul suo funzionamento. Il personale sarà in grado di monitorare i progressi tramite aggiornamenti da remoto su smartphone o tablet. L’esposizione ai raggi UV sarà ridotta al minimo, grazie a un blocco di sicurezza integrato che viene attivato da sensori di rilevamento del movimento umano, premendo un pulsante di arresto di emergenza o tramite l’app.

Opportunità Superbonus 110%: condominio e parti non residenziali

L’efficientamento energetico del parco immobiliare italiano si colloca in un quadro di maggior respiro, delineato anche dal Clean Energy Package europeo e dagli obiettivi di sostenibilità fissati per il 2030. Così nascono le strategie messe in atto dal nostro Paese di favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili, la decarbonizzazione e l’efficienza energetica.

Per quanto riguarda gli edifici, ad esempio, il risparmio entro il 2030 di energia finale consumata dovrà essere di almeno 3,3 Mtep. Per riuscire in questo intento, è essenziale intervenire sugli edifici esistenti attraverso interventi di riqualificazione energetica.

Uno studio combinato di ENEA, Istituto per la Competitività e Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionisti ha analizzato i dati relativi alle prestazioni energetiche degli edifici italiani nel 2019. Ne è emerso che la maggior parte di essi (circa il 70%) si colloca nelle classi energetiche E, F e G. Gli edifici in classe A (A1-A4) e B, invece, non arrivano al 15%. Lo studio, infine, cerca di trovare anche una risposta in merito alle principali barriere che ostacolano la rigenerazione del parco immobiliare italiano e, al primo posto, si colloca lo scoglio economico.

Il Superbonus come opportunità per la riqualificazione

La premessa fatta rende chiaro come adeguati meccanismi di supporto ed incentivazione possano essere la soluzione per favorire l’esecuzione di interventi – anche costosi – di riqualificazione energetica. In questo senso, il Superbonus 110% si presenta come un’interessante opportunità. Da quando è stato introdotto con il Decreto Rilancio nel mese di maggio 2020, per poi divenire operativo dopo l’estate, si è assistito ad un certo fermento nel settore edile, con una sempre crescente richiesta di informazioni, valutazioni e richieste concrete di intervento.

Tecnici e imprese si sono trovati ad affrontare un tema complesso in pochi mesi e, per quanto in molti siano spinti dall’impressione che il Superbonus 110% significhi “interventi gratis”, rimane una potenziale ma concreta spinta per la riqualificazione del patrimonio edilizio. Ma quali sono le opportunità più interessanti quando si parla di Superbonus? Tra queste, ci sono sicuramente i condomìni, una tipologia edilizia molto diffusa in Italia e spesso non in buone condizioni. Secondo gli ultimi dati Eurostat, più del 50% degli italiani vive in un appartamento in condominio e l’età media dei condomìni in Italia è di circa 60 anni. Oltretutto, intervenire su edifici di certe dimensioni richiede investimenti onerosi e lavori impegnativi, spesso invasivi.

riqualificazione con i bonus per l'edilizia

Cosa si può fare con il Superbonus in condominio

Grazie anche alla Guida e alle circolari dell’Agenzia delle Entrate, sono chiari gli interventi che possono essere eseguiti sugli immobili e che danno possibilità di accesso al Superbonus 110%. Innanzitutto, i condomìni rientrano tra gli immobili ammessi, purché il proprietario non un unico soggetto. In questo caso, infatti, non si costituisce un condominio. In sostanza, conta la proprietà effettiva di ogni singola unità immobiliare.

Tra gli interventi trainanti, ovvero che permettono l’accesso al maxi bonus, ci sono:

A questi interventi trainanti, da eseguire sulle parti comuni del condominio, possono essere abbinati ulteriori interventi trainati, anche nelle singole unità immobiliari. Questo significa che se si esegue il cappotto termico sull’intero condominio, un condomino potrà far rientrare nel Superbonus anche la sostituzione della propria caldaia autonoma o far installare una colonnina elettrica per la ricarica delle auto in uno spazio di propria pertinenza. Altri interventi trainati possono essere la sostituzione degli infissi, l’installazione di pannelli solari e sistemi di accumulo e gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche.

Per i condomìni, poi, l’Agenzia delle Entrate specifica che sono ammessi al Superbonus tutti gli interventi eseguiti sulle parti comuni fino al 31 dicembre 2022, purché raggiungano il 60% dei lavori complessivi entro il 30 giugno 2022.

Il calcolo della detrazioni per gli interventi trainanti viene fatto sulla base della tipologia di edificio e del numero di unità immobiliari presenti. Ad esempio, nel caso dell’isolamento termico la spesa ammissibile è di:

La suddivisione delle spese in condominio avviene in base ai millesimi e il Superbonus può essere goduto sotto forma di detrazione fiscale, come cessione del credito o sconto in fattura.

E se il condominio non è interamente destinato alla residenza?

La guida dell’Agenzia delle Entrate aveva inizialmente escluso tutti gli edifici non residenziali dall’accesso al Superbonus. A seguito della posizione presa dalla Suprema Corte di Cassazione sono state riviste queste interpretazioni e, con la risposta 538/2020 dell’Agenzia delle Entrate, arriva una rettifica che prevede di ammettere al Superbonus anche gli interventi sugli edifici non residenziali, a condizione che questi siano finalizzati ad un cambio della destinazione d’uso, che dovrà diventare residenziale.

Ma per quanto riguarda i condomìni, va fatta un’ulteriore puntualizzazione. Può capitare, infatti, che all’interno di un condominio ci siano anche zone dedicate ad attività differenti da quella residenziale, ad esempio commerciali. In questo caso, i proprietari delle unità immobiliari destinate ad altre funzioni, possono rientrare sempre nel Superbonus in caso di interventi sulle parti comuni dell’edificio, a condizione che questo sia per la maggioranza (>50%) destinato alla residenza.