Revamping fotovoltaico: il ruolo chiave dell’inverter

In Italia l’energia fotovoltaica rappresenta una fetta importante nel mix energetico nazionale, anche se il tasso di crescita è più moderato rispetto a 10-15 anni fa.
Anche per questo motivo, l’età media degli impianti è in costante crescita: una condizione che può rivelarsi deleteria per la loro efficienza, ma che nasconde anche interessanti opportunità di miglioramento.

Revamping fotovoltaico: cos’è?

Il termine revamping – preso in prestito dal vocabolario inglese – indica in generale tutti quei processi volti a modernizzare, modificare e migliorare un impianto (fotovoltaico, in questo caso). Un termine la cui traduzione italiana potrebbe essere ammodernamento dell’impianto con l’obiettivo di migliorare le prestazioni e la produzione.

Quando scegliere il revamping

Quando la quantità di energia prodotta dall’impianto fotovoltaico inizia a ridursi è bene cercare di comprenderne la causa, non solo perché è un danno economico per il proprietario dell’impianto, ma anche perché ha un impatto negativo sulla sua sostenibilità.
Perché l’impianto fotovoltaico perde di efficienza o subisce una mancata produzione? I fattori che possono ridurla sono diversi:

Per quali interventi?

Un intervento di revamping può riguardare:

Gli interventi di revamping fotovoltaico sono disciplinati dal D.M. 23/06/2016 emanato dal GSE (Gestore dei Servizi Elettrici) con l’obiettivo di stabilire delle linee guida per un corretto processo di ammodernamento e di miglioramento degli impianti fotovoltaici.

L’inverter, cuore del revamping fotovoltaico

installatore fotovoltaico su inverter FIMERUna delle componenti che ha un ruolo fondamentale nel funzionamento degli impianti fotovoltaici è l’inverter, il cuore del sistema, che garantisce la conversione dell’energia e quindi la produzione. È fondamentale sapere che il rendimento atteso degli impianti fotovoltaici dipende da aspettative tecnico/economiche: se la performance di un componente non è al 100%, ne risentirà tutto l’investimento. Sostituire l’inverter con uno nuovo e aggiornato consente di ripristinare le prestazioni iniziali o addirittura migliorarle.

Come player di riferimento del settore inverter, FIMER è molto attiva nel supportare gli utenti nelle attività di ammodernamento degli impianti. Proprio per questo ha lanciato una campagna di sostituzione rivolta a tutti i gestori e possessori che hanno l’esigenza di rinnovare gli inverter per garantire la piena efficienza degli impianti.

Il retrofit perfetto? Semplice e vantaggioso

La proposta di FIMER riguarda tutti gli inverter di stringa trifase PVI-10.0/PVI 12.5 ex-Power-One Aurora con garanzia ancora attiva, che potranno essere sostituiti con i modelli più evoluti della stessa serie, completamente Made in Italy. Nuove soluzioni in grado di garantire il mantenimento degli incentivi maggiorati legati all’utilizzo di componenti realizzati all’interno di un Paese dell’area UE/SEE.

La sostituzione di questa specifica gamma viene proposta a condizioni economiche vantaggiose, grazie a un contributo offerto da FIMER, mentre l’intervento è molto semplice e poco invasivo. Si tratta infatti di una sostituzione plug and play, che minimizza i lavori di installazione. I nuovi inverter PVI 10.0/PVI 12.5 sono completamente aggiornati, con un software di ultima generazione e un hardware totalmente compatibile, che non necessita di lavori elettrici o modifiche sull’impianto.

Connessioni, forma e dimensioni combaciano al 100%: l’installatore deve solo sganciare e ricollegare l’inverter, mentre la staffa di fissaggio resta invariata.

Campagna revamping fotovoltaico inverter FIMER

La prima di tante iniziative FIMER

“Conosciamo molto bene la potenza installata e le caratteristiche degli inverter attualmente in uso – spiega Massimo Migliorini, Global Business Development Manager Solar inverters di FIMER – Abbiamo lanciato questa prima campagna dedicata al range 10-12,5 kW, ma ne seguiranno altre. Negli anni a venire FIMER punterà molto sul revamping fotovoltaico, attraverso iniziative commerciali ad hoc per ogni categoria di inverter. Lo scopo è certamente l’efficienza, ovvero mantenere al top i tantissimi impianti che contiamo sul territorio italiano. Non solo: vogliamo valorizzare e rilanciare i miglioramenti tecnologici introdotti nelle nuove macchine”.

Come ottenere il revamping? Il titolare di impianto può acquistare l’inverter tramite i canali di vendita ufficiali, richiedendo poi sul portale FIMER il contributo. Basterà infine fornire la documentazione che attesti il corretto smaltimento del materiale obsoleto. Tra gli altri plus dell’operazione, c’è anche la possibilità di ottenere uno sconto del 50% sull’estensione della garanzia. Insomma, tra il contributo sull’acquisto e quest’ultima agevolazione, che porta la garanzia a 10 anni, il revamping con FIMER si fa davvero conveniente.

Perchè aderire alla campagna revamping FIMER

In ottica di economia circolare

Ma c’è di più: FIMER, perseguendo la propria visione legata all’indipendenza energetica e alla sostenibilità green, punta a favorire il riciclo e il corretto conferimento dei prodotti dismessi a seguito dell’operazione di revamping. L’azienda ha infatti stretto accordi con Cobat – una piattaforma di servizi per l’economia circolare – e offre la possibilità di ritiro e smaltimento a condizioni agevolate attraverso il portale online.

“In Italia, la base installata è molto ampia: quando parliamo di revamping fotovoltaico il problema dello smaltimento è significativo e c’è ancora poca chiarezza in merito – aggiunge Migliorini -. Per questo riteniamo importante accompagnare i clienti nell’adempimento di queste procedure, attraverso un partner qualificato che garantisce tutta la trasparenza e la reportistica necessaria”. Un altro piccolo passo nello scenario del “Green Deal” europeo, il programma socio-economico definito dall’UE all’interno del quale la filiera delle rinnovabili può fare molto.

Con FIMER, in una nuova era

La prima campagna revamping rientra in una strategia globale di rilancio del brand FIMER. L’obiettivo di questa “nuova era” è riscrivere, insieme ai clienti, il concetto di energia in ottica di circolarità e sostenibilità. Con l’acquisizione del business degli inverter solari di ABB, nel primo trimestre 2020, l’azienda ha infatti orientato ulteriormente la propria strategia sul settore del fotovoltaico, che rappresenta oltre il 90% dell’attività. Un percorso di crescita supportato da un portfolio più ampio, da un know-how di primo livello e da un chiaro posizionamento sul mercato italiano e in oltre 100 Paesi al mondo.

Le attività dei siti produttivi, delle filiali commerciali e dei centri di ricerca sono dunque coordinate da uno spirito evolutivo globale: quello di sapersi trasformare rimanendo un punto di riferimento per gli stakeholder, grazie a competenza, affidabilità ed efficienza.

Scopri di più a questo link sulla campagna FIMER dedicata al revamping fotovoltaico!

Riscaldamento a infrarossi ed energia solare: perché conviene

Dalle rinnovabili al riscaldamento a infrarossi, dall’accumulo alla mobilità sostenibile. Siamo in Germania, dove l’azienda Sol Aid ha realizzato un esempio concreto di energia circolare.

Attiva da oltre dieci anni nel settore fotovoltaico e Panasonic Solar Premium Installer, la piccola realtà tedesca ha scelto un impianto a zero emissioni, che garantisce alla struttura maggiore sostenibilità e autosufficienza energetica al 90%. Questo grazie alla combinazione di fotovoltaico, riscaldamento a infrarossi e batteria solare per ricaricare le auto elettriche aziendali.

Come funziona il riscaldamento a infrarossi?

La principale novità tecnologica riguarda appunto i pannelli radianti a infrarossi. Di che si tratta? Parliamo di una valida alternativa alle pompe di calore e ai radiatori elettrici che risulta particolarmente conveniente quando non è necessario riscaldare 24 ore su 24.

I tradizionali radiatori riscaldano l’aria, favorendo la circolazione di polvere e la creazione di correnti d’aria. Qui, le radiazioni colpiscono le pareti, che immagazzinano il calore e lo restituiscono allo spazio abitativo. In questo modo si ottiene un livello di comfort uniforme, con temperatura costante. Tuttavia, riscaldare un’azienda con la sola energia elettrica può rivelarsi costoso. Ecco perché abbinare questo tipo di soluzione HVAC a un impianto di produzione energia da fonti rinnovabili. Come nel caso “solare” dell’azienda tedesca, che andiamo ad analizzare da vicino.

Alla base, un impianto fotovoltaico smart

La struttura di Sol Aid copre 100 mq di uffici e 300 mq di magazzino e officina. L’immobile è destinato esclusivamente a uso professionale, quindi il riscaldamento è necessario solo nei giorni feriali, in orario di lavoro. Un contesto ideale per installare un sistema di riscaldamento a infrarossi alimentato da moduli fotovoltaici.

Riscaldamento a infrarossi tramite specchio

Parliamo nello specifico di moduli Panasonic HIT N330 con 50 kW di potenza, installati sul tetto dell’edificio con esposizione est-ovest. Quando si verifica un surplus produttivo, l’energia non utilizzata viene immagazzinata in un sistema di accumulo da 27,5 kWh. Così, l’energia in eccesso passa all’infrastruttura di ricarica della flotta aziendale di auto elettriche.

Riscaldamento “bello” ed efficiente

Al contempo, il riscaldamento all’interno degli uffici è garantito da pannelli radianti a infrarossi efficienti ed esteticamente gradevoli.

Le unità sono distribuite in modo innovativo:

Da non trascurare, poi, la facilità di installazione: non servono interventi invasivi e basta una presa di corrente vicino a ogni pannello.

I vantaggi dell’elettrificazione green?

“Con una superficie di appena 1,67 mq – spiega Stefan Findeiß, amministratore delegato di Sol Aid -, i moduli ad alte prestazioni HIT si adattano perfettamente al nostro tetto. Inoltre, con la produzione di circa 48.000 kWh di elettricità pulita all’anno, coprono il 90% dei consumi elettrici”.

A ciò si aggiunge il risparmio in bolletta del riscaldamento a infrarossi – circa 1.680 euro/anno (considerando un prezzo dell’energia elettrica di 0,24 centesimi/kWh) – che si conferma dunque la soluzione migliore per questi contesti applicativi.

50 anni di successi: Gewiss cambia presidente, il testimone a Fabio Bosatelli

Era il 1970 quando Domenico Bosatelli fondò Gewiss, un’azienda che ha fatto della sperimentazione e dell’innovazione il suo tratto distintivo. Competenza, determinazione e passione sono le qualità che hanno garantito il costante sviluppo dell’azienda, dei prodotti e dei mercati in questi 50 anni. Un percorso che ha permesso all’azienda di affermarsi a livello internazionale come realtà di riferimento economica e sociale.

Proprio in occasione del 50mo anniversario il Cav. Lav. Domenico Bosatelli passa il testimone al figlio Fabio Bosatelli che per oltre trent’anni ha condiviso i principi, valori, obiettivi e metodologia di lavoro. E lo fa con un messaggio a tutti i dipendenti.

“Gewiss è nata con l’avvento delle materie plastiche nel 1970 e mi ha permesso di sfogare il mio istinto di marketing creativo finalizzato a soddisfare i bisogni e le aspettative di mercato facendo da regia per lo sviluppo dei prodotti dalla progettazione all’industrializzazione, alla commercializzazione e relativa logistica con una vision di prospettiva. – racconta Domenico Bosatelli – Ho operato sempre con determinazione col piacere di soffrire per la ricerca delle soluzioni e gioire dei risultati ottenuti. Sono stati anni di intensa attività e di forti emozioni rese possibili grazie a collaboratori che hanno condiviso con me lo sviluppo delle idee. Abbiamo sviluppato oltre 20.000 articoli a catalogo di cui 1.200 brevettati. Prodotti che hanno ottenuto un grande successo a livello internazionale e che proprio per questo sono stati spesso clonati dalla concorrenza”.

“Oggi la componentistica dell’impianto elettrico per oltre il 50% è rappresentata da prodotti Gewiss. Il nostro design e le nostre tecnologie industriali e soprattutto la capacità dei nostri tecnici sono la garanzia della continuità dello sviluppo. Attualmente stiamo affrontando la nuova frontiera dell’impiantistica oltre la domotica con l’impianto digitale GSM (Modello di sistema globale). Questa nuova impiantistica digitale è in fase di installazione nel nuovo e innovativo progetto immobiliare Chorus Life che è per Gewiss un laboratorio di ricerca applicata”.

I valori di Gewiss

La filosofia dell’azienda è incentrata su tre principi:

“Quando ho iniziato la mia carriera industriale non avrei mai immaginato di arrivare alla soglia dei miei 90 anni essendone ancora al timone.- ha aggiunto Domenico Bosatelli – Ora però è giunto il tempo di cedere il comando nominando Presidente mio figlio Fabio che saprà assicurare un futuro di sviluppo e successi alla nostra Azienda.”

Sede GEWISS vista dall'alto

Cambio di testimone: Fabio Bosatelli

A raccogliere la “creatura” di Domenico Bosatelli, è, dunque Fabio Bosatelli che sarà affiancato da Paolo Cervini, Amministratore delegato e CEO.

“Sono cresciuto con Gewiss – commenta Fabio Bosatelli -, ci lavoro da più di 30 anni e ne condivido principi imprenditoriali, l’etica, i valori e il metodo di lavoro votato all’innovazione. Sono contento di poter affrontare questo impegnativo percorso potendo contare su un gruppo unito di collaboratori che apprezzo molto per la determinazione dimostrata anche in questi difficili mesi, lavorando con tenacia e professionalità. Voglio essere il primo sostenitore dell’evoluzione di Gewiss: stiamo pensando ad un’azienda che sarà sempre più manageriale, internazionale, digitale e sostenibile. Questi traguardi saranno raggiungibili grazie alla positività e proattività di tutti: l’energia, l’entusiasmo, la convinzione e la passione di tutta la squadra Gewiss saranno fondamentali nei prossimi mesi e negli anni futuri, per raggiungere insieme gli obiettivi più ambiziosi”.

“Da poco più di un anno – ha spiegato Paolo Cervini, Amministratore delegato e CEO – faccio parte del Gruppo Gewiss e posso dire che quello che stiamo vivendo oggi è la conferma di un percorso, volto a dare continuità. Abbiamo iniziato un progetto che si fonda sui pilastri fondamentali dell’azienda e si traduce in un percorso manageriale per diventare più internazionali, digitali e sostenibili.”

Legge di Bilancio 2021: in attesa del Superbonus tante proroghe green

Nella prima bozza della legge di Bilancio rilasciata a metà novembre non c’è soltanto una brutta sorpresa, con il mancato inserimento dell’auspicata proroga del Superbonus al 110%. Infatti, a bilanciare in qualche modo questa cattiva notizia, nella manovra economica figurano altre proroghe indispensabili nel cammino verso una riqualificazione green dell’immenso patrimonio edilizio nazionale.

Ecobonus 65% e 50% nella Legge di Bilancio

Cominciamo dalla proroga al 31 dicembre 2021, stabilita nell’articolo 12 della bozza di legge, dell’Ecobonus. Quest’ultimo non va confuso con il successivo Superbonus, sebbene riguardi anch’esso interventi di riqualificazione energetica negli immobili.

In particolare, per l’Ecobonus è stato spostato in avanti il termine per beneficiare della detrazione del 50% delle spese sostenute per il rifacimento degli infissi, schermature solari e biomassa. La stessa misura prevede poi una detrazione del 65% per tutte le altre tipologie di intervento edilizio, anch’esse oggetto dell’identico posticipo.

Bonus ristrutturazioni 2021

La prima stesura delle legge di Bilancio prevede un identico trattamento temporale, con spostamento dei termini a fine 2021, per il cosiddetto Bonus ristrutturazioni. Si tratta principalmente degli interventi di manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali.

Per queste fattispecie, lo ricordiamo, è prevista una detrazione del 50% delle spese sostenute, fino ad un massimo di 96mila euro per singola unità immobiliare. Da notare che, così come per l’Ecobonus, il citato articolo 12 modifica soltanto le scadenze, quindi dovrebbe restare immutato tutto l’iter procedurale per ottenere le agevolazioni.

bonus efficienza energetica  e bonus casa

Bonus mobili ed elettrodomestici 2021

Oggetto di una proroga per tutto il prossimo anno è anche il Bonus mobili ed elettrodomestici. In questo caso è possibile detrarre il 50% delle spese sostenute, fino ad un importo massimo di diecimila euro, ad esempio per l’acquisto di frigorifero, lavatrice, lavapiatti.

Ci sono però due condizioni da rispettare:

Bonus verde al 36% anche nel 2021 per giardini e terrazze

Dentro gli immobili ma anche all’esterno: la bozza della legge di Bilancio prevede infatti la proroga al 31 dicembre 2021 del Bonus verde per sistemare i giardini e i terrazzi. In particolare, anche l’anno prossimo i privati potranno usufruire di una detrazione Irpef fino al 36% delle spese sostenute, su un tetto massimo di 5.000 euro. Questo significa un importo massimo dell’agevolazione pari a 1.800 euro.

Bonus facciate al 90%

Un altro bonus per il quale si attendeva la riconferma per il 2021, e che almeno in questa prima bozza della legge di Bilancio è puntualmente arrivata, è quello relativo al rifacimento delle facciate. Un’agevolazione particolarmente apprezzata, anche e soprattutto perché prevede una detrazione fino al 90% dei costi sostenuti, senza tetti massimi di spesa, per il rifacimento delle facciate esterne degli edifici residenziali all’interno di quasi tutte le aree abitabili del Paese.

Superbonus 110%: niente proroga in Legge di Bilancio 2021

Come detto, fra tanti bonus prorogati manca quello certamente più atteso, ovvero l’estensione dei termini del Superbonus al 110%. Va però aggiunto che, a differenza delle altre, questa agevolazione non aveva una scadenza a fine anno poiché l’attuale validità arriva fino al 31 dicembre 2021.

L’esecutivo ha quindi ancora tempo per deliberare la proroga del Superbonus, peraltro richiesta a gran voce da molteplici associazioni di categoria, Una prima “finestra” potrebbe essere rappresentata dal varo, di solito a fine febbraio, del cosiddetto decreto Milleproroghe. Certo, non si potrà attendere più di tanto, pena il mancato ricorso all’agevolazione da parte dei cittadini, spaventati dal rischio di non riuscire ad effettuare i lavori entro il termine del 2021.

Sicuri e assicurati: la sicurezza di impianti ed edifici vista da ANIA

La sicurezza degli impianti si lega a un aspetto troppo spesso trascurato, se non quando avvengono incidenti più o meno gravi, l’assicurazione.
A dimostrare l’ancora troppa disattenzione a questi temi intervengono i dati: solo il 48% delle abitazioni civili risulta tutelato per il rischio incendio e solo il 4,5% delle coperture per la casa prevede un’estensione contro gli eventi catastrofali – a differenza di un 90% raggiunto in altri Paesi europei come Francia e Germania. A fornirci questi numeri è Simona Andreazza, Responsabile Servizio danni non auto di ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), che ha partecipato all’incontro di Prosiel dedicato a “Sicurezza elettrica in casa: siamo sicuri?”.

“Nonostante il territorio italiano sia fortemente esposto a eventi catastrofali quali terremoti e alluvioni, sono pochissimi gli italiani che stipulano una copertura a protezione della propria casa” spiega Andreazza. E anche laddove avviene “si tratta principalmente di coperture abbinate ai mutui. Il dato è in crescita, considerato che fino a 10 anni fa la diffusione delle coperture era praticamente inesistente, ma la strada da percorrere è ancora lunga”.

Simona Andreazza Ania
Simona Andreazza, Responsabile Servizio danni non auto di ANIA

Quanto ci costa davvero la sicurezza impianti

A mancare sono la consapevolezza e la percezione del rischio, “nonostante il 40% del territorio nazionale e il 35% dei Comuni italiani si trovino in un’area con elevata probabilità di evento sismico (zone 1-2)”.

A complicare la situazione interviene la vetustà del patrimonio edilizio esistente. “Più del 50% dello stock abitativo italiano è stato costruito prima del 1974 e, quindi, in assenza di disposizioni normative antisismiche. A questi dati possiamo aggiungere 1,3 milioni di edifici a rischio alluvione e mezzo milione a rischio frana. In base alle stime della Protezione Civile, si potrebbe mettere in sicurezza tutto il patrimonio abitativo italiano con costi molto inferiori a quelli dei danni registrati a seguito dei terremoti e delle calamità naturali degli ultimi anni”:

Cessione del credito e copertura assicurativa

Cosa occorre fare, quindi? Prevenire. “Assicurazione e prevenzione sono due facce della stessa medaglia. Più saranno efficaci le misure di sicurezza adottate, meno significative saranno le conseguenze dannose di un evento avverso. A nostro avviso la gestione dei rischi, soprattutto se catastrofali, deve essere a 360 gradi e tenere conto sia degli aspetti preventivi – per esempio agevolando la messa in sicurezza del patrimonio edilizio – sia di quelli assicurativi”.

Citando la prevenzione, Andreazza ricorda l’introduzione nel recente Decreto Rilancio di detrazioni fiscali al 110% per interventi antisismici e di efficientamento energetico di particolare rilevanza. “Per rendere la misura effettiva e fruibile da parte dell’utenza” spiega “è prevista la possibilità di cedere il credito, oltre che ai fornitori del servizio di ristrutturazione, anche ad altri soggetti quali banche, intermediari finanziari e assicurazioni”.

La cessione credito a compagnie assicurative per interventi antisismici prevede:

“Cedendo il credito a una compagnia di assicurazione, per gli interventi antisismici è prevista la contestuale stipula di una copertura assicurativa contro gli eventi catastrofali. In tal caso, il contribuente beneficerà di una detrazione fiscale sul premio del 90% invece che del 19%. Il nostro auspicio è che tali disposizioni possano, in qualche modo, contribuire ad aumentare la diffusione delle coperture assicurative a protezione della casa”.

Uno sconto sul premio assicurativo potrebbe essere quindi un elemento di ulteriore stimolo alla messa a norma degli impianti e alla loro verifica periodica. Certamente “l’utilizzo di certificazioni e la messa in atto di comportamenti diligenti, così come l’utilizzo di dispositivi di protezione può, in qualche modo, avere un effetto sulla quotazione e valutazione del rischio da parte della compagnia”. È pur vero, precisa Andreazza, che la possibilità di praticare sconti “deve rimanere una libera scelta dell’impresa di assicurazione nell’ambito delle proprie politiche assuntive e aziendali”.

“Se tutti gli immobili in Italia fossero assicurati contro le calamità naturali otterremmo due risultati: maggiore protezione per la collettività e prezzi più sostenibili”.

Il ruolo della tecnologia nella sicurezza impianti

L’innovazione tecnologica influisce anche sugli aspetti assicurativi e allo stesso tempo l’assicurazione può rappresentare uno stimolo all’innovazione. “Negli ultimi tempi si è diffuso l’utilizzo di home box, dispositivi rilevatori di incendio e di allagamento che sono molto utili nel momento in cui, nonostante l’adozione di misure di sicurezza, si dovesse verificare un incidente domestico. Tali strumenti possono mitigare in modo significativo le conseguenze di un evento dannoso e quindi ridurre anche i costi necessari per il ripristino dello status quo ante”.

Ma non è tutto, “nella fase di gestione di questa tipologia di sinistri, si sta diffondendo sempre di più l’utilizzo di videoperizie – in alternativa alle perizie tradizionali effettuate in loco – che velocizza il processo di liquidazione del danno, con evidenti benefici per gli assicurati”. Le nuove tecnologie, quindi, sottolinea Andreazza, possono rappresentare un valido strumento di supporto per le assicurazioni.

Il confine tra obbligatorio e facoltativo

Resta da chiedersi quale debba essere il limite tra obbligatorietà e discrezionalità. Ad ANIA spiegano come una protezione assicurativa contro le calamità naturali permetterebbe un duplice risultato:

“Considerato che raramente queste coperture vengono vendute come singole garanzie ma, più spesso, nell’ambito di polizze a protezione dell’abitazione” commenta Andreazza, “è evidente come la loro maggiore diffusione favorirebbe l’acquisto di prodotti multirischio che possono prevedere anche estensioni specifiche per gli impianti domestici”.

Sicurezza elettrica: le azioni proposte da ADICONSUM

Sarà per una distorta percezione del pericolo derivante dal malfunzionamento degli impianti oppure per una scarsa cultura dell’attenzione a certi aspetti della vita domestica, ma una cosa è evidente: la sicurezza elettrica è tanto importante quanto sottovalutata.
Eppure in Italia ogni anno gli infortuni domestici – tra cui si annoverano anche quelli provocati dagli impianti – sono molto più numerosi di quelli causati da incidenti stradali con lesioni alle persone:

Carlo De Masi, Presidente nazionale di ADICONSUM

Carlo De Masi, Presidente nazionale di ADICONSUM

Un dato impressionante. Nonostante ciò, viaggiare sulle nostre strade è considerato molto più pericoloso che lavorare in casa.
Questi dati, emersi dall’indagine “La sicurezza elettrica dell’impianto domestico” effettuata dall’Istituto Piepoli per conto di Prosiel, parlano chiaro su quanto la comune cognizione di ciò che costituisce pericolo sia falsata.

Ne abbiamo parlato con Carlo De Masi, Presidente nazionale di ADICONSUM (Associazione Difesa Consumatori e Ambiente), intervenuto su questi temi anche all’evento organizzato da Prosiel a fine settembre, intitolato “Sicurezza elettrica in casa: siamo sicuri?”, e dove la sicurezza impiantistica è stata affrontante sotto diversi aspetti.

Sicurezza elettrica: la consapevolezza che non c’è

Uno dei maggiori problemi che si devono affrontare quando si parla di sicurezza elettrica è la consapevolezza dell’importanza di controllare e manutenere gli impianti domestici, spiega De Masi.

Ogni controllo manutentivo sugli impianti, ogni intervento anche preventivo che se ne possa fare, generalmente, prende il via dall’iniziativa del singolo. Nella maggioranza dei casi, gli interventi sono richiesti solo nel momento in cui si verifica un problema. E spesso può essere tardi.
La prevenzione, invece, è un tema essenziale per garantire la sicurezza. “È indispensabile però che venga fatta e pretesa a tutti i livelli, ognuno per il proprio grado di responsabilità: cittadini, aziende e installatori professionisti, istituzioni, associazioni”.

Come rendere sicuro l’impianto di casa

Dando per assodata la poca consapevolezza rispetto a queste tematiche, occorre considerare che non è sempre agevole muoversi in campi che non si conoscono.
Il consumatore deve affidarsi ai professionisti del settore, sottolinea De Masi.
Ma la messa in sicurezza degli impianti domestici è un processo che deve coinvolgere soggetti a tutti i livelli:

In Italia c’è ancora molta strada da fare. “Sono ancora tantissimi gli impianti non a norma; sia quelli elettrici sia gli impianti del gas, per certa parte ancora più pericolosi se non sono manutenuti e controllati periodicamente”.

“Dobbiamo realizzare insieme una grande campagna informativa istituzionale rivolta ai cittadini sull’importanza della sicurezza elettrica” (Carlo De Masi, ADICONSUM)

Il fattore comunicazione diventa fondamentale. Si tratta, spiega il presidente, di porre il problema a livello istituzionale. ADICONSUM è presente anche nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), che raggruppa ben 20 associazioni dei consumatori. “In questa sede istituzionale, per esempio, potremmo mettere in piedi una campagna informativa rivolta ai cittadini per dare loro consapevolezza e spiegare quali siano le azioni da compiere su impianti che, come ci confermano i numerosi infortuni, troppo spesso non sono sicuri”.

Obbligare alla sicurezza elettrica

“Oltre a una forte e strutturata campagna istituzionale, ogni associazione dovrebbe impegnarsi anche a formare e informare, coinvolgendo tutti i soggetti con cui è in contatto”.
Vi sono, in particolare, alcune proposte che possono essere davvero incisive e segnare il passo del cambiamento verso la sicurezza del parco impiantistico italiano:

“Il libretto del fabbricato potrebbe essere una soluzione molto valida. Dovrebbe essere reso obbligatorio” così che l’adeguamento degli impianti diventi una disposizione di legge per tutti, da rispettare quando si possiede un immobile e indispensabile qualora lo si voglia vendere, acquistare o mettere a reddito.

Allo stesso modo, “al pari di quanto già accade per la classe energetica, la certificazione impiantistica dovrebbe diventare obbligatoria nella documentazione per la compravendita di un immobile”. Oppure, in caso non sia possibile averla perché lo stesso debba essere ristrutturato – una condizione molto frequente – “rendere l’ottenimento della certificazione un obbligo per l’acquirente”, a cui deve ottemperare dopo la vendita ed entro un certo lasso di tempo.
È necessario trovare al più presto una soluzione, “la sicurezza dei nostri impianti” sottolinea De Masi “è ancora troppo bassa”.

Bonus ristrutturazione: la grande occasione pro sicurezza

L’altra opportunità citata da De Masi riguarda le detrazioni fiscali previste per la ristrutturazione degli immobili. In particolare, spiega il presidente, “oggi abbiamo una grande opportunità rappresentata da Superbonus, Ecobonus e, ancor di più, Sismabonus in quanto si riferisce alla certificazione strutturale dell’edificio. Se solo si collegasse l’ottenimento delle detrazioni alla messa a norma degli impianti e alla loro conseguente certificazione, si farebbe un passo avanti fondamentale. Tutto questo” conclude De Masi “potrebbe rappresentare una grande occasione” da non lasciarsi sfuggire e che, per giunta, si sarebbe dovuto inserire da tempo nei bonus fiscali sino ad oggi adottati.

Auto elettriche: dal 2023 a Milano colonnine di ricarica obbligatorie in tutti i distributori

Complici anche gli incentivi nazionali e regionali promossi negli ultimi mesi, la mobilità elettrica sta conoscendo un crescente impulso in Italia. Esistono tuttavia ancora dei nodi da sciogliere per poter favorire un’ulteriore diffusione a macchia d’olio dei veicoli elettrici. Come evidenziato da diverse analisi condotte sul tema dell’E-Mobility, uno di questi nodi è costituito dalla cosiddetta ansia da autonomia o range anxiety.

Molti cittadini sono cioè ancora frenati nell’acquisto di un’auto elettrica poiché temono di non poter riuscire a raggiungere la colonnina di ricarica prima che l’autonomia della batteria che alimenta la vettura si esaurisca. A questa preoccupazione si aggiunge la mancanza di aree adeguatamente attrezzate per poter ricaricare le auto elettriche senza troppe difficoltà. Si tratta essenzialmente di questioni di carattere psicologico che si sta cercando di fronteggiare in modo semplice quanto efficace, ovvero aumentando il numero di colonnine presenti in città e lungo le principali arterie stradali.

Una sfida che vede protagoniste in prima linea le stesse Amministrazioni dei grandi centri urbani italiani. Tra le prime a scendere in campo è stata Milano, che proprio in questi giorni ha preso una decisione destinata ad avere un certo impatto. In base a quanto deciso dal Comune, a partire dal 2023 le colonnine di ricarica per le auto elettriche e ibride plug-in PHEV diverranno obbligatorie in tutti i distributori di carburante del territorio meneghino, siano essi già esistenti o in costruzione.

Colonnine di ricarica: l’iniziativa di Milano

La decisione è stata approvata dal Consiglio comunale del capoluogo lombardo nel contesto del Regolamento per la qualità dell’aria. Si tratta di una scelta che contribuirà a fornire un ulteriore stimolo alla diffusione delle auto elettriche nella città meneghina e nel suo hinterland. Una spinta che comporterà a cascata anche degli importanti benefici in termini di sostenibilità ambientale e di miglioramento della vivibilità urbana.

Le scadenze previste

In base a quanto stabilito, le stazioni di rifornimento esistenti dovranno presentare il proprio progetto per il posizionamento delle colonnine di ricarica entro il 1° gennaio 2022. L’installazione dovrà poi avvenire entro i dodici mesi successivi alla presentazione dello stesso.

In caso di impossibilità tecnica o di mancanza di spazio, le infrastrutture di ricarica dovranno essere realizzate in un’area pubblica distinta ma sempre entro e non oltre il 1° gennaio 2023.

Come abbiamo più volte avuto modo di sottolineare, la transizione verso la mobilità elettrica è chiaramente tracciata. Iniziative come quella adottata da Milano non sono altro che l’ulteriore dimostrazione di un percorso ormai intrapreso che diviene sempre più manifesto, giorno dopo giorno.

Le associazioni in coro: subito la proroga del Superbonus

Gli abitanti del nostro strano Paese lo sanno bene: se in Italia tutti, a cominciare dal governo, affermano la necessità di un determinato provvedimento, il rischio che invece non si faccia nulla è davvero elevato… È proprio quanto viene da pensare, naturalmente con la speranza di sbagliarsi, in relazione all’auspicato allargamento della finestra temporale entro cui si possono eseguire lavori edilizi in regime di Superbonus al 110%.

Superbonus: fine 2021, scadenza ormai troppo vicina

Ricordiamo che la prima e per ora unica formulazione della norma prevede per l’Ecobonus 110% la scadenza del 31 dicembre 2021, una data molto più vicina di quanto possa sembrare considerati i mesi necessari per beneficiare di questa agevolazione, fra preparazione della documentazione iniziale, trafila finanziaria, effettuazione e conclusione dei lavori. Il tutto reso inevitabilmente più complicato dalla pandemia in corso.

Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio

Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio

Le parole del sottosegretario Fraccaro

Non a caso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, che per il governo ha seguito la genesi e la messa a punto legislativa del meccanismo, si è più volte dichiarato favorevole ad una proroga. Anzi, in un recente intervento si è spinto più in là, parlando della necessità di “trasformare il Superbonus in una misura ordinaria, la cui costante applicazione sarà necessaria fino al 2030″.

Nella stessa direzione di Fraccaro si sono mossi altri esponenti di governo e dei partiti che sostengono l’attuale maggioranza, ma al momento non si può nemmeno dire che la montagna ha partorito il classico topolino, perché nella legge di Bilancio, che dovrà essere approvata entro il termine del 2020, dell’auspicata proroga non c’è la minima traccia…

Nuova scadenza nel decreto Milleproroghe?

Le possibilità che il testo della legge di Bilancio venga emendato, con una o più norme relative al Superbonus, diminuiscono man mano che ci si avvicina al Natale ed appare quindi sempre più probabile che la proroga dovrà essere inserita in un provvedimento successivo, ad esempio il decreto Milleproroghe (nome ad hoc…) che va tradizionalmente in approvazione definitiva alla fine di febbraio.

Di certo non si potrà andare al di là della primavera perché tergiversare oltre con la proroga del Superbonus significherebbe di fatto bloccare il ricorso all’agevolazione. Infatti, spingersi più in là con l’introduzione di una nuova scadenza avrebbe un forte effetto dissuasivo nei confronti dei potenziali interessati, che difficilmente si accollerebbero il rischio di iniziare dei lavori con termine oltre il 31 dicembre 2021 senza la garanzia del permanere del Superbonus.

Confindustria: proroga del Superbonus almeno fino al 2022

Della cosa sono naturalmente ben consapevoli le varie associazioni che rappresentano le categorie imprenditoriali e lavorative interessate dal provvedimento. A cominciare da Confindustria che chiede “la proroga almeno al 2022 del Superbonus 110% estendendolo, con gli opportuni aggiustamenti, agli edifici adibiti alle attività produttive”. La finalità è “sostenere la domanda nei settori più colpiti dalla crisi o che avranno un ruolo determinante nei processi di transizione del nostro sistema industriale”.

Sul fronte finanziario, Ania, l’associazione nazionale delle imprese assicuratrici, sottolinea che “se la proroga non può essere fatta in legge Bilancio, tenendo conto che gli operatori hanno bisogno di un orizzonte più lungo per la messa a terra di interventi agevolati, servirebbe comunque un impegno vincolante alla proroga se si decidesse di spostarla nei progetti di Next Generation Eu”.

Confartigianato: “Senza proroga vanificato sforzo imprese”

Il Presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, sostiene che “il superbonus 110% va confermato per almeno altri tre anni con un provvedimento da inserire nella Legge di Bilancio. Altrimenti andrebbe sprecato lo sforzo messo in campo dalle imprese per utilizzarne le grandi opportunità e verrebbe vanificata la possibilità di programmare gli interventi previsti dall’incentivo”.

Una proposta congiunta è quella presentata, fra gli altri, da Cgil e Legambiente, secondo la quale “nel piano di ripresa e resilienza che il Governo dovrà presentare alla Commissione Europea entro aprile 2021, occorre prevedere la proroga almeno fino al 2025 del Superbonus. Il termine oggi fissato è troppo ravvicinato e, viste anche le condizioni generali del Paese e specifiche del settore oltre che la complessità e quantità potenziale degli interventi, se si vuole veramente far decollare questi interventi strategici occorre dare certezze a imprese e famiglie”.

Guida Superbonus 110% dell’Agenzia dell’Entrate

L’Agenzia dell’Entrate ha realizzato una sezione ad hoc con tutte le informazione e i documenti, oltre a una guida da scaricare

Maxi agevolazione fiscale fino al 2024?

Un altro documento firmato a più mani, questa volta da ben 21 sigle del mondo industriale, ambientale ed accademico, è la lettera aperta inviata al premier Giuseppe Conte e ad altri esponenti del governo nella quale si chiede di “prorogare il Superbonus 110% fino al 2024 e, potenzialmente, anche oltre, fino all’obiettivo di de-carbonizzare l’intero parco edilizio, come previsto dalla Direttiva 2018/844/UE”.

Nella missiva viene sottolineata la necessità che “il Superbonus, mantenendo una previsione di spesa di circa 10 miliardi euro/anno, abbia un orizzonte temporale più ampio di quello originariamente previsto. Solo in questo modo infatti un adeguato numero di famiglie e cittadini avrà il tempo necessario per decidere la riqualificazione dei propri immobili”.

La presa di posizione di Finco e Italia Solare

Fra le associazioni dell’edilizia prende posizione Finco, la cui presidente, Carla Tomasi, in una lettera inviata ai ministri Gualtieri e Patuanelli sottolinea “l’importanza di confermare l’intenzione – più volte espressa ma di cui non si trova traccia nella bozza di legge di Bilancio per il 2021, forse in attesa dei Fondi Europei – di procedere ad una proroga oltre il 2021 del regime del 110% di detrazione fiscale con particolare riferimento al cosiddetto sismabonus“.

Altra lettera, quella inviata da Italia Solare al premier e ai ministri economici: “È urgente mandare al più presto un segnale di fiducia – si legge – garantendo il Superbonus al 2024 o almeno al 2023. Solo così potrete davvero contare sul Superbonus come una soluzione determinante per la ripartenza e le aziende potranno organizzarsi in un’ottica di medio-lungo termine, assumendo da subito nuova forza lavoro necessaria a seguire la domanda, che è enorme ma rischia di rimanere delusa”.

Enel X con McDonald’s Italia per 200 stazioni di ricarica per auto elettriche

Sono a San Benedetto del Tronto, Ancona e Osimo le prime 3 (di 200) stazioni di ricarica per auto elettriche che McDonald’s Italia ed Enel X stanno portando all’interno di 100 diversi parcheggi dei ristoranti.
La presenza capillare dei ristoranti McDonald’s ben si sposa con la tecnologia di Enel X: un connubio d’eccezione che mira a favorire la transizione verso la mobilità elettrica e sottolinea l’importanza di un’impronta green, per cui da diversi anni le due realtà si prodigano.

L’accordo prevede che le stazioni di ricarica JuicePole e JuicePump vengano installate all’interno dei parcheggi dei ristoranti McDonald’s per offrire un nuovo servizio ai clienti: il rifornimento di due veicoli contemporaneamente con potenza erogabile fino a 22 kW in AC per le JuicePole e di almeno 50 kW in DC per le JuicePump.

Con quest’ultima, saranno sufficienti in media circa 30 minuti per realizzare un “pieno” di energia elettrica, l’equivalente del tempo medio trascorso dai clienti McDonald’s nei ristoranti per consumare un pasto.
La stazioni di ricarica installate nei parcheggi dei ristoranti McDonald’s di San Benedetto del Tronto, Ancona e Osimo sono già operative e visibili sulle app (come JuicePass), mentre quelle di Desio, Eboli e Loreto sono state installate e in attesa dell’attivazione; infine, il piano di implementazione toccherà presto le città di Piombino, Barberino di Mugello, Alessandria, Quartu Sant’Elena e Firenze.

Sempre più stazioni di ricarica per un futuro più sostenibile

Ad oggi Enel X ha installato oltre 10.500 punti di ricarica in Italia e prevede di raggiungere quota 28.000 entro il 2022. Grazie all’e-Mobility Emission Saving tool di Enel X è stato calcolato che i servizi di ricarica erogati attraverso le infrastrutture connesse hanno permesso ai propri clienti di percorrere oltre 100 milioni di km in elettrico e risparmiare all’ambiente l’immissione di più di 12 milioni di kg di CO2, che equivalgono alla quantità assorbita da circa 670.000 alberi in un anno.

“Siamo la maggiore catena di ristorazione nel mondo e sentiamo la responsabilità di intervenire direttamente in alcune delle sfide sociali e ambientali oggi più urgenti – afferma Tommaso Valle, Corporate Relations and Sustainability Director di McDonald’s Italia – Attraverso la nuova collaborazione con Enel X, di cui siamo davvero orgogliosi, confermiamo il nostro impegno quotidiano verso un minor impatto ambientale, facendoci promotori di una cultura della sostenibilità, rendendo sempre più facilmente accessibili, in primis ai nostri clienti, i servizi e gli strumenti che concorrono a questo scopo”.

“L’accordo con McDonald’s permette alle persone di avvicinarsi in modo facile e consapevole al mondo della mobilità elettrica, l’unica vera opzione per spostarsi nel pieno rispetto dell’ambiente – ha dichiarato Federico Caleno, responsabile e-mobility Italia di Enel X – I nuovi punti di ricarica si aggiungono agli oltre 10.500 che abbiamo già installato in tutto il Paese e sono parte di un progetto più ampio che ci vede impegnati nella realizzazione di un network di infrastrutture europeo”.

È arrivata la SERR, la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti

In questi giorni – in particolare dal 21 al 29 novembre – si svolge la SERR, la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti.
Secondo un report dell’Università delle Nazioni Unite, si stima che a livello globale ogni anno si producano 53,6 milioni di tonnellate di RAEE, delle quali solo il 17,4% viene raccolto e smaltito adeguatamente.

In Italia la raccolta media pro capite dei RAEE è di 5,68 chilogrammi per abitante, con un tasso di raccolta pari al 45%. L’obiettivo è quello di raggiungere il 65%.

L’obiettivo è ridurre, riutilizzare e riciclare, il tutto diminuendo la quantità di rifiuti e contribuendo a trasformali in utili risorse.
Anche il consorzio Ecolamp, specializzato nel riciclo dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), partecipa attivamente alla settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti 2020 (SERR) fornendo una serie di utili consigli e iniziative.

Cos’è la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SERR)

Nata nel 2009 nell’ambito del programma LIFE+ della Commissione europea, la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SERR) è una iniziativa che promuove azioni di sensibilizzazione sulla sostenibilità e sulla corretta gestione dei rifiuti, riguardanti in particolare le cosiddette “3R”: riduzione, riuso e riciclo.

Il tema di quest’anno è Rifiuti invisibili e si riferisce a tutti quei rifiuti generati nel corso del processo di fabbricazione e durante l’intera vita dei prodotti. Il consorzio Ecolamp, grazie alla terza R, quella del riciclo, contribuisce a ridurre l’impronta ambientale alla fine del ciclo di vita dei prodotti elettrici ed elettronici.

Come contribuire alla SERR?

RAEE Consorzio EcolampI cittadini possono contribuire con una corretta raccolta differenziata dei RAEE, ovvero di tutti quegli oggetti di uso quotidiano che per funzionare dipendono da corrente elettrica o batterie, come lampadine, radio, monitor, smartphone, auricolari, phon, spazzolini elettrici, frullatori, prese multiple, bici elettriche, mouse o chiavette USB.

Lo smaltimento dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) segue regole precise: per prima cosa non vanno gettati nel sacco nero insieme ai rifiuti indifferenziati, ma vanno portati nelle isole ecologiche comunali o consegnati nei negozi che vendono prodotti elettrici o elettronici.
Ogni rifiuto può essere consegnato all’acquisto di un nuovo prodotto equivalente (il cosiddetto 1contro1), oppure il rifiuto può essere consegnato nei grandi punti vendita della distribuzione senza alcun obbligo di acquisto (1contro0) a patto che non superi i 25 cm di lunghezza.