Ecohitech Award 2021: si premiano i processi green e le soluzioni di digital transition

Efficienza energetica, sostenibilità, innovazione sono alla base della trasformazione delle città che, già ora, stanno vivendo un momento di forte cambiamento. Lo scopo è quello di rendere i centri urbani più vivibili e ridurre il loro impatto ambientale. Si tratta di obiettivi ormai più che condivisi, tanto che produttori e municipalità sono impegnati su più fronti per attuare progetti e strategie per la green e digital transformation delle nostre città.

Proprio questo è il tema di Ecohitech Award, un riconoscimento che premia aziende ed enti pubblici per lo sviluppo di progetti e soluzioni innovativi per migliorare le città, in termini di efficienza energetica, sicurezza e qualità della vita. Ogni anno, i candidati possono presentare gratuitamente i propri progetti, che verranno poi selezionati e premiati. Ad oggi, il premio conta 23 edizioni, con 98 aziende coinvolte e 65 Pubbliche Amministrazioni premiate. Il concorso si presenta anche come un’occasione per dare visibilità e far conoscere le proprie soluzioni per le Smart City. I progetti vengono valutati da una giuria di esperti, che valutano sia la realizzazione, che i risultati raggiunti.

Le categorie di Ecohitech Award

Il premio suddivide progetti e soluzioni in 4 categorie, che coprono le principali aree di intervento quando si parla di trasformazione urbana sostenibile e Smart City. Per ciascuna di essere viene consegnato un premio. La prima categoria è quella di “Efficienza energetica e green innovation”, per la quale il premio viene assegnato al miglior progetto attuato con lo scopo di aumentare l’efficienza energetica o ridurre l’impatto ambientale della città. Le soluzioni possono riguardare edifici nZEB, la riqualificazione energetica o il monitoraggio ambientale, ma anche interventi sull’illuminazione pubblica. Oltre all’aspetto più ambientale, una seconda categoria premia anche i progetti proposti in materia di digitalizzazione.

centri urbani sostenibili

La tecnologia e la trasformazione digitale, ormai, sono fondamentali per un cambiamento efficace e vincente delle città e delle nostre case, per cui assume particolare importanza favorire progetti di questo tipo. Internet of Things, 5G, infrastrutture digitali, cybersecurity, big data, sono ormai parole all’ordine del giorno quando si parla di sviluppo delle città. A sottolineare il rilievo dato alla qualità della vita e al cittadino, il premio per la categoria “Servizi al cittadino”, attribuito al progetto che riesce a proporre nuovi e innovativi utilizzi di servizi e tecnologie per la comunità. Lo scopo di queste soluzioni, quindi, deve essere quello di riuscire a fornire ai cittadini servizi migliori e più efficienti, anche in contesti di crisi e di emergenza. Infine, la categoria “Green Pie” premia i progetti focalizzati sull’innovazione circolare sulla sostenibilità.

I premi di Ecohitech 2020

Le candidature dei progetti per Ecohitech Award 2021 sono attualmente aperte e le premiazioni si terranno nel mese di ottobre, in occasione di Key Energy – Ecomondo, evento che coinvolge diversi attori del mercato. In questo momento, quindi, tutti gli interessati possono presentare la loro candidatura tramite il sito ufficiale del concorso.

I vincitori dello scorso anno dei primi premi sono stati il Comune di Torino con la soluzione City Platform di Edison, un tool per la pianificazione energetica ed urbana, e Skypersonic, un progetto realizzato in collaborazione con Torino City Lab per il controllo transoceanico in real time dei droni per uso civile; il Comune di Antrodoco con Alosys switch, un progetto per il miglioramento della gestione e della manutenzione dei pali della luce; il Comune di Pavia con un servizio salta-code digitale di U-first; il Comune di Cremona con il progetto dei cestini intelligenti Smart Bin di Optimon. Invece, per scoprire quali saranno i comuni intelligenti che verranno premiati per i loro progetti nell’edizione 2021, non resta che aspettare il 27 ottobre.

Cantieri Rete Irene: la riqualificazione energetica corre in Lombardia

La riqualificazione energetica degli edifici lombardi viaggia veloce, con 60 cantieri Rete Irene attivi e tanti vantaggi per i cittadini, per le città e per l’ambiente. Un’opportunità concretizzata anche grazie alla spinta del Superbonus 110%, che vede il gruppo di imprese in prima linea nel fornire competenze integrate per guidare gli interventi green sul territorio. Ecco i principali progetti in corso.

Riqualificazione del condominio “Tre Case” di Fizzonasco

Tutto è iniziato nel marzo 2021, con il più grande intervento di riqualificazione energetica con Superbonus della Lombardia. Parliamo del condominio “Tre Case” di Fizzonasco, frazione di Pieve Emanuele (MI). Un’operazione da 6 milioni di euro che contempla 150 unità abitative e 205 autorimesse.

In particolare, il progetto porterà i tre edifici da una classe energetica F (scala AB ed EF) ed E (scala CD) a una classe energetica C. Il salto comporterà diversi benefici:

“La campagna Riqualifica con Rete Irene, avviata con il cantiere di Fizzonasco, è andata ben oltre questo primo intervento – spiega il presidente Manuel Castoldi -. La Lombardia, con i suoi importanti cantieri, di cui 8 nella città di Milano, rappresenta un terreno fertile per gli interventi di efficientemente energetico. L’ambizioso obiettivo è portare benessere sociale ed economico, in particolare nelle aree metropolitane”.

Cantieri Rete Irene: Tre Case di Fizzonasco

Il cantiere del condominio “Tre Case” di Fizzonasco (MI)

Gli altri cantieri Rete Irene

Tra i 60 cantieri Rete Irene sul territorio lombardo c’è anche il condominio di Via Liguria 4/6 a Cologno Monzese. Un intervento che ha permesso il passaggio da Classe E ad A1 con una riduzione di oltre il 60% dei fabbisogni grazie alla combinazione di interventi trainanti (involucro e impiantistica) e sostituzione dei serramenti.

C’è poi la riqualificazione strutturale ed energetica del condominio Viale Romagna 11 di Cinisello Balsamo. Un edificio di 13 piani da 85 unità immobiliari ubicato su una delle principali arterie di ingresso all’area metropolitana di Milano. Anche qui, Rete Irene si è posta come unico referente per tutti i lavori, in rapporto diretto con il committente.

Ville familiari: il caso di Cesano Maderno

I lavori non riguardano solo i contesti condominiali, ma anche le unità singole. Interessante il caso di Villa Riva a Cesano Maderno (MB): l’intervento di riqualificazione energetica con Superbonus 110% ha firmato il passaggio di classe energetica da F a B, salvaguardando le caratteristiche architettoniche e l’aspetto originale della casa, costruita negli anni 60. Nella residenza brianzola, l’isolamento a cappotto è stato realizzato al posto dell’intonaco e la coibentazione dall’interno dei locali è posizionata dove esternamente sono presenti i mattoni faccia vista e il rivestimento in pietra.

Al 15 Luglio 2021 Rete Irene ha acquisito 60 operazioni per un totale di 80 milioni di euro 

Auto elettriche: se la batteria è vecchia, l’autonomia si riduce?

Quando si parla di auto elettriche, uno dei temi su cui si concentra maggiormente l’attenzione dei consumatori è quello relativo all’autonomia della batteria. Esiste a tale proposito un fenomeno noto come Range Anxiety, una vera e propria ansia da autonomia, un timore di non riuscire a raggiungere la colonnina di ricarica prima che la batteria della vettura perda del tutto la propria energia. Con il passare degli anni e con lo sviluppo di tecnologie sempre più evolute, questo tipo di preoccupazione sta pian piano scemando in chi si accinge all’acquisto di un’auto elettrica. Ma alla base permane comunque un ulteriore interrogativo: che cosa accade quando la batteria inizia a essere vecchia? L’autonomia della vettura si riduce in qualche modo? Entriamo nel merito, cercando di fornire una risposta al quesito.

Autonomia delle auto elettriche: cosa accade quando la batteria è vecchia

A chiarire i termini della questione è un’attenta analisi compiuta dalla rivista Quattroruote, a partire da una serie di rilievi compiuti su pista.

Il test, svolto nell’autodromo di Vairano di proprietà della stessa rivista, si è focalizzato su una Nissan Leaf con quattro anni di vita e con 210.000 chilometri. I dati ottenuti sono stati successivamente confrontati con quelli di una Leaf nuova. Per ottenere ulteriori riscontri, il team di Quattroruote ha sottoposto al medesimo test una Hyundai Ioniq nuova e un’altra con 30.000 chilometri al proprio attivo.

Che cosa è emerso dai rilievi? Nel caso della Nissan Leaf, i numeri hanno evidenziato una perdita della capacità di immagazzinare energia, con una quantificazione che si attesta intorno al 23%. Il team ha tuttavia riscontrato un risvolto inatteso: le prestazioni dell’auto sono migliorate. La vettura è infatti risultata più veloce, seppur di poco, con un tra il 18% e il 24% in meno, a seconda dei tragitti. All’atto pratico ciò si traduce in una perdita di autonomia del tutto ininfluente per l’utente finale, con un passaggio da 151 a 147 chilometri.

La Hyundai Ioniq con 30.000 chilometri di percorrenza ha invece registrato le stesse prestazioni del modello nuovo, riscontrando nel contempo un miglioramento dei consumi con una media passata da 5,9 a 6,4 km/kWh. L’autonomia è rimasta essenzialmente la stessa. Dopo molti chilometri, quindi, un minimo degrado della batteria esiste ma è più basso di ciò che si può supporre. Il calo è inoltre compensato da una riduzione in termine di consumo.

Fattori che incidono sull’autonomia della batteria nel breve e lungo termine

Un aspetto da tenere presente è anche il fatto che a incidere sull’autonomia della batteria sono svariati fattori. Sul lungo termine, lo stile di guida ad esempio impatta sulla longevità delle varie componenti della vettura.

Esistono inoltre alcuni parametri che possono avere un’influenza negativa sull’autonomia di un veicolo elettrico sul breve termine. Parametri che chiunque sia in procinto di acquistare un’auto elettrica dovrebbe tenere in considerazione. Nel ventaglio dei fattori che possono incidere sull’autonomia delle batterie rientrano:

Altro fattore determinante si ha nella temperatura. Le batterie non amano il freddo. Se esternamente si registrano temperature al di sotto dello zero, si verifica un inevitabile impatto sull’autonomia dell’auto, anche in conseguenza dell’energia prelevata per il riscaldamento dell’abitacolo. Il climatizzatore ha a sua volta un’incidenza sulla autonomia, sebbene risulti minore rispetto al riscaldamento.

PatrolBike, protezione connessa per bici, e-bike e monopattini elettrici

Con l’aumento dell’utilizzo di mezzi di trasporto sostenibili – come biciclette normali e a pedalata assistita, ma anche monopattini elettrici – crescono purtroppo anche i casi di furto.

Trattandosi di mezzi dal costo non indifferente, da qualche centinaio di euro a ben più di 1.000 euro, diventa importante tutelarsi per avere sgradite sorprese.

Per questo Patrolline, azienda che si occupa della produzione di sistemi di sicurezza e allarmi elettronici, ha sviluppato PatrolBike: un innovativo antifurto che può essere nascosto direttamente all’interno del manubrio del proprio mezzo.

Cos’è PatrolBike

PatrolBike

PatrolBike è un dispositivo dal peso di soli 50 grammi che include un localizzatore GPS, un sensore di vibrazione integrato, una batteria ricaricabile via USB, una connessione a internet gratuita per due anni e un’App mobile di controllo dedicata.

Attraverso PatrolBike, l’utente può conoscere in ogni momento lo stato del proprio mezzo: attivandolo viene comunicata alla App la posizione del dispositivo e, in caso di movimento, il sistema invia automaticamente un messaggio di alert al proprietario.

Patrolline ha anche stipulato un accordo con Viasat che permette di attivare un servizio aggiuntivo di monitoraggio h24 che, in caso furto o rimozione, invia una notifica d’allarme in tempo reale alla Centrale Operativa. Un servizio tecnologico completo, che arriva anche a coinvolgere direttamente le Forze dell’ordine per il recupero del mezzo rubato.

Una assicurazione contro infortuni e danni

App PatrolBike

Oltre alle soluzioni antifurto, è possibile estendere la copertura con una assicurazione facoltativa per i conducenti.

Una attenzione in più che nasce con l’intento di dare maggiore tranquillità agli utenti e un’opzione di protezione integrale e innovativa sia alle persone, che ai mezzi protagonisti della nuova smart mobility.

Attraverso un accordo con il broker assicurativo Mansutti si ottengono, a partire da 2,5 euro al mese (1 euro per il primo mese di attivazione), due polizze: la prima per danni causati a terzi durante l’utilizzo di biciclette, e-bike e monopattini elettrici e una seconda contro gli infortuni da circolazione.

Da Schneider Electric una guida pratica per migliorare l’healthcare

Se esiste un settore dove la definizione di “fattore vitale” calza a pennello alla tecnologia, questo è sicuramente quello dell’healthcare. Nelle strutture sanitarie, infatti, il livello di disponibilità dei servizi e dei sistemi è fondamentale per la sicurezza e la soddisfazione dei pazienti. Schneider Electric ha quindi realizzato una preziosa guida con una serie di consigli per identificare e gestire al meglio le principali problematiche che si manifestano nelle strutture sanitarie (a questo link è possibile scaricarla).

In particolare il vademecum affronta temi come il livello di conformità della struttura ai requisiti normativi, la correlazione tra i benefici aziendali e la garanzia di un ambiente di alimentazione e ventilazione sicuro e sempre operativo, nonché l’approccio attento all’introduzione di nuove tecnologie e nuove strategie per la proposta di soluzioni e prodotti tecnologicamente più avanzati ai dirigenti.

Ecosistema sempre attivo e operativo

Nella sua introduzione la guida Schneider Electric spiega come, pur esprimendo concetti diversi, i termini “disaster recovery“, “continuità operativa” e “disponibilità” sono strettamente correlati tra loro. Questo perché si tratta di elementi che implicano un ecosistema sempre attivo e operativo, la cui continuità di esercizio è critica per le risorse che lo compongono.

Tradotto in pratica, nel caso delle strutture sanitarie la continuità di esercizio dell’infrastruttura fisica dell’alimentazione elettrica, del raffreddamento e delle risorse informatiche è direttamente correlata alla sicurezza della vita umana e alla redditività dell’ente. E l’evoluzione della tecnologia ha trasformato negli anni le metodologie operative delle strutture stesse.

Vari livelli di protezione per le strutture sanitarie

Un processo di crescita che ha reso sempre più evidente come non esiste un singolo prodotto o una singola procedura in grado di proteggere un’intera struttura. Piuttosto, esistono vari livelli di protezione, sistemi ridondanti per le aree più critiche degli ospedali e svariate procedure, standard e regole da seguire.

La guida pratica quindi indica e approfondisce vari elementi chiave, ad alto contenuto/contributo tecnologico, per ottimizzare il livello di disponibilità dei servizi e dei sistemi nelle strutture sanitarie:

  1. L’impatto delle nuove tecnologie sui processi aziendali
  2. L’adempimento dei requisiti normativi
  3. Alimentazione, operatività ed emergenza
  4. Come migliorare la continuità operativa
  5. Come incrementare la disponibilità dei sistemi
  6. La tecnologia per le applicazioni critiche
  7. Controllo di precisione del comfort e dell’ambiente
  8. Sostenibilità e risparmio energetico
  9. Come ottenere il supporto del management

guida strutture sanitarie: tecnologie abilitanti

Nuove tecnologie e requisiti normativi

In particolare, relativamente all’impatto delle nuove tecnologie, il vademecum di Schneider Electric si sofferma sull’importanza delle cartelle cliniche elettroniche e degli strumenti self-service, sui sistemi RFID (Radio Frequency Identification) e RLTS (Real-time Location System), oltre che sui vantaggi assicurati dai sistemi di robotica.

Corposo il capitolo dedicato all’adempimento dei requisiti normativi, con approfondimenti relativi alla sicurezza dei dati e alla riservatezza, la sicurezza dei pazienti e la preparazione alla gestione di eventi catastrofici con l’indicazione dei requisiti di un piano d’emergenza.

Alimentazione d’emergenza e continuità operativa

Un altro tema cardine affrontato è quello dell’operatività, nel caso di interruzioni dell’alimentazione, per le procedure critiche e le aree di trattamento. In quest’ambito vengono indicate le peculiarità degli impianti elettrici essenziali, le diverse normative a seconda delle aree geografiche e, soprattutto, le caratteristiche principali degli impianti di alimentazione d’emergenza (EPSS).

Un argomento collegato è quello del miglioramento della continuità operativa, anche perché, come sottolinea la guida, “quando si verifica un blackout e il generatore di riserva si guasta, una struttura ospedaliera da 200 posti letto registra perdite per 1 milione di dollari”. Piano di continuità operativa che deve essere elaborato tenendo conto di vari fattori, a cominciare dalla valutazione dei rischi.

Continuità operativa delle strutture sanitarie

Infrastruttura intelligente e applicazioni critiche

Nel capitolo dedicato al miglioramento della disponibilità dei sistemi viene introdotto il concetto di “infrastruttura ospedaliera intelligente“. Per esso si intende una struttura capace di garantire la massima continuità operativa degli impianti tramite “un progetto resiliente che include sofisticate tecniche di distribuzione, gestione e monitoraggio dell’alimentazione”.

Quanto all’approfondimento dedicato alla tecnologia per le applicazioni critiche, nella guida vengono descritte le principali modalità con cui i sistemi infrastrutturali fisici supportano le principali aree con applicazioni critiche in una moderna struttura ospedaliera.

Comfort ambientale e sostenibilità

Un elemento che negli ultimi anni ha acquisito sempre più valore nelle strutture sanitarie è quello del comfort ambientale. Al riguardo, il vademecum Schneider si sofferma sull’importanza e sui vantaggi garantiti dai sistemi BMS (acronimo di Building Management System), capaci di fornire ai responsabili dell’infrastruttura un
controllo centralizzato e favorire un approccio a livello di intero edificio per gestire l’energia e il comfort delle persone.

Nell’ottica green un aspetto cruciale è poi rappresentato dalla sostenibilità e dal risparmio energetico, partendo dalla considerazione che dal 1995 l’uso dell’energia nel settore sanitario è aumentato del 36% a causa dei cambiamenti delle tecnologie, dei requisiti dei Data Center e dell’aumento dei pazienti. Per questo è indispensabile dotare le strutture di moderni sistemi di gestione dell’energia che, in combinazione con il sistema BMS, contribuiscono al risparmio energetico della struttura.

La visione di IRENA per realizzare la transizione energetica

Basta un po’ di buon senso per capire che il cammino verso il 2050, con l’obiettivo di un pianeta a zero emissioni di anidride carbonica e surriscaldamento contenuto in un grado e mezzo di temperatura, non sarà certo una facile passeggiata. Però, il recente “World Energy Transition Outlook” messo a punto da IRENA (acronimo di International Renewable Energy Agency) va ben oltre questa facile intuizione e si prende la briga di illustrarci e spiegarci gli ostacoli e le decisioni che attendono l’umanità sulla strada della realizzazione degli accordi di Parigi.

Energia rinnovabile come fattore chiave

Un’analisi complessa e piena di variabili, quella di IRENA, nella quale è però facile individuare un punto fermo: oltre il 90% delle soluzioni da adottare per arrivare con le carte in regola al 2050 coinvolge lo sviluppo dell’energia rinnovabile. In particolare, ciò avverrà attraverso la fornitura diretta, l’elettrificazione, l’efficienza energetica, nonché l’idrogeno verde e la bioenergia combinati con la cattura e lo stoccaggio del carbonio.

A far comprendere le dimensioni della sfida è sufficiente qualche dato. Rispetto a quelli già pianificati, gli investimenti per la transizione energetica dovranno essere incrementati per un importo pari a 131 trilioni di dollari da qui alla metà del secolo. Uno sforzo economico che però avrà anche degli importanti ritorni, oltre a quelli legati ai benefici ambientali. Infatti, l’evoluzione del settore energetico porterà fino a 122 milioni di unità l’occupazione al 2050, con i posti di lavoro nelle energie rinnovabili che ne rappresenteranno più di un terzo.

elementi chiave per la transizione energetica

6 aree chiave per la transizione energetica

L’Outlook spiega che le tecnologie per raggiungere gli obiettivi esistono già, “ma è urgentemente necessaria un’innovazione sistemica per integrarli in nuove strutture e normative di mercato, modelli di business e operazioni del sistema energetico”. In particolare, IRENA sottolinea la necessità di dare la priorità ad investimenti ed innovazione in sei aree chiave per innescare la transizione energetica:

1) La quota di fonti rinnovabili nell’energia primaria dovrà raggiungere il 74%, ovvero un aumento di otto volte rispetto alla situazione attuale. In particolare, deve essere accelerato il ricorso alle energie rinnovabili nei settori del trasporto e del riscaldamento.

2) La produzione di energia rinnovabile dovrà aumentare di circa 800 GW ogni anno, passando dagli odierni 2.800 GW a 27.000 GW entro il 2050. Allo stesso tempo, occorrerà dare priorità all’eliminazione della produzione energetica basata sull’utilizzo del carbone.

3) Le vendite di veicoli elettrici dovranno crescere dall’attuale 4% fino ad arrivare al 100% di tutti i veicoli venduti entro il 2050. L’Europa è attualmente all’avanguardia in questo settore e sta anche aumentando drasticamente la produzione di batterie. È inoltre essenziale un’implementazione parallela dell’infrastruttura di ricarica.

4) La fornitura e l’uso di idrogeno pulito devono crescere di cinque volte, da 120 tonnellate metriche (Mt) all’anno a 613 Mt nel 2050, il che richiede un massiccio incremento nella generazione di energia rinnovabile ed elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde.

5) L’utilizzo evoluto della biomassa dovrà crescere notevolmente fino a rappresentare circa un quinto del consumo finale totale. La bioenergia combinata con le tecnologie di cattura del carbonio svolgerà un ruolo chiave nella rimozione della CO2 dall’atmosfera. La biomassa sarà importante anche come materia prima per la plastica e altri materiali.

6) Il miglioramento annuale dell’intensità energetica deve passare dall’1,2% degli ultimi anni a circa il 3% entro il 2050. Al riguardo, oltre all’introduzione di tecnologie convenzionali di efficienza energetica, sono e saranno fondamentali una più ampia adozione di energie rinnovabili, un’elettrificazione più diffusa e la creazione di economie circolari.

andamento combustibili fossili

L’Italia sta puntando molto su decarbonizzazione e transizione energetica. Come sottolineato da Italia Solare – associazione che punta alla rinnovabili per un mondo più sostenibile – è necessaria una strategia basata su trasparenza dei costi e del mercato e il ruolo dei sistemi di accumulo.

SAIE-ANCE: dal PNRR in arrivo 107,7 miliardi di euro per l’edilizia

La ripresa economica italiana passa attraverso l’edilizia. Gli investimenti previsti dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, hanno messo l’edilizia pubblica al centro. E il Superbonus 110% sta spingendo il settore dell’edilizia privata e della riqualificazione. L’Italia è di fronte a una delle sfide più impegnative. SAIE Bari sarà il punto di riferimento per una filiera sempre più centrale per l’economia del Paese.

PNRR: gli interventi

Dal PNRR in arrivo 107,7 miliardi di euro per l’edilizia, circa metà dei fondi del piano, Francia e Germania il 21% e al 23% delle risorse. 63,5 miliardi sono destinati ai nuovi interventi. Nel periodo 2021-2026 si prevede che il PNRR possa portare a una crescita di 3,3 punti percentuali del comparto costruzioni.
Ma quali sono gli interventi previsti?

Tanti gli interventi previsti nel PNRR che interessano la filiera edile: dall’efficienza energetica all’alta velocità ferroviaria, passando per l’edilizia scolastica. Una rivoluzione che renderà le infrastrutture italiane più moderne, digitali e sostenibili
Al primo posto troviamo efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici con 29,55 miliardi di euro. Seguono l’alta velocità di rete e manutenzione stradale 4.0 con 28,3 miliardi di euro. Ci sono, poi, i fondi per la digitalizzazione, la sicurezza sismica e l’edilizia scolastica.

PNRR - grafici SAIE-ANCE

Superbonus 110%: crescono gli interventi

Il Superbonus 110% sta contribuendo a rilanciare la filiera edile e sta aiutando a raggiungere gli obiettivi di sicurezza sismica e di efficienza energetica.

Secondo i dati Enea-Mise, al 1° luglio 2021, risultano 24.503 interventi legati al Superbonus per un valore di quasi 3,5 miliardi di euro. Un bel passo in avanti rispetto al monitoraggio di maggio con un aumento del +32% in termini di numero e del +39,7% nell’importo. Lombardia, Veneto e Lazio sono le regioni che hanno avviato più cantieri. Buone le performance per Sicilia, Puglia, Campania e Calabria.

Gli interventi superbonus 110% luglio 2021

Secondo l’elaborazione ANCE su dati Enea, il 43% circa del valore degli interventi è su edifici condominiali, il 35% su edifici unifamiliari e il 22% unità immobiliari indipendenti.

Superbonus serve la proroga

Per evitare di perdere importanti opportunità e incentivare nuove iniziative è importante rendere il Superbonus più sistemico con una proroga almeno fino al 2023. Oltre ovviamente a coinvolgere nella maniera più efficace gli istituti bancari, essenziali per finanziare gli interventi.
“Occorre avere notizie certe sulla proroga del Superbonus, la cui decisione è slittata alla Legge di Bilancio. – evidenzia Gabriele Buia Presidente di ANCE -. Si tratta di una misura indispensabile per la crescita e per la riqualificazione degli edifici che propria ora dopo una partenza faticosa sta accelerando”.

SAIE Bari: la fiera dell’edilizia

Dal 7 al 9 ottobre 2021, presso la Nuova Fiera del Levante di Bari, si svolgerà SAIE Bari, la fiera dedicata al settore delle costruzioni. Con un portafoglio di oltre 250 aziende in esposizione e il sostegno di 40 associazioni del settore tra cui ANCE, la manifestazione ritorna a Bari dopo il successo del 2019.
“Con il PNRR e il Superbonus 110%, le Istituzioni puntano decisamente sull’edilizia per rinnovare e rendere più green e digitale il parco infrastrutturale pubblico e privato – afferma Emilio Bianchi, Direttore di Saie -. Non a caso sostenibilità, efficientamento energetico, innovazioni tecnologiche e trasformazione digitale sono proprio i focus principali della nuova edizione barese di SAIE, la storica fiera delle costruzioni in Italia”.

Il convegno inaugurale di SAIE “Stati Generali del Superbonus 110% e degli altri incentivi fiscali” sarà incentrato proprio sulle opportunità legata e detrazioni.

Ecolamp: oltre 1.800 tonnellate di RAEE nel primo semestre

Nel primo semestre del 2021 Ecolamp ha gestito in tutta Italia 1.800 tonnellate di Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE). In particolare, il consorzio ha ritirato 903 tonnellate di piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo e apparecchi di illuminazione giunti a fine vita (raggruppamento R4), e 897 tonnellate di lampadine esauste (raggruppamento R5). Numeri in crescita del 12% nel primo semestre e in netta crescita rispetto allo scorso anno durante il lockdown.

“L’obiettivo per i prossimi mesi è di continuare a crescere nella quantità e qualità della raccolta, anche grazie alle campagne di comunicazione e informazione del consorzio, verso cittadini sempre più sensibili e consapevoli – commenta Fabrizio D’Amico, Direttore generale del consorzio Ecolamp –. Auspichiamo inoltre che gli investimenti previsti dal piano nazionale di ripresa e resilienza nell’ambito delle filiere del riciclo possano favorire e sostenere il percorso dal Paese nel raggiungimento degli obiettivi di recupero dei RAEE”.

Ecolamp raccolta RAEE e lampadine esauste

Per quanto riguarda le sorgenti luminose, i privati hanno conferito 518 tonnellate presso i centri di raccolta assegnati ad Ecolamp su tutto il territorio nazionale. Mentre 379 tonnellate sono state gestite attraverso i servizi volontari messi a disposizione per installatori e altri operatori professionali.

Lampadine esauste: la Lombardia la più riciclona

Nei primi sei mesi del 2021,il 45% della raccolta delle lampadine esauste gestita da Ecolamp è stato trainato da Lombardia, Veneto e Lazio. La Lombardia resta saldamente al primo posto con 206 tonnellate, seguita dal Veneto con 108 tonnellate e dal Lazio con 93 tonnellate. Tra le regioni più virtuose del sud troviamo la Calabria con 41 tonnellate di lampadine esauste raccolte.

Più di un terzo della raccolta di sorgenti luminose esauste – 341 tonnellate – è stato registrato da sole dieci province. Sul podio si confermano, anche per questo semestre, Milano con 63 tonnellate, Roma con 46, e Latina con 41 tonnellate. Bergamo guadagna la quarta posizione con 39 tonnellate, seguita da Torino con 31, Bologna con 26. Entrano per la prima volta nella top ten delle province virtuose nel riciclo dei RAEE Pisa e Monza e Brianza con 25 tonnellate ciascuna.

Utility dell’energia: quanto sono disposte a innovare per essere sostenibili?

Il percorso italiano della sostenibilità energetica riguarda i cittadini, le imprese, le istituzioni, ma anche e soprattutto le utility dell’energia. Se in questa epoca di pandemia, supportata da nuovi obiettivi climatici, le aziende ripensano le modalità di approvvigionamento e consumo energetico, i fornitori e i gestori delle reti si impegnano ad aggiornare prodotti, servizi e modelli di business. 

Quali sono le strategie in atto per gestire la necessità di innovare? Le utility si dimostrano attive nella ricerca di tecnologie emergenti, spesso attraverso investimenti in startup innovative e collaborazioni con player di altri settori. Testimoniano questo impulso i risultati dellEnergy Innovation Report 2021, elaborato dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano.

Innovazione sostenibile: cosa fanno le utility dell’energia

La terza edizione dello studio si apre proprio con l’analisi delle strutture e dei processi messi in atto dalle imprese dell’energia. I dati sono frutto di un questionario che ha coinvolto oltre 200 utility, per un totale di 50 risposte, sulla “capacità” di innovare. Vi mostriamo in seguito i principali risultati.

Utility dell'energia: percezione delle opportunità per la transizione energetica

Pronti alla transizione energetica?

L’84% dei rispondenti si dichiara preparato ad affrontare la sfida della transizione energetica, vista come opportunità di crescita con caratteristiche differenti in base al tipo di azienda. Le utility medio-piccole, infatti, puntano ad accedere a nuove categorie di clienti nei mercati già serviti, incrementando quindi la marginalità. Le grandi aziende vogliono invece entrare in mercati completamente nuovi.

Quasi tutte le aziende intervistate vedono nell’innovazione uno strumento chiave nell’evoluzione green. Restano tuttavia alcune barriere da abbattere: 

Basti pensare che il 56% delle utility ha manifestato una mancata propensione ad accettare i fallimenti. Nel 52% dei casi, inoltre, gli errori non vengono analizzati in ottica di apprendimento.

Dove si concentra l’innovazione?

Le utility dell’energia disposte a investire in processi innovativi nei prossimi anni interverranno principalmente sul portafoglio di prodotti/servizi (84%) e sui modelli di business (64%). Cala invece l’attenzione sul miglioramento dei processi interni, con il 36% delle risposte.

Interessante notare che per il 64% delle realtà intervistate l’impatto dell’innovazione si realizzerà soprattutto su aree periferiche. Ecco le più gettonate:

Si tratta di settori sempre più trasversali e rilevanti nelle value proposition delle aziende.

Il suo impatto sul business

I risultati dell’innovazione, in generale, sembrano arrivare. Il 50% di chi ha investito in prodotti o servizi afferma di aver ottenuto un significativo aumento del market share, e il 36% di averlo almeno consolidato. Tra le utility dell’energia che hanno dedicato un budget all’innovazione (75%) emerge la tendenza ad aumentarlo nel prossimo futuro. Non si rileva tuttavia l’intenzione di creare business unit dedicate – solo il 36% lo ha fatto -: si preferisce affidare il controllo dei progetti a unità organizzative già esistenti oppure sviluppare task force multifunzionali.

Utility dell'energia: l'impatto sul market share dell'innovazione

Emerge infine un importante limite nel misurare le performance dei processi di innovazione. I 2/3 delle utility analizzate, infatti, non ha adottato sistemi di monitoraggio dei KPI. Questo determina una forte difficoltà nel valutare e incentivare il contributo di collaboratori e team ai progetti in corso.

Verso la Open Innovation

Il 76% del campione intervistato ritiene che, per raggiungere gli obiettivi della transizione energetica, dovrà sviluppare nuove competenze e tecnologie. L’adozione di pratiche di Open innovation potrebbe minimizzare tempi e costi di questo processo. Lo ha già compreso il 48% delle utility intervistate. Tuttavia, permangono le barriere riscontrate nelle edizioni precedenti dell’Energy Innovation Report. In particolare,  l’assenza di una struttura organizzativa interna in grado di presidiare i progetti di Open Innovation, la difficoltà nell’identificare i partner adeguati e la mancanza di una cultura aziendale pronta a recepire questi modelli.

Si sta comunque diffondendo la percezione di un’opportunità tangibile, che consente di identificare nuove occasioni di business, acquisire risorse non disponibili internamente, anticipare minacce esterne o discontinuità tecnologiche. Tra le pratiche di Open Innovation più utilizzate spiccano gli internal idea generation contest (83% delle imprese adopter), lo scouting di start-up (50%) e le call4ideas (50%).

Utility dell'energia: gli ambiti tecnologici delle attuali start-up

Utility dell’energia: il ruolo delle start-up

Le start-up attive nel settore energetico aprono un capitolo interessante. Nel mondo ce ne sono ben 699 così distribuite:

A livello europeo, l’Italia si trova all’ottavo posto con 16 start-up. Prima troviamo Spagna (25), Olanda (29), Svezia (31), Francia (44), Regno Unito (62) e Germania(70). Quasi il 40% è attivo nella Smart Mobility, con una forte presenza di soluzioni legate all’autonomous driving e alla mobilità condivisa. Buona la copertura di Renewable Energy, Energy Storage e Smart Building; anche l’idrogeno vive una fase di espansione. Sul fronte dell’offerta, vince l’hardware con il 42% delle start-up, seguito dai servizi, al 29%. Crescono anche le offerte combinate di hardware e software (10%) e hardware e service (9%). 

Gli interruttori differenziali: guida alla scelta

Negli ultimi anni, la presenza di stadi elettronici non lineari – quali raddrizzatori, alimentatori a commutazione, inverter – una volta tipici degli apparecchi industriali, è divenuta sempre più diffusa anche negli apparecchi domestici. I circuiti non lineari – direttamente connessi all’alimentazione a 230/400 V degli apparecchi utilizzatori – fa sì che in caso di guasto, o anche in assenza di guasto, la corrente differenziale che circola sul cavo di protezione non sia di forma alternata sinusoidale come si avrebbe nel caso di circuiti lineari, ma sia deformata con la presenza di componenti continue e ad alta frequenza. Di conseguenza, si è evoluta anche la tecnologia degli interruttori differenziali (detti RCD secondo un diffuso acronimo internazionale) in grado di rilevare e interrompere correnti differenziali di forma via via più complessa.

Tipologie di interruttori differenziali

Secondo la norma internazionale IEC 60755 sono classificati nei tipi:

Si deve notare che la sequenza dal tipo AC al tipo B costituisce una successione crescente per prestazioni ove ogni tipo include tutte le caratteristiche dei predecessori.

Simboli differenziali di tipo AC, A, F, B
Tipi di interruttori differenziali caratterizzati da classi crescenti di forme di guasto
ABB interruttore differenziale tipo AC
ABB interruttore differenziale tipo AC

Interruttore differenziale di tipo AC

Gli interruttori differenziali di tipo AC sono stati i primi a essere introdotti sul mercato e ancora i più utilizzati per le applicazioni generali. Essi sono idonei a rilevare la corrente differenziale alternata alla frequenza di rete di 50 Hz.

Gli RCD di tipo AC, quindi, sono indicati in presenza di carichi lineari, quali le lampadine tradizionali o apparecchi riscaldatori elettrici privi di elettronica di controllo, oppure apparecchi non collegati a terra (isolati in classe II).

Interruttore differenziale di tipo A

Gli interruttori differenziali di tipo A, rilevano e interrompono anche correnti unidirezionali pulsanti di entrambe le polarità, comprese quelle parzializzate o sovrapposte a una componente continua sino a 6 mA. Sono le forme tipiche delle correnti di guasto a terra degli apparecchi monofase contenenti diodi, ponti raddrizzatori di vario tipo, dimmer per la regolazione di lampade.

ABB interruttore differenziale tipo A
ABB interruttore differenziale tipo A

Questo non significa che gli RCD di tipo A rilevino la corrente differenziale continua, ma che la presenza di una componente continua sino a 6 mA, non altererà il comportamento dell’interruttore differenziale. Il valore di 6 mA è la massima corrente continua di guasto ammessa per gli apparecchi utilizzatori dotati di spina domestica (IEC 61140).

Interruttore differenziale di tipo F

Gli apparecchi differenziali di tipo F, che sono una evoluzione dei tipo A, hanno inoltre la capacità di rilevare e interrompere anche correnti differenziali multifrequenza, cioè composte da più frequenze oltre a quella di rete. Si tratta delle forme tipiche degli inverter monofase a frequenza variabile utilizzati per l’azionamento di motori, ormai di impiego comune su diversi elettrodomestici quali lavatrici, condizionatori, pompe di calore.

L’immunità alla corrente differenziale continua è innalzata a 10 mA. Inoltre, i differenziali di tipo F, hanno una elevata immunità ai disturbi (tenuta agli impulsi di corrente di breve durata) contribuendo a risolvere il fastidioso problema degli scatti intempestivi che la presenza dei moderni elettrodomestici contribuisce a provocare.

Interruttore differenziale di tipo B

ABB differenziale tipo B
ABB differenziale tipo B

L’interruttore differenziale di tipo B estende ulteriormente le prestazioni ed è in grado di coprire in pratica qualunque applicazione. Infatti, gli interruttori di tipo B sono sensibili anche alla corrente differenziale continua senza ondulazione, positiva o negativa, alla corrente differenziale alternata sino a 1 kHz, alla sovrapposizione di corrente differenziale alternata e corrente differenziale continua, alla corrente differenziale proveniente da raddrizzatori bifase e trifase.

Le applicazioni sono prevalentemente ma non esclusivamente trifase e includono gli inverter per l’azionamento dei motori, i convertitori statici in genere, i sistemi di ricarica dei veicoli elettrici, le macchine biomedicali, gli impianti fotovoltaici, i sistemi di accumulo.

Nella tabella 1 sono elencate le forme d’onda di prova della corrente differenziale di intervento per i diversi tipi di RCD (applicate istantaneamente o lentamente crescenti, positive o negative) assieme al simbolo posto nella marcatura degli RCD per identificarli.

correnti di guasto differenziali
Tabella 1– Forme delle correnti di guasto di prova per gli interruttori differenziali e loro simboli

Per ognuna delle forme d’onda di prova, le norme di prodotto degli interruttori differenziali prevedono un aumento della soglia di intervento rispetto a quella nominale (per esempio 30 mA) per tenere conto della minore pericolosità sul corpo umano delle correnti continue o ad alta frequenza.

Per esempio, un differenziale da 30 mA di tipo A, F o B, deve intervenire con una corrente pulsante pari o superiore a 42 mA, mentre un differenziale di tipo B sempre da 30 mA deve intervenire con una corrente continua pari o superiore a 60 mA.

Selezione dei differenziali di tipo AC, A, F e B

Per la scelta del tipo di RCD – AC, A, F o B – da parte dell’installatore o del progettista dell’impianto, si deve tener conto della possibile corrente di guasto causata dagli apparecchi utilizzatori che si intendono alimentare. Un interruttore differenziale non idoneo ai carichi può comportare conseguenze spiacevoli di varia gravità, che vanno dall’intervento intempestivo al mancato o ritardato intervento in presenza di guasto.

In generale, si possono seguire i seguenti criteri generali:

  1. Stima della possibile forma d’onda della corrente di guasto degli apparecchi utilizzatori tenendo conto della loro configurazione circuitale interna.
  2. Le informazioni o le raccomandazioni dei fabbricanti degli apparecchi che l’installatore è tenuto a rispettare. In caso di dubbi, l’installatore dovrebbe chiedere al corrispondente fabbricante indicazioni circa la possibile corrente di guasto e di conseguenza del tipo di differenziale idoneo all’apparecchio.
  3. Espliciti requisiti o raccomandazioni normative.

Per questo ultimo aspetto, la normativa non è identica in tutti i paesi (in diverse nazioni, per esempio, i differenziali di tipo AC non sono ammessi e per tutte le applicazioni sono necessari interruttori differenziali almeno di tipo A). In Italia si segue la norma CEI 64-8 e le altre norme applicabili.

Cosa dice la normativa

Nella tabella 2 vi è un riepilogo dei principali casi ove le norme italiane richiedono o raccomandano esplicitamente l’installazione di differenziali almeno di tipo A. In tutti i casi si intende “se i differenziali sono necessari”: per esempio in un impianto industriale TN la protezione dai contatti indiretti potrebbe non richiedere alcun interruttore differenziale, mentre in un impianto TT i differenziali sono sempre obbligatori.

normative e interruttori differenziali Tipo A, F, B
Tabella 2 – Dove le norme richiedono differenziali tipo A, F o B

Autore: Ing. Claudio Amadori ABB S.p.A. per ElettricoMagazine