A Taiwan non piove (e qui c’è carenza di microchip)

No, non è un errore di battitura. E sì, le due cose sono collegate.
Su Elettricomagazine parliamo, tra le altre cose, di tecnologie per la casa connessa: termostati intelligenti, videocamere di sorveglianza, ma anche di climatizzatori e impianti fotovoltaici.

Cos’hanno in comune tutti questi dispositivi apparentemente così diversi tra loro? Esatto, contengono uno o più microchip, il “cervello” che serve per farli funzionare.
Ma perché dovremmo essere interessati a cosa succede a Taiwan, in particolare al meteo?

Innanzitutto occorre tenere presente che una fetta consistente dei produttori di microchip ha stabilimenti proprio a Taiwan. La produzione è stata rallentata a inizio dello scorso anno a causa della pandemia, ma si è ben presto ripresa sfornando quasi a pieni volumi. Il problema è che a quel punto la domanda era a totale beneficio di Sony e Microsoft per il lancio delle nuove console da gioco (Playstation 5 e Xbox Serie X e Xbox Series S) e di alcuni produttori di schede grafiche per computer.
La situazione non mostra segni di miglioramento, anzi: ci si è messo di mezzo anche il meteo.

A Taiwan manca l’acqua

Già perché nelle ultime settimane c’è stato un calo delle piogge nella zona – situazione anomala vista la stagione – che ha imposto alle autorità locali un razionamento dell’acqua (secondo i media locali, al momento sono in allarme arancione). Il fatto è che le fabbriche che realizzano i wafer di silicio dai quali vengono ricavati i microchip consumano molta acqua e, seppure con l’aiuto di processi che consentono di riciclarne buona parte, si tratta pur sempre di realtà idrovore.

Microchip

Per questo motivo ci si aspetta una ulteriore riduzione nella produzione di questi componenti che, come ricordavamo all’inizio, sono presenti un po’ in tutti i dispositivi elettronici.

Ciò significa che potrebbe esserci una reazione a catena che porterà le aziende che assemblano i nostri dispositivi (sono incluse anche le automobili, i televisori, i telefonini ecc.) a interrompere la produzione, con conseguente carenza di prodotti sugli scaffali.

Un po’ come già è avvenuto (e in parte ancora avviene) con i computer, andati a ruba durante il primo lockdown per rispondere alla domanda di smart working e di didattica a distanza.
Cosa fare, quindi?

Se si ha in mente di fare un acquisto e il prodotto è disponibile, non aspettate troppo: potrebbero non esserci i classici sconti ma, anzi, potrebbe esserci meno scelta (e potrebbero rimanere solo i dispositivi di fascia alti, più costosi).

Innovazione digitale al servizio del settore farmaceutico

Mai come oggi il settore farmaceutico è sotto i riflettori.
Sono alte le aspettative quando occorre coniugare qualità, Risk Management, sicurezza, compliance normativa e standardizzazione.

Una sfida che fino a non molti anni fa sarebbe stata impossibile da vincere ma che oggi, grazie alla rivoluzione digitale, è realizzabile.

Le sfide del settore farmaceutico

Filiera settore farmaceutico

Sul fronte produttivo occorre tenere ben presente anche parametri che considerino la migliore produttività possibile unita alla riduzione degli sprechi (e quindi dei costi).

Attività che ricadono all’interno di regole ben precise, come le Good Manufacturing Practice (GMP), le Good Engineering Practices (GEP) e la garanzia dell’integrità di dati e prodotti. A queste si aggiunge, relativamente alla parte legata alle soluzioni di automazione e monitoraggio dei processi produttivi, la conformità alla CFR21 part 11, redatta dalla FDA (Food and Drug Administration).

Schneider Electric supporta questo settore mettendo a disposizione piattaforme e soluzioni digitali capaci di rispondere anche alle esigenze più spinte.

EcoStruxure, ad esempio, nasce per gestire in tempo reale le prestazioni di macchine e di interi impianti, migliorandone l’efficienza e implementando una solida catena per la tracciabilità end-to-end.

Le regole da osservare: FDA CFR21 parte 11

Come evidenziato, la compliance normativa è fondamentale per poter operare nel settore farmaceutico. Tra le normative che regolamentano il settore, una delle più importanti è la CFR21 Part 11, redatta dalla FDA.

Lo scopo di questa normativa è quello di ottenere la equivalenza legale dei documenti elettronici (record digitali e firma elettronica) rispetto a quelli cartacei tradizionali. Affinché il sistema di automazione e controllo realizzato sia conforme alla normativa CFR21 Part 11, è necessario che i dati registrati siano sempre riconducibili all’operatore responsabile (Firma Elettronica); inoltre sono necessarie precauzioni specifiche che rendano impossibili falsificazioni o manomissioni dei dati registrati elettronicamente, o che consentano una loro agevole identificazione in caso di utilizzo inappropriato.

EcoStruxure Building Operation Compliance Pack

Con la versione 3.2 di EcoStruxure Building Operation, l’offerta di Schneider Electric è in grado di rispondere alla normativa FDA CFR21 Part 11.

Uno specifico Compliance Pack include infatti una serie di funzionalità e audit trail tramite firme elettroniche e record elettronici protetti, per ogni tipo di soluzione BMS e EMS richiesta dal settore.

Il Compliance Pack integra un archivio completo di tutti gli eventi di sistema e, qualora necessario, li rende accessibili sia ai clienti, sia alle autorità di regolamentazione al fine di garantire l’integrità ambientale del prodotto lungo l’intero ciclo produttivo.

Storage elettrico: il futuro dell’Europa si chiama accumulo

Allo sviluppo di tecnologie per l’accumulo è affidata una parte delle speranze per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo. Lo storage elettrico, che ha grandi capacità installative di FER (fonti di energia rinnovabile), è un facilitatore della transizione energetica. Ecco perché svilupparlo è tanto importante. Il tema non è esclusivamente tecnologico o di servizi che si verranno a creare. Ha a che fare anche con lo sviluppo di politiche atte a incoraggiare investimenti e normare il settore, a livello nazionale ed europeo.
Se n’è discusso durante il webinar Technology Watch di Elettricità Futura (EF) dedicato a “Lo storage elettrico abilitatore della transizione energetica”.

Lo storage elettrico e gli obiettivi europei

Guardare al futuro elettrico in chiave europea è indispensabile, in quanto gli obiettivi anche nazionali al 2030 devono modellarsi sul Green Deal europeo. L’UE ha fissato l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 ad almeno il 55% al 2030 rispetto al 1990. E il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) italiano sviluppato a fine 2019 dovrà essere allineato al nuovo target 2030. Dovrà quindi prevedere:

Come spiegato da Alessio Cipullo (Elettricità Futura), questo significa la necessità di una capacità incrementale di 65 GW per passare dai 55 GW previsti nel preconsuntivo del 2020 ai 120 GW del target 2030 del Green Deal. Nello specifico dovrà aumentare anche la capacità di accumulo addizionale che il piano italiano aveva previsto di 10 GW.

capacità rinnovabili al 2030

La capacità delle rinnovabili e l’evoluzione al 2030 per raggiungere il target Green Deal

Traguardi impegnativi, dunque, ma il nuovo “patto verde” che l’Unione si è data porterà al settore elettrico italiano una serie di vantaggi:

«Occorre però un cambio di passo» sottolinea Cipullo, perché se continueremo come stiamo facendo «arriveremo a 120 GW solo nel 2085».

Storage mix di tecnologie: quali le più promettenti?

Lo storage è un mondo molto variegato ed è un mix di tecnologie con caratteristiche diverse delle quali occorre tenere conto. Le più promettenti sono:
– le batterie (stoccaggio elettrochimico)
– i pompaggi idroelettrici (PHS, Pumped Hydro Storage).

Per quanto riguarda le batterie, si stima che entro il 2025 si potrà raggiungere una potenza installata di oltre 40 GW. «Al momento la tecnologia agli ioni di litio è quella preponderante e ci sono tantissime evoluzioni. Uno sviluppo interessante è quello delle batterie allo stato solido che rappresentano la tecnologia più promettente» spiega Cipullo.

Uno dei mercati europei più avanzati in questo campo è proprio l’Italia, aggiunge David Post, presidente di EASE, l’European Association for Storage of Energy. Un mercato che potrebbe quindi essere molto interessante per attrarre numerosi investimenti.

Determinante nei progetti italiani è il supporto di Mise (Ministero dello sviluppo economico), Terna e Arera. «Già nel 2017 Arera diede il via a diversi progetti pilota per avviare lo sviluppo, l’anno seguente, dei primi progetti di storage dedicati, in particolare, alle batterie» spiega Post. «Seguirono nel 2019 i progetti di Terna che, nel 2020, lanciò il Fast Reserve – servizio di regolazione ultra-rapida di frequenza –, con l’assegnazione all’asta di 250 MW».

Installazioni di storage elettrico- previsioni

Installazioni cumulative di batterie in Europa, dati in MW

E mentre lo stoccaggio elettrochimico sta rapidamente guadagnando quote di mercato, in forte crescita sono anche gli impianti di pompaggio idroelettrico. Tanto più se si considera che nel 2020 in tutta Europa la loro capacità installata di stoccaggio è aumenta del 90%, come ricorda Brittney Elzarei (EASE). La manager sottolinea quanto siano fondamentali una politica e una regolamentazione comuni in Europa su questi temi, senza dimenticare la necessità che ogni Stato membro dell’UE implementi il pacchetto sull’energia pulita all’interno del proprio diritto nazionale.

Si tratta di obiettivi che devono essere comuni e condivisi. Ancora una volta l’accumulo d’energia rappresenta un tassello fondamentale per la transizione energetica e a tale proposito, Elzarei ricorda come EASE abbia identificato 10 priorità per il settore dello storage. L’intento è dare impulso alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie per l’accumulo elettrico, sostenendo gli investimenti nel settore. Incentivare il mercato a livello di tecnologie e di servizi. E ancora spingere l’integrazione dello storage nelle politiche comunitarie e nazionali.

DriWe con DKV e Charge4Europe per la ricarica elettrica

Dal 14 febbraio scorso fare il pieno di “carburante elettrico” sarà un po’ più facile in tutta Europa.

Attraverso Charge4Europe, joint venture DKV Euro Service e Innogy eMobility Solutions, le colonnine di ricarica DriWe accettano infatti la DKV Card +Charge.

Una carta DKV (anche) per la ricarica elettrica

L’ansia da autonomia (o range anxiety) è uno dei freni alla diffusione dei veicoli elettrici. Alzi la mano chi, pensando alle auto elettriche, non ha pensato che “restare a secco” lontani da una colonnina di ricarica possa essere un problema.

O, peggio ancora, vicini a una stazione di ricarica elettrica ma senza la possibilità di utilizzarla a causa di un abbonamento differente dal proprio, o da una modalità di pagamento sconosciuta.

In Europa sono infatti disponibili centinaia di migliaia di punti per la ricarica elettrica, con tanti operatori e diversi attori. Una chiave per migliorare la user experience dell’utente della mobilità elettrica è ridurre il numero di carte e app ancora necessarie per accedere a tutte le infrastrutture disponibili.

Per questo motivo è nata Charge4Europe, la joint venture fondata da DKV Euro Service e Innogy eMobility Solutions attraverso la quale DKV ha deciso di fornire una nuova funzionalità, inclusa nella stessa carta carburante che i clienti sono abituati a utilizzare per la ricarica, di qualsiasi tipo e ovunque in Europa.

Ora che anche l’Italia ha un numero considerevole di punti di ricarica elettrica per veicoli a batteria, la strategia applicata in Germania e in altri paesi può essere estesa anche da noi.

DriWe è stata selezionata da DKV per aderire a questo nuovo piano di espansione, lavorando insieme per trovare il miglior modo disponibile per semplificare e agevolare l’esperienza utente.

Unendo le forze, le due società hanno recentemente firmato un accordo che prevede, nei prossimi mesi e anni, di aggiungere alla rete Charge4Europe i punti di ricarica di proprietà e gestione di DriWe, grazie allo sviluppo del roaming e dei servizi che possono essere offerti ai conducenti di veicoli elettrici.

Raggi UV dal nuovo robot autonomo di LG

Cosa è possibile creare combinando robotica, intelligenza artificiale e veicoli autonomi?
Nei mesi scorsi i tecnici di LG Electronics si sono posti questa domanda, la cui risposta è un robot presentato in occasione della versione virtuale del CES di Las Vegas 2021.

Questo robot autonomo utilizzerà la luce ultravioletta C (UV-C) per disinfettare le superfici toccate più frequentemente e sarà disponibile a breve per hotel, ristoranti, negozi, aziende e scuole negli Stati Uniti.

Raggi UV per un ambiente disinfettato

Robot LG a raggi UV

Questo robot UV autonomo arriva in un momento in cui l’igiene è la massima priorità per gli ospiti degli hotel, per gli studenti e per i clienti dei ristoranti. Le persone potranno vivere più tranquillamente grazie al robot LG UV, che li aiuterà a ridurre l’esposizione a germi potenzialmente dannosi.

Il nuovo robot di LG offre dunque un nuovo standard di igiene, aiutando a disinfettare le aree particolarmente trafficate e in cui avvengono più frequentemente dei contatti.
Il robot sarà completamente autonomo e potrà muoversi facilmente attorno a tavoli, sedie e altri mobili, irradiando quelle superfici che vengono toccate più frequentemente all’interno di una stanza in 15-30 minuti, disinfettando più aree con una singola carica della batteria.

Progettato per essere facile da usare, il robot LG può essere integrato nella routine delle pulizie ordinarie senza che sia necessaria una formazione specifica del personale sul suo funzionamento. Il personale sarà in grado di monitorare i progressi tramite aggiornamenti da remoto su smartphone o tablet. L’esposizione ai raggi UV sarà ridotta al minimo, grazie a un blocco di sicurezza integrato che viene attivato da sensori di rilevamento del movimento umano, premendo un pulsante di arresto di emergenza o tramite l’app.

Opportunità Superbonus 110%: condominio e parti non residenziali

L’efficientamento energetico del parco immobiliare italiano si colloca in un quadro di maggior respiro, delineato anche dal Clean Energy Package europeo e dagli obiettivi di sostenibilità fissati per il 2030. Così nascono le strategie messe in atto dal nostro Paese di favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili, la decarbonizzazione e l’efficienza energetica.

Per quanto riguarda gli edifici, ad esempio, il risparmio entro il 2030 di energia finale consumata dovrà essere di almeno 3,3 Mtep. Per riuscire in questo intento, è essenziale intervenire sugli edifici esistenti attraverso interventi di riqualificazione energetica.

Uno studio combinato di ENEA, Istituto per la Competitività e Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionisti ha analizzato i dati relativi alle prestazioni energetiche degli edifici italiani nel 2019. Ne è emerso che la maggior parte di essi (circa il 70%) si colloca nelle classi energetiche E, F e G. Gli edifici in classe A (A1-A4) e B, invece, non arrivano al 15%. Lo studio, infine, cerca di trovare anche una risposta in merito alle principali barriere che ostacolano la rigenerazione del parco immobiliare italiano e, al primo posto, si colloca lo scoglio economico.

Il Superbonus come opportunità per la riqualificazione

La premessa fatta rende chiaro come adeguati meccanismi di supporto ed incentivazione possano essere la soluzione per favorire l’esecuzione di interventi – anche costosi – di riqualificazione energetica. In questo senso, il Superbonus 110% si presenta come un’interessante opportunità. Da quando è stato introdotto con il Decreto Rilancio nel mese di maggio 2020, per poi divenire operativo dopo l’estate, si è assistito ad un certo fermento nel settore edile, con una sempre crescente richiesta di informazioni, valutazioni e richieste concrete di intervento.

Tecnici e imprese si sono trovati ad affrontare un tema complesso in pochi mesi e, per quanto in molti siano spinti dall’impressione che il Superbonus 110% significhi “interventi gratis”, rimane una potenziale ma concreta spinta per la riqualificazione del patrimonio edilizio. Ma quali sono le opportunità più interessanti quando si parla di Superbonus? Tra queste, ci sono sicuramente i condomìni, una tipologia edilizia molto diffusa in Italia e spesso non in buone condizioni. Secondo gli ultimi dati Eurostat, più del 50% degli italiani vive in un appartamento in condominio e l’età media dei condomìni in Italia è di circa 60 anni. Oltretutto, intervenire su edifici di certe dimensioni richiede investimenti onerosi e lavori impegnativi, spesso invasivi.

riqualificazione con i bonus per l'edilizia

Cosa si può fare con il Superbonus in condominio

Grazie anche alla Guida e alle circolari dell’Agenzia delle Entrate, sono chiari gli interventi che possono essere eseguiti sugli immobili e che danno possibilità di accesso al Superbonus 110%. Innanzitutto, i condomìni rientrano tra gli immobili ammessi, purché il proprietario non un unico soggetto. In questo caso, infatti, non si costituisce un condominio. In sostanza, conta la proprietà effettiva di ogni singola unità immobiliare.

Tra gli interventi trainanti, ovvero che permettono l’accesso al maxi bonus, ci sono:

A questi interventi trainanti, da eseguire sulle parti comuni del condominio, possono essere abbinati ulteriori interventi trainati, anche nelle singole unità immobiliari. Questo significa che se si esegue il cappotto termico sull’intero condominio, un condomino potrà far rientrare nel Superbonus anche la sostituzione della propria caldaia autonoma o far installare una colonnina elettrica per la ricarica delle auto in uno spazio di propria pertinenza. Altri interventi trainati possono essere la sostituzione degli infissi, l’installazione di pannelli solari e sistemi di accumulo e gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche.

Per i condomìni, poi, l’Agenzia delle Entrate specifica che sono ammessi al Superbonus tutti gli interventi eseguiti sulle parti comuni fino al 31 dicembre 2022, purché raggiungano il 60% dei lavori complessivi entro il 30 giugno 2022.

Il calcolo della detrazioni per gli interventi trainanti viene fatto sulla base della tipologia di edificio e del numero di unità immobiliari presenti. Ad esempio, nel caso dell’isolamento termico la spesa ammissibile è di:

La suddivisione delle spese in condominio avviene in base ai millesimi e il Superbonus può essere goduto sotto forma di detrazione fiscale, come cessione del credito o sconto in fattura.

E se il condominio non è interamente destinato alla residenza?

La guida dell’Agenzia delle Entrate aveva inizialmente escluso tutti gli edifici non residenziali dall’accesso al Superbonus. A seguito della posizione presa dalla Suprema Corte di Cassazione sono state riviste queste interpretazioni e, con la risposta 538/2020 dell’Agenzia delle Entrate, arriva una rettifica che prevede di ammettere al Superbonus anche gli interventi sugli edifici non residenziali, a condizione che questi siano finalizzati ad un cambio della destinazione d’uso, che dovrà diventare residenziale.

Ma per quanto riguarda i condomìni, va fatta un’ulteriore puntualizzazione. Può capitare, infatti, che all’interno di un condominio ci siano anche zone dedicate ad attività differenti da quella residenziale, ad esempio commerciali. In questo caso, i proprietari delle unità immobiliari destinate ad altre funzioni, possono rientrare sempre nel Superbonus in caso di interventi sulle parti comuni dell’edificio, a condizione che questo sia per la maggioranza (>50%) destinato alla residenza.

Superbonus 110%: software di progettazione termotecnica STIMA10

Per supportare i professionisti nell’eseguire i calcoli necessari per rispondere al provvedimento legislativo Superbonus 110% per gli interventi di efficienza energetica sugli edifici ed impianti, Watts propone il software STIMA10.

Il software nella versione 10.4.x:2020 riproduce le simulazioni di calcolo degli interventi migliorativi per verificare il miglioramento di almeno 2 classi energetiche e supporta nella preparazione della documentazione richiesta.

verificare il salto di due classi con il software Stima10

Cosa si può fare con il software STIMA10

Facile da utilizzare, il software professionale consente di:

Simulazione intervento STIMA10

Come acquistare il software

Il software STIMA10, certificato CTI n.74, è distribuito da Watts ed è acquistabile in licenza d’uso.
Alla versione di base – dedicata al calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici con procedure secondo norme Serie UNI TS 11300 e generazione Relazione tecnica L10/APE- è possibile aggiungere altri applicativi quali:

Per maggiori informazioni e approfondimenti normativi è possibile visitare il sito www.idronicaline.net.

Nel 2020 boom di investimenti europei sull’eolico offshore

È ormai acclarato che quello della green economy è stato ed è uno dei pochissimi settori capace di assorbire senza troppi danni l’impatto globale del coronavirus. Un’ennesima conferma la si è avuta recentemente con i risultati di un’indagine condotta da WindEurope e riguardante uno dei settori più importanti nell’ambito delle fonti rinnovabili, l’eolico offshore.

Crescita continua nonostante la pandemia

Il 2020, infatti, si è rilevato un anno di pieno sviluppo per il comparto europeo dell’eolico offshore, esattamente come anticipato dalle previsioni, però effettuate in precedenza al dilagare del coronavirus e questo ci riporta all’assunto di partenza… In particolare, lo studio indica che l’anno scorso in Europa sono stati raccolti 26 miliardi di euro per la realizzazione nei prossimi anni di fattorie offshore. Una cifra record destinata a finanziare progetti che aggiungeranno ben 7,1 GW alla capacità eolica del Vecchio continente.

“Il risultato ottenuto nel 2020 rappresenta una manifestazione di grande fiducia sulle prospettive dell’eolico offshore – ha dichiarato Giles Dickson, amministratore delegato di WindEurope -. Gli investitori dimostrano così di considerare il settore economico, affidabile e resiliente. Nei prossimi anni realizzeremo quindi nuove fattorie oltre a dotarci di nuove turbine”.

Eolico offshore: 200.000 posti di lavoro entro il 2030

Dickson ha anche sottolineato le forti ricadute sull’occupazione che derivano dalla crescita dell’eolico offshore: “Gli investimenti programmati nei prossimi anni creeranno importanti ritorni economici e molti nuovi posti di lavoro. Noi stimiamo che ogni nuova turbina installata in mare genera 15 milioni di euro di attività economiche. E così, le 77.000 persone attualmente impiegate in questo settore sono destinate a divenire 200mila entro il 2030”.

Tornando ai numeri, l’indagine WindEurope quantifica in 2,9 GW la capacità eolica aggiuntiva realizzata l’anno scorso da fattorie offshore, portando così la capacità complessiva del segmento al livello di 25 GW. In particolare, nelle acque limitrofe al territorio europeo sono divenuti operativi nove impianti appartenenti a cinque nazioni.

L'eolico offshore è particolarmente utilizzato nel Nord Europa

Nel 2020 Olanda leader per nuova capacità installata

Uno sviluppo, quello nel 2020, che ha visto l’Olanda recitare la parte del leone con oltre la metà (1.493 MW) della capacità complessiva installata. A seguire troviamo il Belgio con 706 MW, Regno Unito (483 MW) e Germania (219 MW). C’è poi da considerare il Portogallo che l’anno scorso ha completato l’installazione del suo primo impianto eolico offshore. Al momento, gli impianti europei posizionati in mare sono 116 in totale suddivisi per 12 Paesi. Ed ancora, l’Unione europea ha fissato un obiettivo di 300 GW di capacità da raggiungere entro il 2050.

Bisogna aggiungere anche un elemento poco confortante che emerge dallo studio, ovvero l’attuale scarso attivismo del nostro Paese nel settore nonostante la sua posizione geografica privilegiata. Quest’anno è attesa l’entrata in funzione di un impianto da 10 turbine al largo di Taranto per una capacità complessiva vicina ai 100 MW.

L’obiettivo fissato dal PNIEC per l’Italia

La situazione dell’offshore italiano dovrà però continuare ad evolversi nei prossimi anni in base a quanto stabilito dal PNIEC (il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima). Infatti, con questo documento lo Stato si è impegnato a dotare l’Italia di una capacità eolica offshore di almeno 1 GW entro il 2030. Una stima probabilmente prudenziale se si pensa che entro lo stesso termine il PNIEC indica ben 21 GW generati dall’eolico terrestre.

Gli aumenti delle materie plastiche colpiscono anche l’industria dei cavi

La carenza delle materie plastiche sta creando molte difficoltà all’industria dei cavi a causa sia delle difficoltà di approvvigionamento sia per aumento di costi che, ovviamente si ripercuote sui prezzi di vendita del cavo come prodotto finito.

ANIE AICE – l’Associazione che all’interno di Federazione ANIE rappresenta le aziende produttrici di cavi per energia e accessori, cavi per comunicazione e conduttori per avvolgimenti elettrici – ha sottolineato che si sta verificando un aumento prezzi delle materie prime che non accenna ad arrestarsi come ad esempio del polipropilene e polietilene ad alta e a bassa densità, del polivinilcloruro (PVC).

Un allarme condiviso da Unionplast – associazione di Federazione gomma Plastica di Confindustria – che evidenzia una forte crescita dei listini delle principali resine termoplastiche tra ottobre dell’anno scorso e fine gennaio 2021. Solamente tra ottobre 2020 e gennaio 2021 l’incremento del costo delle materie di base di polietilene (LDPE base e LLDPE butene) e di PVC è stato del 20%.

“ANIE AICE si unisce alle associazioni nazionali ed europee della filiera gomma, plastica e packaging nel lamentare l’insostenibilità di questa situazione – commenta Carlo Scarlata, Presidente di AICE –. Chiediamo comprensione da parte di tutti gli attori della filiera e della trasformazione delle materie plastiche perché collaborino a mantenere la salute di un comparto, quello dell’industria dei cavi, già messo a dura prova in questi anni. Ci troviamo ad affrontare una domanda interna ancora debole, che deve essere incoraggiata: l’impossibilità di approvvigionamento di materie prime per la nostra industria significherebbe in questo senso un colpo durissimo, una situazione che va assolutamente scongiurata.”

L’evoluzione del mercato Smart Home ai tempi del Covid

Il 2020 è stato un anno di alti e bassi per il mercato delle soluzioni Internet of Things (IoT) per la Smart Home nel nostro paese. La pandemia legata al Covid-19 non ha permesso di confermare il trend di crescita degli scorsi anni, pari rispettivamente al più 52% nel 2018 e al più 40% nel 2019. Nel suo complesso il mercato della Smart Home ha comunque retto, facendo registrare nel 2020 solo una lieve flessione del -5%.

Questi sono alcuni dei risultati della nuova ricerca sulla Smart Home realizzata dall’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano. L’analisi è stata presentata nel corso del convegno “Stay at Home, stay in a Smart Home: la casa intelligente alla prova del Covid”. Ma quali sono le applicazioni per la casa intelligente che sono state maggiormente vendute nel corso del 2020? Addentriamoci in un visione più dettagliata.

Il quadro attuale

La casa costituisce da sempre uno dei contesti principali per poter spiegare l’Internet of Things. Nell’ultimo anno l’ambiente domestico ha acquisito ulteriore importanza, essendo divenuto anche luogo di lavoro. Il particolare quadro creatosi nel corso del 2020 come conseguenza della pandemia ha permesso agli italiani di acquisire una maggiore consapevolezza sull’importanza del digitale, accrescendo nel contempo la rispettiva capacità di utilizzo dei vari device. Un altro aspetto che ha contraddistinto l’anno appena trascorso è stato l’introduzione di incentivi importanti, fruibili anche nei mesi a venire. Questa componente sta contribuendo a rendere ancor più centrale il ruolo dellacasa intelligente.

Partendo da tali presupposti, che tipo di risposte ha fornito il mercato della Smart Home negli ultimi mesi? Nel periodo antecedente all’emergenza sanitaria eravamo abituati a un mercato caratterizzato da tassi di crescita molto elevati di anno in anno. Un mercato che nel 2019 era riuscito a superare la cifra di ben 500 milioni di euro. La pandemia ha colpito molti comparti dell’economia italiana. Non è stato escluso il comparto della Smart Home, che ha subito un rallentamento nella sua crescita rispetto al trend degli anni precedenti. Tuttavia, a differenza di altri settori, il mercato della casa intelligente ha comunque retto, facendo registrare un valore superiore al mezzo miliardo di euro, con una lieve decrescita pari al -5%.

Si tratta di un buon risultato, se si considera il contesto emergenziale in cui le imprese hanno dovuto operare. Tra i mesi di marzo e di maggio, durante il primo lockdown, le vendite sono infatti drasticamente crollate, con una perdita oscillante in molti casi tra il -60% e il -100% rispetto allo stesso trimestre del 2019. Sono invece andati meglio gli altri mesi dell’anno, con buoni tassi di crescita nel periodo pre-emergenza, tra gennaio e febbraio, ma anche tra settembre e novembre.

Se confrontata con il resto dell’Europa, l’Italia ha evidenziato andamenti simili alla Francia e alla Spagna. In Germania e nel Regno Unito, il mercato della Smart Home, che già nel 2019 risultava più maturo, è riuscito invece a crescere a doppia cifra. Le differenze si devono con ogni probabilità anche alle diverse strategie adottate dai vari paesi europei nelle gestione della pandemia.

Gli italiani si fanno più Smart

Al di là del mero impatto sulle vendite, i periodi di lockdown e di semi-lockdown hanno spinto le persone a modificare significativamente il rapporto con la propria abitazione. Ciò ha favorito in primo luogo l’uso di alcuni oggetti Smart in casa. Allo stato attuale delle cose, il 67% dei consumatori dichiara infatti di utilizzare “spesso” le soluzioni acquistate. Per di più, la necessità di “stare in casa” ha permesso di riscoprire nuove abitudini, quali ad esempio la passione per la cucina. Al tempo stesso ha incrementato il desiderio in molte persone di rinnovare la propria abitazione, con importanti ricadute sull’acquisto di oggetti Smart funzionali alla nuova modalità di vivere. A fare da traino alle propensione di ristrutturare i contesti domestici sono stati anche il Superbonus 110% e l’Ecobonus, agevolazioni fiscali che nell’ambito specifico della Smart Home hanno favorito soprattutto le vendite di caldaie, di termostati e di climatizzatori intelligenti.

Mercato Smart Home in Italia: i trend del 2020

Il primo grande trend riguarda l’ampliamento dell’ecosistema dei prodotti proposti ai consumatori. Nel corso del 2020, nuove aziende si sono approcciate al mercato della Smart Home, vedendo in esso un grande potenziale oltre che una scommessa importante da abbracciare. È il caso, ad esempio, del settore automotive che si è contraddistinto per la crescente offerta di vetture capaci di integrare sempre di più le funzioni presenti all’interno dell’abitacolo con la casa.

Ma qual è stata l’effettiva suddivisione del mercato rispetto alle tipologie di soluzioni vendute?

Mercato Smart Home in Italia nel 2020
Mercato Smart Home in Italia nel 2020 – Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano

Sicurezza

Se lo stare molto tempo in casa ha favorito le vendite di alcune soluzioni Smart, ciò non è altrettanto vero per la sicurezza, che pur mantenendo ancora il primo posto nella classifica delle vendite (21% del mercato, con circa 105 milioni di euro), ha tuttavia registrato una significativa battuta d’arresto (-30% nel 2020). Questa tendenza è confermata dallo stesso consumatore: la sicurezza si è dimostrata ancora al primo posto tra le motivazioni d’acquisto di oggetti Smart, ma in forte calo rispetto ai 2019 (27% vs 36%). Come puntualizzato da Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things, la decrescita non è derivata da una mancanza di soluzioni innovative da parte del comparto della sicurezza ma è piuttosto “dipesa dalle nuove abitudini di vita degli utenti in casa”.

Smart Speaker

A livello di vendita, gli Smart Speaker affiancano al primo posto le soluzioni per la sicurezza con 105 milioni di euro (21% del mercato, +10%). Il 2020 è stato un anno importante per l’ulteriore affermazione di questi dispositivi, grazie anche allo sviluppo di nuove partnership e all’aggiunta di numerose skill. Il mercato degli Smart Speaker è stato trainato in particolar modo dall’introduzione di dispositivi dotati di display.

Altra dato interessante è costituito dal fatto che a oggi gli Smart Speaker vengono sempre più utilizzati come hub per gestire altri prodotti intelligenti. I dati evidenziano comunque che rimane ancora molto lavoro da fare per abilitare una vera e propria integrazione con la Smart Home. Allo stato attuale, infatti, nel nostro paese solo il 14% dei possessori di Smart Speaker usa questo genere di dispositivi per la gestione di altri oggetti in casa.

Elettrodomestici connessi

Al terzo posto nella ripartizione delle vendite per tipologia di soluzioni si collocano i piccoli e i grandi elettrodomestici connessi, evidenziando un dato rilevante. Questa fetta di prodotti ha infatti conosciuto la crescita più elevata che si è registrata nel comparto della Smart Home dell’ultimo anno, con 100 milioni di euro, pari al 20% del mercato e a un +17% rispetto al 2019.

L’aumento delle vendite è stato trainato dai piccoli elettrodomestici, tra cui i robot aspirapolvere e i purificatori d’aria connessi, prodotti che hanno visto un vero boom. In questo comparto, un trend molto interessante riguarda inoltre la crescita del tasso di utilizzo delle funzionalità Smart. Dai dati raccolti nel 2020, emerge che il 59% dei possessori di elettrodomestici connessi ha usato le funzioni intelligenti dei dispositivi, con +19% rispetto al 2019.

Un’altra tendenza registrata nel comparto degli elettrodomestici connessi è quella relativa al maggiore sviluppo di soluzioni di Intelligenza Artificiale. Si è ad esempio evidenziata una crescente diffusione di lavatrici capaci di verificare il tipo di tessuto e di carico o di impostare in autonomia specifiche operazioni, quali il lavaggio preferito o la quantità di detersivo da usare.

Significativa è stata poi l’attenzione che i consumatori hanno rivolto verso il modello Pay per Use, consistente nella possibilità di non pagare un determinato elettrodomestico nell’immediato, dilazionandone la spesa nel tempo sulla base del suo reale utilizzo. Questo particolare modello prevede quindi un costo iniziale molto più ridotto, comportando una spesa di utilizzo mensile o, in taluni casi, un costo per singolo lavaggio.

Riscaldamento e climatizzazione

Seguono in termini di incidenza sulle vendite le caldaie, i termostati e i condizionatori connessi per la gestione del riscaldamento e della climatizzazione, con 75 milioni di euro corrispondenti al 15% del volume totale del mercato Smart Home (+15% rispetto al 2019). La crescita è stata favorita soprattutto dalla vendita di numerose caldaie connesse, spesso abbinate ai termostati Smart, che beneficiano tuttora degli effetti di incentivi quali il Superbonus e l’Ecobonus, e dalla possibilità di ottenere risparmi tangibili da un punto di vista di consumo energetico.

Altre applicazioni

Sono rimaste tendenzialmente invariate le vendite relative ad altre applicazioni Smart quali le casse audio Wi-Fi o i prodotti destinati all’illuminazione. Una crescita importante è stata invece riscontrata nelle vendite delle prese elettriche intelligenti.

Mercato Smart Home in Italia
Mercato Smart Home: suddivisione per tipologia di soluzioni – Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano

Il ritardo delle applicazioni per l’assistenza alla persona

Nel 2020 non si sono evidenziati dati di rilievo nella vendita di applicazioni destinate all’assistenza domestica degli anziani e delle persone fragili in genere. A oggi il mercato risulta frenato soprattutto dal rischio derivante dal fatto che alcune delle soluzioni dedicate alle Assisted Living potrebbero in talune circostanze non funzionare correttamente, portando a delle situazioni spiacevoli o a degli strascichi legali non indifferenti.

In realtà, più di un consumatore su tre è interessato a questo genere di servizi. Le tecnologie per realizzarli sono inoltre disponibili, basti pensare al mondo del Fitness e del Wellness già strettamente legato all’uso di dispositivi wearable, capaci di inviare dati che potrebbero essere verificabili anche dal punto di vista medicale. Si stanno poi lanciando svariati nuovi servizi per il mondo del benessere, anch’essi potenzialmente traslabili nell’ambito dell’assistenza alla persona.

Come uscire da questa fase di stallo? Come precisato da Giulio Salvadori, “sicuramente per oltrepassare la barriera legata al rischio un punto chiave può trovarsi in una maggiore collaborazione tra pubblico e privato, attraverso una partnership con realtà quali Comuni, Regioni ma anche strutture come le RSA”. Nei mesi scorsi, nel frattempo, si è assistito a un adeguamento normativo rilevante, con l’entrata ufficiale della Telemedicina nel Sistema Sanitario Nazionale. Con ogni probabilità, grazie a questo ulteriore stimolo, nel corso del 2021 si assisterà a una crescita anche nel comparto delle applicazioni destinate all’Assisted Living, con l’affermazione di tecnologie e di nuovi servizi che potranno essere offerti al grande pubblico dei consumatori.