La Realtà aumentata per migliorare la manutenzione (Smart)

All’interno delle realtà aziendali più dinamiche e attente all’innovazione e nell’Industria 4.0, si stanno sempre più diffondendo i sistemi di visione a Realtà aumentata, l’Augmented reality (AR), per guidare meglio gli operatori nello svolgimento delle attività.

Una tecnologia di percezione realistica, di oggetti e ambienti, con caratteristiche di precisione, specializzazione e immersività, che permette di rappresentare una realtà appunto ‘alterata‘ e ‘aumentata‘ in cui, alla normale dimensione percepita attraverso i sensi, sono sovrapposte informazioni artificiali e virtuali. Fruibili potenzialmente da ogni categoria di utente. È principalmente utilizzata nel campo della visione, ma non mancano applicazioni per l’udito o la percezione tattile.

Il concetto di Realtà aumentata nasce e si sviluppa inizialmente innanzitutto nei settori militare, della ricerca scientifica e della medicina. I primi esempi concreti e avveniristici sono stati introdotti nel settore dell’aeronautica militare attraverso dei visori a sovrimpressione sui caschi dei piloti degli aerei da combattimento.

Realtà aumentata, dai piloti ai tecnici specializzati

Questi strumenti servivano per mostrare ai piloti dati di volo, come quota e velocità del velivolo o la distanza dall’obiettivo, senza distogliere lo sguardo dalla ‘guida’ per controllare tutta la strumentazione di bordo. Le soluzioni di Realtà aumentata si sono poi moltiplicate, fino a entrare nell’Industria 4.0, ma molte di esse assomigliano ancora a quelle originarie degli aerei militari.

Le applicazioni concrete oggi sono già molteplici, e destinate a crescere e svilupparsi ulteriormente con il tempo e l’evoluzione della tecnologia: l’Augmented reality può essere impiegata, ad esempio e innanzitutto, nella progettazione e poi nella manutenzione di nuovi ambienti, strutture e applicazioni produttive: il prototipo ‘virtualmente aumentato’, integrato da dati e contenuti digitali, è più funzionale, duttile e meno costoso di quello fisico.

Può poi essere utilizzata:

Assistenza da remoto, manutenzione, più efficienza

In questo modo, nelle aziende, e non solo, sono già molteplici i progetti, già operativi o pilota, avviati in ambiti come l’assistenza da remoto nelle attività operative o manutentive. Gli obiettivi di questi progetti sono:

Uno degli aspetti fondamentali su cui si basano i concetti dell’Industria 4.0 è la connessione tra tecnologie, macchine e Device. In questo contesto, la sinergia tra la Realtà aumentata e l’Internet of Things consente di implementare servizi che consentono di condividere tra più utenti lo stesso punto di vista per effettuare operazioni guidate in remoto.

Per esempio, prendiamo il caso di un addetto nei pressi di un impianto: si profila un guasto che non è in grado di risolvere. Attraverso la condivisione delle immagini provenienti in tempo reale dal suo visore AR, un altro tecnico in remoto può guidarlo nella corretta diagnosi del problema, dandogli tutte le informazioni necessarie per risolverlo nel migliore dei modi.

I vantaggi di questo Modus operandi sono facili da intuire anche per i non addetti ai lavori: evitare inutili e costosi viaggi, risolvere in maniera rapida qualsiasi problema legato all’assistenza e alla manutenzione.

Schneider Electric propone la realtà aumentata per accelerare la trasformazione digitale dell’infrastruttura elettrica, tra le possibili applicazioni il suo utilizzo nella cabina di trasformazione elettrica. Una soluzione che consente di aumentare sicurezza, affidabilità, efficienza e continuità di servizio.

Cabina Digitale MT/BT con Realtà Aumentata

EcoStruxure Augmented Operator Advisor di Schneider Electric è un’applicazione che consente di avere una visione che fonde il mondo reale con la realtà aumentata

La Realtà aumentata migliora i servizi post vendita

Per fare un altro esempio, in settori come l’Oil and gas, l’Energia o l’Aerospaziale ci sono tante aziende e multinazionali con macchine e impianti in tutto il mondo che necessitano di una costante manutenzione. È la ragione per cui si stanno investendo budget importanti nella ricerca di soluzioni di assistenza in remoto basate sulle tecnologie immersive. L’obiettivo è quello di rendere sempre più rapide ed efficienti le operazioni e gli scambi di dati con gli operatori sul campo. Gli stessi aspetti, con finalità differenti, interessano molto da vicino, ad esempio, anche l’industria Automotive.

In generale, a prescindere dalle dimensioni e dalla tipologia di attività svolta, la grande maggioranza delle aziende che vendono prodotti e servizi hanno esigenze di assistenza post vendita, ed è la ragione per cui sarà sempre più importante sviluppare applicazioni di Realtà aumentata in grado di personalizzare le operazioni di assistenza e manutenzione.

Serious game, monitoraggio e controllo, reti 5G

L’Augmented reality può inoltre essere la base tecnologica per lo sviluppo di ambienti digitali o Serious game per diverse finalità: dal Factory layout design al monitoraggio e controllo, training, e altro ancora.

Sebbene in continua evoluzione, in alcuni casi soluzioni di Realtà Aumentata e Virtuale risultano a volte ancora poco mature, e per diverse ragioni: spesso i dispositivi non sono ancora pronti a un utilizzo intensivo, e, oltre alle barriere operative, queste tecnologie richiedono un investimento anche lato sul IT, con la selezione dell’opportuna piattaforma di sviluppo, la scelta dei partner, e l’adattamento e sviluppo in digitale del processo di ingegneria e di esecuzione, per disporre dei dati, degli ambienti virtuali e della documentazione da replicare e rendere disponibile nell’applicazione virtuale.

Nei prossimi anni, poi, con l’avvento delle reti mobili 5G, per i dispositivi di Realtà aumentata diventerà possibile offrire esperienze ancora più immersive e realistiche, che fino a poco tempo fa sembravano storie di fantascienza. E le loro applicazioni si moltiplicheranno.

L’evoluzione normativa per l’efficienza energetica degli edifici

Dopo un’approvazione preliminare del recepimento della Direttiva 2018/844/UE da parte del Consiglio dei Ministri alla fine del mese di gennaio, il 9 giugno è avvenuta l’approvazione definitiva del Decreto Legislativo n.48 del 10 giugno 2020. Il nuovo decreto, infatti, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.146 del 10 giugno.

La Direttiva 2018/844/UE sulla prestazione energetica degli edifici e sull’efficienza energetica (il titolo originale è Energy Performance of Buildings Directive – EPBD III) è entrata in vigore il 9 luglio del 2018 e si compone di 5 articoli. Lo scopo è quello di promuovere l’efficienza energetica e di far sì che gli edifici siano sempre più performanti, in visione anche dell’obiettivo di raggiungere un sistema energetico decarbonizzato e ad alta efficienza entro il 2050. Questo testo modifica la Direttiva 2010/31/UE e la Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica. All’art.3 della Direttiva viene esplicitato il termine di recepimento della stessa da parte degli Stati membri, che si impegnano a mettere in vigore le disposizioni per il recepimento entro il 10 marzo 2020.

In Italia la Direttiva viene, appunto, recepita e attuata con il D. Lgs. 48/2020 che, con i suoi 18 articoli, modifica e integra il D. Lgs 192/2005 (originariamente era denominato “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”), che a sua volta recepiva le precedenti direttive in materia di efficienza energetica.

Gli obiettivi del Decreto Legislativo n.48/2020

Il Decreto Legislativo n.48/2020 introduce una serie di novità in merito all’efficienza energetica degli edifici, sia nuovi che esistenti, e alle loro prestazioni. In linea con quanto definito dalla normativa europea, lo scopo del decreto è quello di definire una strategia a lungo termine per la ristrutturazione del parco immobiliare italiano.

Sostenere la ristrutturazione del parco immobiliare nazionale permetterà di trasformare edifici esistenti in edifici ad energia quasi zero, con un beneficio importante anche per la collettività. L’obiettivo è ambizioso e per questo si applicano dei requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici nuovi, ma anche per quelli esistenti e sottoposti a una ristrutturazione importante. Nell’Art. 5 si parla anche di modifiche finalizzate a rimuovere gli ostacoli alla qualificazione energetica, nonché ad alleviare la povertà energetica e a superare le inefficienze degli interventi di riqualificazione.

Inoltre, il decreto mira a favorire la diffusione di adeguati strumenti informativi dedicati ai cittadini, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni, così da accrescere la consapevolezza delle persone sull’importanza della riqualificazione energetica e le loro conoscenze sul tema.

Ristrutturazione e riqualificazione energetica

L’ambito di applicazione

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione del decreto, all’Art.3 è specificato che sono esclusi gli edifici per il cui uso non sono previsti l’installazione e l’uso di impianti tecnici per la climatizzazione, come cantine, autorimesse o depositi. Per queste tipologie, però, sono valide le indicazioni del decreto inerenti all’integrazione dell’infrastruttura per la ricarica dei veicoli elettrici. L’esclusione dall’applicazione del decreto riguarda anche gli edifici vincolati, per i quali spetta all’autorità per la tutela dei beni esprimersi rispetto alla compatibilità degli interventi di riqualificazione energetica.

Le novità per la riqualificazione energetica degli edifici

Le nuove costruzioni e le ristrutturazioni dovranno mettere al primo posto l’efficienza energetica, ma anche la salute e la sicurezza delle persone. La strategia di ristrutturazione a lungo termine contenuta nel decreto è stata recepita nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima  (PNIEC) sono stabilite delle misure necessarie allo scopo, tra cui una ricognizione del parco immobiliare, l’individuazione di approcci e tecniche consoni allo scopo, facendo riferimento alla tipologia di edificio e al suo ciclo di vita, ma anche a un bilancio dei costi e dei benefici ottenibili.

Tra i vari punti del decreto, però, assume particolare rilievo la promozione di nuove tecnologie informatiche e intelligenti, si parla quindi di ICT, domotica e building automation. L’automazione e l’intelligenza, del resto, sono ingredienti importanti per assicurare un reale efficientamento nella gestione degli impianti.

Da qui anche l’introduzione dell’indicatore di “prontezza” dell’edificio, ovvero un nuovo parametro che calcolerà l’intelligenza dell’immobile, da affiancare a quello per l’efficienza energetica.

Nuovi requisiti anche in ambito di infrastruttura per la mobilità elettrica, validi sia per le nuove costruzioni che per le ristrutturazioni, necessari a dare un maggior impulso a questo tipo di mobilità, prevedendo anche un numero minimo di installazioni di punti di ricarica. Infine, con il nuovo decreto l’Attestato di Prestazione Energetica (APE) assume ancora maggior rilievo e le competenze sanzionatorie passano alle regioni e alle province autonome.

Comunità energetiche: che sia la volta buona?

Mai pensato di vendere energia elettrica al vicino di casa? Anche l’Italia, oggi, può parlare di comunità energetiche. Per la prima volta, infatti, la normativa viene in soccorso di un’opportunità molto attesa dal mondo rinnovabile e dai consumatori italiani.

Parliamo di quanto previsto all’articolo 42-bis “Innovazione in materia di Autoconsumo da fonti rinnovabili” del Decreto Milleproroghe, che consente ai cittadini di esercitare collettivamente il diritto di produrre, immagazzinare, consumare, scambiare e vendere l’energia auto prodotta, con l’obiettivo di fornire benefici ambientali, economici e sociali. Una vera e propria svolta decentralizzata, da interpretare al meglio per favorire la transizione energetica del nostro Paese.

Tra fotovoltaico, prosumer (produttori-consumatori) e condominio del futuro si colloca l’opinione di Valerio Natalizia, Regional Manager South Europe di SMA, su questa potenziale rivoluzione.

Dal singolo prosumer alle comunità energetiche

“A livello normativo, l’autoproduzione da fonti rinnovabili non interessa più solo le abitazioni indipendenti, ma anche i condomìni, che ospitano circa il 60% della popolazione italiana – spiega il manager -. La grande novità consiste soprattutto nella possibilità di stoccare l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici per consumarla in maniera differita”.

Una rivoluzione che il settore elettrico e la filiera del fotovoltaico aspettavano da tempo, per dare una spinta definitiva alla transizione energetica italiana

Gli utenti, infatti, possono associarsi e divenire auto-consumatori che agiscono collettivamente. In che modo? Condividendo l’energia prodotta e utilizzando la rete di distribuzione esistente, purché gli impianti coinvolti non superino la potenza complessiva di 200 kW. Inoltre, l’energia condivisa deve essere pari al minimo, in ciascun periodo orario, tra l’energia elettrica prodotta e immessa in rete dagli impianti a fonti rinnovabili e quella prelevata dall’insieme dei clienti associati.

Quali vantaggi per i cittadini

Le community energetiche portano all’utente finale risparmi prossimi al 20-25% sul costo dell’energia, l’equivalente di circa 0,10 €/kWh. Non solo, i prosumer condominiali hanno finalmente l’opportunità di interagire “elettricamente” tra loro, magari vendendosi reciprocamente energia. Una prospettiva ben più ampia, che non limita l’impianto fotovoltaico all’alimentazione delle utenze comuni o alle attività del singolo appartamento.

“La norma facilita la diffusione di nuovi impianti green tramite l’aggregazione di piccoli investitori – aggiunge Natalizia -, semplificando acquisto di energia e accesso ai mercati energetici senza trascurare le finalità di carattere sociale. L’impianto, infatti, non deve rappresentare l’attività remunerativa principale dei condomini, intervenendo così nella lotta alla povertà energetica”.

Verso i condomìni a emissioni zero

Si profila così il condominio del futuro: interconnesso, efficiente e ovviamente rinnovabile. Soprattutto, grazie all’intelligenza artificiale, il building sarà in grado di apprendere i comportamenti delle utenze e ottimizzare i consumi degli impianti, integrati in un’unica piattaforma di controllo.

Un passaggio già abilitato dalle tecnologie sul mercato: ennexOS di SMA, per esempio, raccoglie efficacemente in un unico portale tutti i dati delle comunità energetiche. Gli unici limiti allo sviluppo dei condomìni autosufficienti, in verità, sono i condomìni stessi. Per intervenire sulle strutture italiane più datate, gli utenti dovranno prevedere adeguamenti strutturali e impiantistici, necessari per avviare il circolo virtuoso dell’autoconsumo collettivo.

Comunità energetiche e mobilità elettrica

“I cambiamenti smart delle città italiane avranno importanti ricadute sul nostro vivere comune, incentivando anche la mobilità elettrica – conclude Valerio Natalizia -. Basti pensare a un impianto installato sul tetto di una scuola, che durante il weekend dedica alla comunità l’energia accumulata in settimana, offrendo spazi per la ricarica elettrica di auto, moto, biciclette e trasporto pubblico”.

Ciò che in molti Paesi europei è realtà, in Italia ha ancora le sembianze di un embrione da crescere con cura. I segnali sono incentivanti, ma servirà comprendere bene la normativa e conoscere il livello di incentivo previsto per l’attivazione delle comunità energetiche.

Quali sono gli oggetti che diventano intelligenti in città?

L’intelligenza di una città è data da un insieme di servizi, tecnologie, politiche e progetti che, nel complesso, la rendono più sostenibile, efficiente e sicura. L’implementazione di una Smart City può avvenire in diversi modi, ma la tecnologia è il principale strumento abilitante, introducendo le città ad una vera e propria rivoluzione digitale. Le applicazioni di Internet of Things, che è ciò che rende gli oggetti intelligenti, sono molte, ecco alcuni esempi.

I lampioni intelligenti

La diffusione dei lampioni intelligenti è molto interessante soprattutto per la loro distribuzione sul territorio, che li rendere perfetti per una raccolta dati e un monitoraggio capillare delle aree urbane. I lampioni intelligenti comunicano tra loro e, grazie alla sensoristica e all’IoT, possono trasmettere dati, ad esempio sul monitoraggio del traffico, sui sistemi di videosorveglianza, sulla qualità dell’aria o per lo Smart Parking. La rete di illuminazione diventa una vera e propria rete digitale.

Una gestione dei rifiuti smart

La raccolta differenziata ha vissuto un incremento positivo negli ultimi anni, ma la gestione dei rifiuti urbani rimane critica in molte città. L’IoT permette di realizzare cassonetti intelligenti, che garantiscano non la tracciabilità del rifiuto, ma che inviano anche segnali, allarmi o comunicazioni. In questo modo possono comunicare il loro stato di riempimento, segnalare rifiuti non conformi e fornire informazioni ai cittadini sulla raccolta differenziata. La comunicazione tra oggetti, utenti, operatori e mezzi di trasporto per la raccolta dei rifiuti, assicura anche un’efficienza del servizio più elevata.

Semafori intelligenti e gestione del traffico

I semafori intelligenti permettono di regolare il traffico in modo efficiente, anche in questo caso grazie ad un sistema di sensori che rileva il traffico e regola di conseguenza il funzionamento del semaforo. Lo scopo di questi semafori è proprio quello di permettere un risparmio di tempo e favorire i flussi dei veicoli in modo intelligente, soprattutto sulle direttrici principali o in corrispondenza di nodi nevralgici.

Le città intelligenti richiedono una vera e propria rivoluzione digitale

Città intelligenti e più sicure con la videosorveglianza

Se si parla di innovazione e rivoluzione digitale non si può fare a meno di accennare ai nuovi sistemi di sicurezza e di videosorveglianza. Le telecamere sono connesse e raccolgono costantemente dati e grazie ai Big Data possono essere interpretati e letti. In ambito di sicurezza si sono sviluppate anche soluzioni per il controllo della città nel caso di eventi catastrofici, applicazioni per distribuire in fretta informazioni ai cittadini nel momento di crisi e sensori per monitorare alcuni fenomeni, tra cui il rischio sismico e idrogeologico.

Anche le reti idrica ed energetica possono essere intelligenti

L’Internet of Things permette di rivoluzione ed efficientare anche le infrastrutture presenti in città, come la rete idrica e quella di distribuzione dell’energia. In ambito idrico, l’IoT e la sensoristica permettono un monitoraggio dei consumi, della qualità dell’acqua, ma anche di eventuali perdite e guasti. L’efficienza della rete idrica italiana è ancora troppo bassa, a causa di molti sprechi e dell’età degli impianti e la tecnologia è un’importante occasione per rinnovare l’infrastruttura, tanto che già diversi operatori del settore sono impegnati nell’offrire e nello sviluppare prodotti e servizi dedicati allo scopo. In ambito energetico, si parla di Smart Grid, ovvero un nuovo modello di rete energetica, che permette di gestire la rete in modo più efficiente ed affidabile, incentivando anche l’uso delle fonti rinnovabili e dei cosiddetti “prosumer”. La rete, infatti, è più flessibile e può raccogliere una maggior quota di energia rinnovabile anche se prodotta in modo distribuito.

Fermate dei mezzi pubblici intelligenti

Le fermate dei mezzi pubblici intelligenti integrano diverse funzionalità, che si sommano a quella di fornire ai cittadini informazioni in tempo reale sui mezzi pubblici e sulle condizioni del traffico. Ad esempio, ci sono pensiline che permettono di ritirare pacchi, di pagare le bollette o di chiamare un taxi. Accanto alle fermate intelligenti, le soluzioni per innovare la mobilità sono molte, tra cui App per muoversi in modo veloce ed efficiente in città, lo sviluppo di veicoli automatizzati e senza autista, il car sharing e il bike sharing, ecc…

Gli edifici intelligenti, per una città più intelligente

In una città intelligente, chiaramente, non possono mancare gli Smart Buildings. Gli edifici intelligenti, sia in ambito domestico che terziario, permettono di risparmiare energia, sono più efficienti e confortevoli, grazie al controllo da remoto di ogni dispositivo e dell’automazione degli impianti.

Torna il tempo della sharing mobility

Ripartono gli italiani, riparte la voglia di una sharing mobility sicura e sostenibile. Se durante la quarantena le città italiane hanno visto calare vertiginosamente la richiesta di biciclette, monopattini e auto attraverso servizi condivisi, torniamo oggi a ragionare su livelli pre-crisi. Almeno per Roma, Milano, Torino, Bologna, Cagliari e Palermo, le sei città italiane coinvolte dal quarto Osservatorio Nazionale Sharing Mobility.

Qui, infatti, il confronto tra febbraio e maggio 2020 fotografa un recupero record di 60-70 punti percentuali per biciclette e monopattini. Meno significativa, ma comunque promettente, la ripartenza del car sharing, al +30% nel mese di maggio.

Sharing mobility alleata del trasporto pubblico

Il motivo della rapida risalita? Gli analisti concordano nell’accordare alla mobilità condivisa un importante ruolo di supporto al trasporto pubblico, fortemente “penalizzato” dall’emergenza sanitaria. Infatti, a causa del distanziamento sociale, bus, tram e metro viaggiano a capacità ridotta, agevolando l’adesione a servizi alternativi e sostenibili.

I servizi leggeri con biciclette, scooter e monopattini sono attualmente preferiti ad altre forme di mobilità condivisa

“La tragedia del Covid-19 sta cambiando il nostro modo di vivere, in particolare nelle grandi città – spiega il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, intervenuto durante la Conferenza Nazionale Sharing Mobility, promossa da Deloitte, Rete Ferroviaria Italiana, Uber, Key Energy di Italian Exhibition Group e Lifegate -. Un modo diverso di muoversi, più gentile, più attento alla tutela dell’ambiente e alla qualità dell’aria, che fa recuperare tempi e spazi al cittadino. Questo nell’ottica di ricercare una normalità green, che prevede anche una mobilità sostenibile, condivisa e intelligente”. E lo vediamo nella decisa ripartenza dei servizi di sharing nelle città analizzate.

Italiani in mobilità green

Veniamo al dunque: il 71% dei 12.688 cittadini intervistati dichiara di aver iniziato a lavorare in smart working, con ripercussioni nella mobilità nel suo complesso. La buona notizia è che già nel mese di aprile, il 61% dei “clienti” abituali del car sharing dichiarava la volontà di riutilizzare questo servizio nella fase due. Le percentuali crescono per scootersharing (66%) e bikesharing (69%), confermando la predilezione per i servizi senza abitacolo. Tra le città che hanno recuperato più velocemente, spiccano Palermo e, al secondo, posto Milano.

Anche al momento di esprimere la sicurezza percepita delle diverse modalità di trasporto su una scala di valori da 1 a 5, il campione ha premiato i mezzi “aperti”:

Infine, nel complesso dei dati raccolti, gli italiani non ritengono pericolosi i servizi di mobilità condivisa e non hanno intenzione di mettere in discussione le abitudini consolidate prima della pandemia.

Città sostenibili? 5 mosse per farcela

La riscossa della mobilità sostenibile trova riscontro nella micromobilità incentivata dal Decreto Rilancio, ma non basta. Cittadini e istituzioni sono chiamati a vincere una sfida culturale, che porterà benefici ambientali, sociali, sanitari ed economici.

“Il Covid-19 impatterà sugli attori italiani dell’ecosistema mobilità – spiega Luigi Onorato, Senior Partner di Monitor Deloitte -: il settore automotive prevede un calo delle immatricolazioni di automobili del 37% sul 2019, mentre il 42% dei lavoratori afferma di aver subito perdite di reddito sostanziali e il trasporto pubblico incasserà 1,5 miliardi di euro in meno nel 2020. Nessuno sarà escluso dall’esigenza di reinterpretare la propria idea di mobilità, pensando a digitalizzazione, sicurezza e infrastrutture”. Dalla conferenza sulla sharing mobility emerge dunque un “Piano strategico della Nuova Mobilità”, che integra le esigenze delle aree metropolitane e quelle, ben diverse, delle realtà locali.

La proposta muove su 5 pilastri:

La green economy si fa condivisa

“L’obiettivo di mobilità sostenibile di questo paese – conclude Raimondo Orsini, coordinatore dell’Osservatorio Sharing Mobility è ridurre l’uso dell’automobile e quindi anche il suo tasso di proprietà, tra i più alti al mondo. I servizi di sharing sono un’alternativa al calo della domanda del trasporto pubblico e un alleato delle città per limitare la congestione. È importante quindi aiutare questa rivoluzione silenziosa, già nella conversione in legge del DL Rilancio, aiutando le famiglie italiane che vogliono avvicinarsi a queste nuove forme di mobilità”.

La conferenza digitale sulla sharing mobility ha preso quest’anno il simbolico titolo di #LessCARS.

Trasporto locale, auto elettriche e sharing mobility integrati in modelli di business che mettono al centro le esigenze e la sicurezza delle persone, con un occhio di riguardo per l’ambiente.

Da Rossini l’illuminazione ideale per gli ex Magazzini Generali di Verona

Il sistema illuminante lineare QUAD di Rossini Illuminazione è stato scelto per la realizzazione dell’intero sistema di illuminazione nel progetto di riqualificazione degli edifici 25 e 26 parte del complesso industriale degli ex Magazzini Generali di Verona affidato allo studio di Architettura Mario Botta per ridare vita e lustro ad un luogo importante e storico della città.

QUAD, un sistema versatile e completo

QUAD Rossini IlluminazioneIl recupero dei due edifici ha presentato diverse criticità legate ai vincoli architettonici e alle specificità del progetto. Lo studio di architettura ha però individuato nel sistema QUAD, integrato da altri apparecchi illuminanti Rossini, la soluzione ideale per illuminare gli ambienti di lavoro e le aree comuni. La versatilità del sistema è stata ulteriormente amplificata dalla customizzazione in funzione di un risultato che tenesse in considerazione anche elementi come il risparmio energetico, la bassa manutenzione e l’integrazione nella domotica.

In termini di customizzazione il sistema QUAD si è dimostrato molto flessibile nell’adattarsi fisicamente alle differenti necessità architettoniche. È stato inoltre possibile realizzare un nuovo sistema di collegamento tra i moduli (meccanico ed elettrico) molto più rapido di quello standard, per permettere un montaggio estremamente facile e veloce, e infine un nuovo sistema di aggancio dei moduli LED all’interno della struttura, così da permettere un veloce sostituzione.

Il ruolo di Rossini Illuminazione

Rossini Illuminazione per Ex magazzini VeronaMai come in questo caso l’illuminazione ha avuto un ruolo essenziale per connotare gli ambienti: le sale riunioni, gli open space, gli showroom e le aree di collegamento non solo sono dotate della giusta luce, ma contribuiscono alla produttività e al benessere di chi ne fruisce.

E aldilà degli aspetti tecnici, da questo e da altri progetti emerge la competenza di Rossini Illuminazione nei progetti sviluppati per il contract, retail, hotellerie e strutture sanitarie per i quali è importante coniugare tecnologia, innovazione e wellness.

In particolare, il sistema QUAD è un apparecchio a Led a monoemissione o biemissione, composto da un corpo in alluminio estruso dalla forma lineare e netta di parallelepipedo dotato di testate in pressofusione di alluminio. Una delle caratteristiche di questo prodotto è che mediante l’applicazione di alcuni accessori raggiunge una bassa luminanza e un basso fattore di abbagliamento, che consente l’installazione in ambienti con computer, garantendo un ottimo comfort visivo. L’Installazione del corpo illuminante può essere a sospensione, a soffitto o a parete.

L’Intelligenza Artificiale per abbattere i consumi energetici

Edison ha siglato un accordo di partnership con Metron, azienda francese che opera nell’innovazione digitale, per offrire ai propri clienti industriali “Edison Analytics powered by Metron”. Si tratta di una soluzione di monitoraggio e ottimizzazione dei consumi energetici che sfrutta la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale, per rispondere alle esigenze sempre crescenti delle aziende italiane.

In particolare, la nuova offerta si rivolge alle industrie italiane che si caratterizzano per gli elevati consumi energetici, tanto da totalizzare circa il 20% dei consumi totali di energia del Paese. Le stesse aziende che in questi anni hanno accumulato un’enorme mole di dati disponibili. Peccato che non sempre si hanno a disposizione gli strumenti adatti per estrarre da questi dati le informazioni utili a ridurre l’impatto, sia economico sia ambientale, dei consumi e aumentare la competitività delle aziende interessate.

Intelligenza Artificiale per le strategie energetiche di lungo periodo

Lo scopo della partnership fra Edison e Metron è quindi quello di fornire alle medie e grandi industrie italiane gli strumenti utili all’utilizzo di questi dati con l’obiettivo di raggiungere la consapevolezza necessaria su quello che si consuma e come si consuma, nonché il know-how fondamentale per definire strategie energetiche di lungo periodo, promuovendo inoltre la messa in opera di sistema per la gestione dell’energia (ad esempio la certificazione ISO 50001).

“Si tratta di una soluzione innovativa nel panorama nazionale – ha spiegato Paolo Quaini, Direttore servizi energetici e ambientali di Edison – che combina l’expertise di Edison nella gestione e ottimizzazione dei siti industriali con le soluzioni innovative di Metron, consentendo finalmente di trasformare il dato energetico e operativo in risparmio economico e ambientale. La soluzione si può applicare a tutti i processi industriali di qualsiasi settore produttivo, ed è in grado di prevedere le future esigenze energetiche di un impianto, individuare nuove opportunità e soluzioni di efficientamento, e se necessario ottimizzare la gestione delle singole macchine impiegate negli stabilimenti”.

Possibili risparmi fino al 14% della spesa energetica

Il funzionamento della piattaforma digitale Edison Analytics powered by Metron prevede la raccolta, aggregazione ed analisi in tempo reale di qualsiasi tipo di dato generato da un impianto industriale, interagendo al contempo con i dati provenienti dall’esterno. In pratica una soluzione che è in grado di ricreare un “gemello digitale” dello stabilimento, sempre aggiornato grazie a un sofisticato modello che combina una vasta libreria di tecnologie industriali e fonti di energia.

Su questa base è poi possibile individuare nuove opportunità di ottimizzazione grazie all’intelligenza artificiale basata sul Machine Learning, ovvero la capacità di apprendimento automatico attraverso una serie di algoritmi che analizzano i dati storici e prevedono le esigenze energetiche degli impianti analizzati. Il risultato, sottolineano le due aziende, è che grazie all’apporto di Edison Analytics powered by Metron sarà possibile ottenere risparmi fino al 14% dei consumi energetici complessivi.

Il sensore a tenda DT AM cablato offre sicurezza e connettività

Risco Group ha recentemente lanciato sul mercato il nuovo sensore a tenda DT AM cablato, che arricchisce ulteriormente la propria gamma di rilevatori da esterno. Progettati per offrire una protezione ancora più affidabile grazie a tecnologie avanzate, i nuovi sensori da esterno cablati si contraddistinguono per le funzionalità uniche di configurazione e diagnostica da remoto, quando connessi al BUS delle centrali ibride di Risco: attraverso il cloud, infatti, l’installatore è in grado di intervenire e apportare le modifiche necessarie ovunque si trovi e programmare l’eventuale visita in loco – se necessaria – quando è più conveniente.

Le funzionalità del nuovo sensore a tenda

sensore a tenda da esterno Risco GroupIl nuovo sensore a tenda DT AM da esterno cablato permette al sistema di sicurezza di identificare un intruso prima ancora che entri nell’area che si desidera proteggere. Per garantire una protezione ancora più elevata e minimizzare i falsi allarmi, la nuova soluzione di Risco Group è dotata della tecnologia di rivelazione DT integrata, che combina microonda in banda K con sensore PIR e sensore luce solare per ignorare gli improvvisi sbalzi di intensità luminosa sulla base di un apposito algoritmo.

Inoltre, la nuova soluzione di Risco si avvale della tecnologia antimascheramento a infrarosso attivo in grado di segnalare eventuali tentativi di manomissione.

Resistente ad acqua, polveri, pioggia e neve (offre infatti un grado di protezione IP65) e ai raggi UV, non si scolorisce né si usura col tempo.

Un angolo di rilevazione pensato per evitare falsi allarmi

Il nuovo sensore a tenda di Risco è in grado di proteggere in modo efficiente gli spazi adiacenti un muro perimetrale, una finestra o un’area aperta grazie al fascio di rilevazione molto stretto – fino a 1 metro alla massima distanza – e alla copertura regolabile fino a 12 metri di distanza.

Il sensore avvisa del passaggio di intrusi all’interno del fascio, ma non genera allarmi per chi si muove nelle vicinanze del fascio. In questo modo la zona può rimanere inserita 24 ore su 24, anche mentre ci sono delle persone all’interno degli spazi protetti o che si muovono all’esterno dell’area protetta. Ciò è molto utile per gli utenti che desiderano lasciare le finestre aperte mentre sono a casa, rimanendo al sicuro ed evitando situazioni di allarmi generati accidentalmente.

Diagnostica da remoto

Questo sensore a tenda offre funzionalità di configurazione e diagnostica da remoto tramite tastiera o software di configurazione, quando il sensore è collegato al BUS delle centrali ibride di Risco (LightSYS e ProSYS PLUS), rendendo così installazione e manutenzione ancora più semplici.

Industria digitale per reagire alla crisi

Industria digitale e lockdown: com’è andata? Potremmo parlare di due facce di una medaglia, il manufatturiero italiano, che ha vissuto lo stop forzato con la “consapevolezza” che le applicazioni smart possono supportare le imprese anche nei momenti difficili.

Lo conferma “Digital New Normal: essere 4.0 ai tempi del Covid”, l’ultima ricerca dell’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano. Su 1.100 applicazioni 4.0 censite nel 2019, infatti, il 46% è risultato utile durante il lockdown, sottolineando il ruolo primario della digitalizzazione anche nell’emergenza sanitaria.

L’emergenza sanitaria ha forzato le industrie a trarre il meglio dagli investimenti digitali, per dare resilienza alle value chain di riferimento

Industria digitale vola nel 2019

Facciamo un passo indietro, alla situazione pre-Covid. Il mercato Industria 4.0 in Italia nel 2019 ha toccato quota 3,9 miliardi di euro, con una crescita del 22% rispetto all’anno precedente.

I principali investimenti 4.0

Parliamo di una quota praticamente triplicata in quattro anni e prevalentemente composta da:

Si confermano forti anche le attività di consulenza e formazione per progetti Industria 4.0, con un fatturato di 255 milioni di euro, al +17% rispetto al 2018.

Mercato Industria 4.0 nel 2019

Aziende in evoluzione tecnologica

Sempre nel 2019, il 40% delle aziende italiane ha investito più del 2018 in applicazioni 4.0. Oggi se ne contano infatti 4,5 per azienda, con particolare attenzione a soluzioni Cloud e Analytics per la Supply Chain e all’IoT per le fabbriche. Mentre si intravede, all’orizzonte, anche un 7% di Intelligenza Artificiale.

Quanto alle valutazioni sulla strategia adottata, spesso il ritorno d’investimento non è immediato, ma solo l’1% delle imprese si dichiara deluso.

Cosa aspettarsi dal post-Covid?

Se il 2020 dell’industria digitale era chiamato a seguire la strada degli anni precedenti, con crescite comprese tra il 20 e il 25%, l’emergenza sanitaria ha decisamente cambiato i piani delle aziende.

Ora, all’indomani della ripartenza, gli analisti del Politecnico di Milano avanzano previsioni piuttosto caute. Lo scenario ottimistico fotografa una chiusura dell’anno quasi in linea con il budget iniziale, quello pessimistico stima invece una flessione del 5-10%.

Le strategie 4.0 ripartono piano

Nei prossimi mesi, come prevedibile, gli investimenti saranno ridotti. Il 26,5% delle imprese interessate allo smart manufacturing posporrà almeno la metà di quanto pianificato. Circa un quarto degli intervistati si concentrerà invece su Industrial-IoT, Analytics e Advanced HMI. Non meno importante, il mondo imprenditoriale chiede incentivi per non fermare la crescita digitale.

Le misure “predilette” sono:

Ma la trasformazione digitale esce vincente

Nel medio-lungo termine, tuttavia, il sentiment verso Industria 4.0 rimane positivo. “L’emergenza segnerà profondamente le imprese italiane – commenta Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 -. Circa il 40% stima una perdita di fatturato di oltre il 20% rispetto al budget, ma gli investimenti in digitale hanno permesso di reagire all’emergenza sanitaria e, secondo la maggioranza delle industrie, questa esperienza si rivelerà un acceleratore della trasformazione 4.0”.

Quasi un terzo delle aziende sta riconvertendo la produzione o valuta di farlo (rispettivamente il 12% e 19%). E il 25% di queste realtà imprenditoriali lo ritiene possibile anche grazie a tecnologie come IoT e Cloud.

Smart manufacturing per tipo di tecnologia

Le smart technology del momento

Di cosa è fatta, oggi, l’industria digitale? Come anticipato in apertura, nel 2019 l’Osservatorio ha contato complessivamente 1.100 applicazioni tecnologiche 4.0. Di queste, l’88% riguarda le grandi aziende e il 12% le Pmi.

Industrial IoT in prima linea

L’Industrial IoT rimane la tecnologia più adottata, con circa 300 applicazioni e una crescita del 42% rispetto al 2018. Questi sistemi si abbinano spesso a soluzioni di Industrial Analytics (+39%) per fare manutenzione predittiva e ottimizzare i processi produttivi.

Il Cloud Manufacturing, in aumento de 27%, si focalizza invece su accessibilità, visibilità e collaborazione nei processi di Supply Chain. Bene anche l’Additive Manufacturing, al +34% sul 2018, per i benefici in termini di flessibilità di produzione.

Avanza la realtà aumentata

Crescono del 20% anche le applicazioni di Advanced Human-Machine Interface nei processi di manutenzione, sviluppo prodotto e training. Il 70% delle 200 soluzioni censite è legato alla realtà aumentata e il 15% alla realtà virtuale. Si distinguono anche le applicazioni di Advanced Automation in assemblaggio, saldatura, pressofusione, avvitatura, levigatura, lucidatura, logistica e safety.

Perché l’IoT migliorerà la nuova normalità

Con gli occhi rivolti al futuro, l’Osservatorio Industria 4.0 riconosce alle tecnologie IoT un ruolo chiave nella fase di “convivenza” con il virus. Aiuteranno infatti a migliorare il distanziamento sociale nei luoghi di lavoro, localizzando e tracciando i percorsi. Le piattaforme di teleconferenza continueranno a supportare la gestione di riunioni, trattative commerciali, revisioni e collaudi, unite a design collaborativo e simulazioni di processo per lo sviluppo dei prodotti.

Industria e digital twin

Il tutto secondo i principi del Cyber Physical System (CPS). Secondo tale paradigma, le tradizionali macchine si evolvono per comunicare, raccogliere, elaborare dati e agire da “ponte” tra realtà fisica e virtuale. “L’introduzione del CPS – aggiunge il direttore dell’Osservatorio Marco Macchi -, è un’opportunità fondamentale per avere garanzia di continuità degli impianti e delle filiere, superando l’idea che si debba essere necessariamente sul posto per certe azioni e decisioni. È fondamentale che le imprese imparino a lavorare in un ambiente virtuale a stretto contatto con la realtà fisica”. Si fanno largo, dunque, modelli Digital Twin per la simulazione, algoritmi di analisi dati con l’Artificial Intelligence e tecnologie di interfaccia uomo-macchina di ultima generazione.

L’industria digitale è fatta di progetti

L’organizzazione della strategia 4.0 resta invece la principale lacuna delle aziende italiane. Un quarto delle imprese porta avanti progetti confusi, senza roadmap, pianificazione o coordinamento. Il 42% invece agisce in modo coordinato, ma senza una strategia complessiva, mentre il 24% segue solo una roadmap generale. Infine, un piccolo 10% delle aziende vanta un programma globale per identificare e strutturare diversi progetti.

Ma proprio sull’approccio sistemico si giocano la ripartenza del settore e la floridità del suo futuro. Lo studio rivela che una visione strategica dei progetti 4.0 porta numerosi benefici, in quanto evita la duplicazione delle risorse attivate e massimizza le probabilità di raggiungere gli obiettivi smart.

Smart & Connected Car: mercato e prospettiva del consumatore

Il mondo delle Connected Car è in continua evoluzione e sta progressivamente conquistando anche il nostro paese, dove sempre più cittadini si dimostrano pronti ad acquistare queste vetture di ultima generazione. Del mercato delle auto connesse e del punto di vista dei consumatori rispetto a tali veicoli si è parlato in occasione del convegno “Connected Car & Mobility: un nuovo inizio“, tenutosi in diretta streaming venerdì 12 giugno 2020.

L’evento è stata l’occasione per presentare i risultati della ricerca realizzata dallOsservatorio Smart & Connected Car della School of Management del Politecnico di Milano, progetto nato nel 2019 con il fine di rispondere al crescente interesse di aziende pubbliche e private verso le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie applicate ai settori dell’auto e della mobilità.

Scopriamo a questo punto come sta maturando il mercato delle Connected Car in Italia.

Mercato delle Connected Car: i trend

Come evidenziato nel rapporto dell’Osservatorio, nel 2019 il mercato delle soluzioni per l’auto intelligente e connessa si è dimostrato in incremento nel nostro paese, raggiungendo un valore di 1,2 miliardi di euro e conoscendo una crescita del 14% rispetto al 2018, perfettamente in linea con le principali realtà occidentali. In totale nella nostra penisola si contano 16,7 milioni di veicoli connessi, pari a oltre il 40% delle vetture circolanti.

Sebbene l’emergenza Covid-19 abbia rallentato lo sviluppo del mercato nei primi mesi del 2020, la Connected Car è destinata a riprendere la sua diffusione, appoggiandosi su quattro pilastri principali su cui tutti gli attori in gioco stanno focalizzando l’attenzione. L’auto del futuro sarà infatti connessa, elettrica, autonoma e condivisa.

I quattro pilastri dell'auto del futuro

“Connected Car & Mobility: un nuovo inizio” – L’auto del futuro: connessa, elettrica, autonoma e condivisa

L’innovazione digitale rappresenta quindi la chiave di volta che porterà una profonda trasformazione nel settore automotive. I trend che si stanno affermando a livello internazionale sono numerosi: dalla connettività integrata a bordo veicolo, capace di abilitare nuovi servizi per gli utenti, all’affermarsi di logiche di utilizzo condiviso contrapposte alla proprietà della vettura, dall’avanzata delle e-car alla metamorfosi del viaggiatore che da conducente diviene passeggero. Da questo cambiamento, che sta avvenendo a un ritmo estremamente rapido anche nel panorama italiano, deriverà un drastico cambio di rotta sotto il profilo tecnologico ma soprattutto sul fronte dei modelli organizzativi delle imprese legate al comparto automotive.

I nuovi modelli di business

Le vetture nativamente connesse stanno cambiando le regole del mercato, con la nascita di nuovi modelli di business su cui stanno convergendo i vari attori che popolano la filiera dell’auto.

È il caso delle assicurazioni che in futuro non avranno più il controllo dei dati provenienti dalle scatole nere ma dovranno, da un lato stipulare partnership con i produttori per personalizzare il premio assicurativo fondandosi sullo stile di guida del cliente, e dall’altro trovare nuove soluzioni per raccogliere i dati, ad esempio usando gli smartphone in alternativa ai dispositivi integrati a bordo auto.

Si può anche pensare all’ambito delle Pay per Use, con l’affacciarsi dell’opportunità di pagare una autovettura e le rate associate sulla base del consumo in termini di chilometri percorsi. O ancora ai produttori di componenti che stanno lavorando su nuove offerte sempre più in grado di integrare a bordo veicolo sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS).

Siamo quindi di fronte a un mercato altamente innovativo e in forte evoluzione che non può essere promosso dai soli produttori di autoveicoli ma che apre le porte alla necessità di fare squadra attraverso il coinvolgimento di molti attori, spaziando dai fornitori di pneumatici al mondo delle Telco, fino alle compagnie assicurative e ai grandi player dell’High-Tech.

La sfida degli assistenti vocali

Nel ventaglio dei trend riguardanti il mercato delle Connected Car un tassello importante è occupato dagli assistenti vocali integrati nei veicoli. Si tratta di una battaglia appena iniziata in cui i grandi Over-The-Top stanno giocando un ruolo di primo piano, anche se non mancano esempi di smart speaker “fatti in casa” dalle stesse imprese automobilistiche, sempre più attente all’evoluzione di questo business.

La possibilità di interagire con assistenti vocali integrati a bordo veicolo sta divenendo sempre più un’esigenza per gli utenti che desiderano avere un’esperienza quanto più semplice possibile, con l’opportunità di usare la voce per impartire comandi o chiedere consigli. Allo stato attuale delle cose, questa necessità si è già concretizzata grazie alle numerose soluzioni disponibili nei nuovi modelli di auto. Dopo l’ingresso nel mercato della Smart Home, gli assistenti vocali Alexa di Amazon, Assistant di Google e Siri di Apple hanno infatti puntato con fermezza anche a quello dell’auto.

Come diretta conseguenza, si sono moltiplicate le partnership tra i produttori di autovetture e i big tecnologici. Ma non tutte le case automobilistiche hanno seguito la strada della partnership: alcune hanno preferito lanciare il proprio assistente vocale, lasciando tuttavia aperte le porte all’integrazione con Smart Speaker di terze parti.

La sicurezza

La sicurezza costituisce la priorità dei consumatori italiani per l’auto del futuro. I sistemi di assistenza alla guida (ADAS) sono perciò destinati a svolgere un compito essenziale nel mercato delle Connected Car del nostro Paese. Questi sistemi sono sempre più integrati all’interno delle auto di nuova omologazione e gli effetti positivi sugli incidenti stradali possono essere molto rilevanti, determinando una riduzione percentuale degli stessi, del numero di vittime e di feriti, nonché un conseguente risparmio economico derivante da tale diminuzione.

Un beneficio che non passa inosservato agli italiani. Ai primi posti tra le funzionalità Smart più desiderate dai nostri consumatori troviamo proprio i dispositivi per la sicurezza attiva (61%), segno del crescente interesse verso queste soluzioni nell’utente finale*.

A offrire un’ulteriore spinta al trend sarà anche la normativa che entrerà in vigore a partire da luglio 2022, con cui si obbligheranno i Car Maker a integrare a bordo di tutti i nuovi veicoli sistemi ADAS, quali la frenata automatica di emergenza o il mantenimento di corsia.

La prospettiva del consumatore

Qual è invece il punto di vista sulla Connected Car del consumatore finale che deve poi decidere se utilizzare o meno le nuove funzionalità Smart abilitate a bordo dei veicoli? Per poter tracciare il quadro della situazione nel nostro paese, nel mese di dicembre 2019 l’Osservatorio Smart & Connected Car ha realizzato una survey CAWI in collaborazione con Doxa. L’indagine ha coinvolto più di mille consumatori, rilevando il contesto che segue.

Il livello di conoscenza dei consumatori

L’auto connessa è ormai nota ai consumatori italiani. Tre su quattro dichiarano di conoscere già il termine “Smart Car”. La principale fonte di informazione è Internet (37%). Seguono la pubblicità in TV (35%) e la promozione sulle riviste e sui giornali (29%). Sono soprattutto gli uomini ad avere una maggiore dimestichezza con le soluzioni intelligenti per l’auto (82%) e i giovani tra i 18 e i 34 anni (81%). Ma anche una buona percentuale delle donne (69%) e delle persone meno giovani (72%) conosce le auto connesse.

Connected Car: prospettiva del consumatore

“Connected Car & Mobility: un nuovo inizio” – Prospettiva del consumatore

Le motivazioni che spingono all’acquisto

Al primo posto nell’elenco di motivazioni che guidano il consumatore all’acquisto di una vettura Smart troviamo i benefici legati al comfort (37%), grazie a funzionalità aggiuntive come la regolazione automatica della velocità dell’auto e l’assistenza al parcheggio. Seguono i benefici in termini di sicurezza (34%), derivanti ad esempio dall’utilizzo di sistemi come la frenata d’emergenza automatica.

Le funzionalità più diffuse

Parallelamente alla conoscenza, anche il risultato riguardante la diffusione delle tecnologie Smart per l’auto appare positivo. Il 61% dei consumatori possiede almeno una di tali funzionalità intelligenti. Ai primi posti tra le tecnologie più gettonate si collocano i sistemi collegati al comfort e alla sicurezza, nello specifico:

Le ragioni del non acquisto

Vi è poi l’altra faccia della medaglia, rappresentata da coloro che non hanno acquistato funzionalità Smart per il proprio veicolo. Si tratta di una fetta di consumatori corrispondente al 39%. Nel 46% dei partecipanti all’indagine le motivazioni del mancato acquisto sono legate principalmente al fatto che non si è presentata la necessità di cambiare auto. La seconda ragione che frena l’acquisto da parte dei consumatori è invece costituita dai prezzi troppo elevati (29%).

Le intenzioni future fanno tuttavia ben sperare: il 54% degli intervistati ha in programma di comprare un’auto connessa entro i prossimi tre anni, di cui il 22% entro dodici mesi.

Il tema della privacy

La privacy è un aspetto considerevole per il consumatore, sebbene i benefici ottenibili e la possibilità di accedere a servizi di valore spingano sempre più l’utente a condividere i dati raccolti dalle auto connesse.

L’indagine evidenzia infatti come il 60% degli rispondenti si dichiari disponibile alla condivisione dei dati riguardanti la propria guida per ottenere servizi a valore aggiunto, come ad esempio l’assistenza in caso di furto tramite centrale operativa, il pronto intervento in caso di sinistro o specifici sconti sul premio assicurativo in base allo stile di guida.

L’auto elettrica

Appare piuttosto elevata la percentuale di consumatori che affermano di essere pronti ad acquistare un’auto elettrica (67%). Le intenzioni di acquisto rimangono però lontane nel tempo. L’incertezza è dovuta essenzialmente ai prezzi ancora troppo elevati ma anche alla mancanza di infrastrutture adeguate che possano consentire di ricaricare le vetture in città o presso la propria abitazione.

La guida autonoma

Le risposte relative alla possibilità di usare una vettura a guida completamente autonoma in futuro si ripartiscono in maniera uniforme. Le motivazioni di chi si dimostra restio all’utilizzo dell’auto a guida autonoma derivano principalmente dal timore di perdere il controllo del veicolo (40% dei casi) e dalla paura che le tecnologie non siano ancora del tutto mature sul fronte della sicurezza e dell’affidabilità (30%). A queste ragioni, si affianca inoltre una passione innata nei confronti delle guida da parte di alcuni consumatori, alla quale non si dimostrano disposti a rinunciare (28% dei casi).

I dati raccolti evidenziano, in definitiva, il profilo di un consumatore consapevole e piuttosto preparato sulle tematiche che ruotano intorno all’universo delle Connected Car. Resta ora da verificare se la prospettiva muterà o meno alla fine del 2020, anche alla luce dell’inevitabile impatto derivante dalla pandemia di Covid-19.

*Fonte: survey CAWI realizzata in collaborazione con Doxa, Dicembre 2019