Crescono i nuovi modelli di business XaaS

Nel settore dell’illuminazione e della building automation prodotti e servizi vengono sempre più commercializzati in abbonamento. Questo trend si chiama “X as a Service” (XaaS), come ad esempio “Light as a Service” (LaaS), “Security as a Service” o “Safety as a Service” e offre vantaggi sia ai fornitori, sia ai clienti. Il concetto di servitizzazione che sta trasformando il settore industriale e cambia i modelli di business, entra anche in settori come l’illuminazione e e la sicurezza.

XaaS: da prodotto a servizio

La digitalizzazione sta accelerando questo sviluppo, consentendo nuovi modelli di business.
L’idea è semplice: i clienti non vogliono necessariamente comprare gli apparecchi di illuminazione, ma vogliono la luce. Nei contratti di servizio si assicurano pertanto la migliore illuminazione per il loro immobile senza dover sostenere per questo elevati costi d’investimento. I clienti beneficiano quindi di tecnologie sempre aggiornate e vantaggi a livello contabile, senza grossi sforzi.

La crescente digitalizzazione alimenta ulteriormente questo trend: poiché ai gestori di servizi confluiscono i dati provenienti da un ampio numero di immobili, possono sviluppare algoritmi che vanno a vantaggio di tutti i clienti. Tra le altre cose aiutano a regolare meglio il sistema d’illuminazione e a risparmiare energia.

Security as a Service

Con il termine di “modello di fornitore” i concept XaaS stanno entrando in quasi tutti i settori della building automation, come ad esempio quello dei sistemi di sicurezza e di protezione antincendio.

I fornitori di sistemi di sicurezza integrano diverse tecnologie e servizi per regolamentare gli accessi e prevenire tempestivamente le minacce. Telecamere, barriere automatiche e tornelli non vengono acquistati, ma fanno parte di un servizio completo. La progettazione, l’installazione, il software, la manutenzione e il funzionamento sono realizzati e gestiti da un unico fornitore. Per l’intera durata del contratto i costi restano stabili e sono quindi facilmente calcolabili.

Installatore elettrico: pronti al via!

L’Italia si è ritrovata, dopo il lockdown per l’emergenza Covid-19, a dovere fare i conti con una ripartenza che deve essere necessariamente cauta e graduale. E lo sarà anche per chi, come l’installatore elettrico, ha potuto non fermarsi… almeno in teoria. Ne abbiamo parlato con Guido Pesaro, responsabile nazionale di CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa).

Installatore elettrico: un non-stop solo ipotetico

Guido Pesaro, responsabile nazionale di CNAÈ innegabile: anche l’installatore elettrico ha incontrato grandi difficoltà nelle settimane in cui tutte le attività economiche si sono fermate, nonostante le disposizioni del Governo stabilissero diversamente. “Va ricordato che per le attività di installazione e manutenzione degli impianti, ricomprese nel codice ATECO 43.2, è stata autorizzata la prosecuzione sia dal Dpcm 11 marzo che dai successivi provvedimenti governativi” spiega Pesaro. “Che questa attività si sia poi potuta svolgere completamente è tutto un altro discorso”. Le difficoltà sono state dovute all’obbligo del distanziamento sociale e all’impossibilità di recarsi presso le abitazioni private. “La riottosità dei clienti, spaventati dalla possibilità di un contagio, di far entrare gli installatori in casa per svolgere le programmate manutenzioni sta oggi progressivamente rientrando e molte attività ‘clienti’ delle nostre imprese stanno riaprendo”.

Diverso approccio, invece, per il lavoro svolto presso impianti industriali o di grandi dimensioni, in particolare in strutture che hanno continuato a operare. In questo caso l’accortezza resta duplice. “Le attività di installazione e manutenzione impianti da svolgersi in sicurezza in una fabbrica, in un supermercato o addirittura in un ospedale comportano procedure molto più complesse e diverse di quelle da adottare in un intervento a casa di un cliente tipo, come la famiglia” spiega Pesaro. “Le attenzioni, però, e mi riferisco al cosiddetto distanziamento sociale e all’uso dei DPI (dispositivi di protezione individuale), sono le stesse”.

Un decalogo per gli installatori: ecco come comportarsi

Proprio per tutelare i professionisti del settore, la Confederazione è intervenuta con un documento ad hoc. “Come CNA Installazione Impianti abbiamo predisposto un Codice di Autoregolamentazione all’interno del quale abbiamo riassunto le principali indicazioni contenute nel Protocollo del 24 aprile condiviso dalle parti sociali e fatto proprio dal Governo, le misure igienico sanitarie da adottare, una sorta di ‘decalogo su cosa sia necessario fare prima, durante e dopo un intervento di installazione o manutenzione, e un Protocollo intervento fuori sede”.

Quest’ultimo descrive una serie di operazioni, indicate in successione temporale, da svolgersi durante gli interventi in esterno e concernono:

Italia a velocità variabile: la banda larga ci salverà?

La tanto attesa fase 2, dunque, ha preso il via e le attività hanno iniziato il lento riavvio alla normalità, ma con differenze sul territorio. Un “dato di fatto”, lo definisce Pesaro, “anche a fronte delle varie ordinanze in merito, a volte anche poco coerenti, delle Regioni”. E se ci sono realtà che rischiamo di non ripartire affatto, ve ne sono altre che potrebbero persino crescere: “quelle del settore elettronico” aggiunge. “Tutto il gran parlare che si è fatto in questi mesi delle necessità di sviluppare e potenziare la banda larga fa pensare a un’accelerazione spinta in questo senso, anche per superare il digital divide che ancora esiste nel nostro paese”. Tuttavia, “che le imprese installatrici possano essere protagoniste di questo sviluppo è purtroppo tutto da vedere. Ho l’impressione che, data la fretta che si ha di colmare questo gap, si metta tutto in mano a chi ha pesanti responsabilità nei ritardi e che si tenti di utilizzare le nostre imprese come mere subappaltatrici a prezzi da vero e proprio strozzinaggio. Certamente come CNA non staremo a guardare”.

Il futuro è nell’adattamento

Una crisi rappresenta sempre anche un’occasione per migliorare e di quanto sviluppato in questo periodo, secondo Pesaro, rimarrà tanto anche ad emergenza conclusa: “sia nel rapporto, nuovo e diverso, con i propri clienti, sia nell’approccio al lavoro. Guanti, mascherine, distanziamento in cantiere e nei mezzi che trasportano i dipendenti delle nostre imprese dalla sede dell’azienda al luogo di lavoro, nel prossimo futuro, saranno la normalità. Così come normale sarà per tutti gli operatori osservare la check list delle operazioni da effettuare prima, durante e dopo l’intervento. L’emergenza, anche se tutti speriamo il contrario, non si concluderà presto, per cui dobbiamo imparare a conviverci. E la capacità di adattarsi a questo nuovo modo di lavorare e di fare impresa sarà probabilmente uno degli aspetti che determineranno chi resterà sul mercato e chi no”.

Illuminare arte e liturgia nelle visioni armoniche di San Giorgio in Braida

Alla ricerca della luce perfetta, in uno “scrigno” rinascimentale dalle moderne necessità. Illuminare arte e architettura, senza dimenticare il valore funzionale della luce, era l’obiettivo dei progettisti impegnati nella riqualificazione illuminotecnica della Chiesa di San Giorgio in Braida.

Definita una “pinacoteca in miniatura” per il valore delle sue opere pittoriche, la struttura risale al XVI secolo ed è tra i luoghi di culto più apprezzati di Verona. La mission non era semplice, ma Performance in Lighting ha trasformato la necessaria riqualificazione illuminotecnica in un concept discreto ma efficace, particolarmente attento al risparmio energetico.

L’impianto di illuminazione esistente risultava ormai inadeguato in termini di performance, consumi e manutenzione

Dalla combinazione di soluzioni a LED, installate mantenendo l’impianto elettrico esistente, nascono armonie luminose che valorizzano il patrimonio artistico facilitando, al contempo, la fruizione degli appuntamenti liturgici.

Illuminare arte e architettura rinascimentale

Modelli Focus+ a LED personalizzati

Il progetto di riqualificazione efficiente trova perfetta corrispondenza nell’impianto architettonico della chiesa veronese. Merito, in particolare, dei proiettori FOCUS+ con tecnologia LED personalizzati per l’occasione.

La tonalità cromatica calda da 2.700 K e la resa di colore Ra>90 restituiscono i colori in modo fedele, evitando le emissioni ultraviolette e infrarosse nocive per le opere d’arte. Gli apparecchi sono anche meno visibili, in quanto verniciati in RAL 1013 opaco (derivazione del bianco perla) e quindi ulteriormente integrati nell’ambiente.

… senza “dimenticare” i fedeli

Serviva, a questo punto, un’illuminazione che permettesse ai fedeli di seguire la liturgia dalla platea senza smettere di “vedere” le bellezze artistiche.
La soluzione? Decine di FOCUS+ 3 con ottica rotosimmetrica media installati nella grande navata della chiesa. Per preservare il cornicione in pietra, inoltre, i progettisti hanno previsto staffe regolabili di ancoraggio. Questo ha consentito di eseguire un fissaggio a muro, orientando con precisione ogni apparecchio nonostante le irregolarità della parete. Quanto alla cupola, quattro proiettori FOCUS+ 3 con ottica asimmetrica orientati verso l’alto ne illuminano l’interno, mentre i modelli FOCUS+ 1 con ottica ellittica valorizzano quattro gruppi da tre trifore nel tamburo su cui poggia la struttura.

Completano il concept illuminotecnico i proiettori GUELL 2 con ottica concentrata intensiva a 3.000 K posizionati sul cornicione. Una soluzione pensata per illuminare il prezioso pavimento di San Giorgio in Braida, esaltandone la composizione circolare a cinque cerchi concentrici di grandezza crescente.

Tecnologia alleata delle opere pittoriche

Se a livello architettonico la luce crea un simbolico dialogo terra e cielo, anche l’illuminazione delle opere pittoriche genera suggestivi percorsi di luce.

Ecco i capolavori coinvolti e le relative specificità progettuali:

Infine, le quattro cappelle posizionate su entrambi i lati della navata ospitano dipinti legati alle virtù cristiane. Per valorizzarli, i progettisti hanno creato poli di attenzione luminosa con i proiettori FOCUS+ 1 installati in modo da evitare punti d’ombra e abbagliamento.

Illuminare arte e liturgia nella chiesa veronese di San Giorgio in Braida

La luce a LED porta efficienza energetica

Oltre le performance luminose, la tecnologia LED garantisce importanti risultati in termini di risparmio energetico. La scelta di mantenere l’impianto elettrico esistente, infatti, era dettata dalla necessità di tutelare i capolavori da interventi troppo invasivi. Questo ha richiesto l’aumento degli apparecchi utilizzati, prontamente “assorbito”, in termini di consumi, dall’efficienza energetica delle sorgenti a LED. Si ottiene così un’illuminazione della chiesa con soli 3 kW, realizzando appieno la richiesta iniziale della Diocesi di Verona. Basti pensare che, prima dell’intervento, le sole lampade alogene dedicate alle grandi tele del Farinati e del Brusasorzi consumavano oltre 2 kW.

Riduzione dei consumi, dunque, senza rinunciare alle performance: le opzioni di accensione dell’impianto permettono infatti la fruizione degli spazi sia durante le liturgie sia nel corso delle visite turistiche guidate.

Credit immagini: Renato Begnoni

Percorso Impianti Integrati: leggi e scarica lo speciale di Elettricomagazine

Gli edifici sono responsabili di circa il 40% dell’energia consumata e del 36% delle emissioni di CO2 e rappresentano uno dei più grandi comparto per consumo di energia. Attualmente circa il 35% degli edifici ha più di 50 anni, mentre il 75% circa è inefficiente dal punto di vista energetico.

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di poche nuove costruzioni, mentre la riqualificazione edilizia ha rivestito un ruolo fondamentale per gli obiettivi energetici individuati dalle normative.

Si stima infatti che la riqualificazione edilizia del parco esistente possa ridurre i consumi primari di energia, a livello Europeo, del 5-6% con una conseguente riduzione del 5% delle emissioni di anidride carbonica, come evidenziato nell’ultimo Smart Building Report realizzato da Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.
Gli investimenti in efficienza energetica e digitalizzazione contribuiranno ad una crescita significativa dell’economia in particolare nel settore dell’edilizia, la quale contribuisce per il 9% al PIL Europeo e offre oltre 18 milioni di posti di lavoro.

Percorso Impianti Integrati - e-book Elettricomagazine: cosa sono gli Smart Building

Le tecnologie:

Percorso impianti integrati - e-book di ElettricomagazinePercorso Impianti Integrati: il magazine digitale

Nel progettare un nuovo edificio o nel ristrutturarne uno già esistente è fondamentale porsi le giuste domande: cosa voglio ottenere? Quanto voglio (e posso) spendere? Quanto può essere invasivo l’intervento che mi sono prefissato?

Questo speciale Percorso Impianti Integrati racconta come tecnologie innovative e digitalizzazione consentono di realizzare impianti ed edifici intelligenti. Efficienza energetica e sostenibilità sono i pilastri di un nuovo modo di pensare l’edilizia 4.0.

Leggi e scarica gratuitamente in magazine: interviste a specialisti di settore e contributi di aziende utili per rispondere nel migliore dei modi a ogni specifica esigenza.

La strada dell’integrazione è tracciata!

Lo speciale “Percorso Impianti Integrati” è stato realizzato grazie al prezioso contributo di: Carrier DX, Daikin, Fronius, Gewiss, Mitsubishi Electric, Toshiba Italia Multiclima, Schneider Electric, Samsung.

Percorso Impianti Integrati - e-book Elettricomagazine: le rinnovabili e il PNIEC

Massima modularità per gli ambienti più critici

Progettato senza nessun singolo punto di guasto, il nuovo UPS Modulys XS di Socomec offre disponibilità elevata e ridondanza di alimentazione per gli ambienti più critici. Questa soluzione offre una scalabilità di potenza fino a 20 kW tramite l’inserimento di moduli di potenza hot-swap con incrementi graduali di 2,5 kW o 5 kW.

Modularità flessibile

La gamma rappresenta la soluzione ideale per gli aggiornamenti non programmati degli impianti o gli incrementi graduali di potenza. Inoltre è adatto per diversi tipo di applicazioni: data center di dimensioni ridotte o Edge computing, reti di computer, infrastrutture nodali per telecomunicazioni e media, segnali/controlli relativi ai trasporti.

Modulys XS di Socomec ideale per ambienti cricici3 punti chiave per Modulys XS:

Modulys XS pronto al futuro

Modulys XS elimina i problemi correlati al fine vita: la compatibilità hardware e firmware dei moduli è assicurata per più di 20 anni, inoltre è adatto per implementare la tecnologia dei moduli futuri. Il sistema di evitare i rischi correlati all’usura in quanto si basa su:

Ogni rinnovo garantisce un nuovo inizio del ciclo di vita del sistema evitando i problemi e i rischi associati con la sostituzione degli UPS e offrendo un sistema sempre aggiornato grazie a componenti integrano tecnologie più recenti.
È disponibile in tre versioni: Modulys XS MC per applicazioni critiche e brevi autonomie, Modulys XS RM per l’integrazione in armadi rack da 19” e Modulys XS TC per esigenze di lunga autonomia.

Riqualificazione energetica: la chiave della ripresa

Passata la fase più critica dell’emergenza Covid-19, il nostro paese ha intrapreso finalmente il lento cammino verso la normalità. Ora però occorre avviare la ripresa e tra i fattori che possono sostenerla vi è la riqualificazione energetica, con un impulso verso la sostenibilità. Ne abbiamo parlato con Angelo Carlini, presidente di Assistal.

Ricominciare dalla riqualificazione energetica

Angelo Carlini, presidente di AssistalRipartire. È questo l’imperativo che attraversa lo stivale, ma da dove e con quali prospettive? Certamente, afferma Carlini, servono misure economiche che siano tanto efficaci quanto coraggiose. “La fase emergenziale che stiamo vivendo” dice “impone un adattamento funzionale alla situazione contingente, al fine di non aggravare ulteriormente la condizione di disagio in cui versano le nostre imprese”.

Il settore impiantistico e dei servizi di efficienza energetica può svolgere un ruolo essenziale per la ripresa economica. “In un momento drammatico da un punto di vista produttivo e occupazionale, dobbiamo alimentare il nostro mercato interno. La misura che il Governo ha inserito nel Decreto Rilancio – approvato dal Consiglio dei Ministri ieri sera 13 maggio 2020 e annunciato in conferenza stampa dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte – prevede un potenziamento delle percentuali di detrazione (Ecobonus e Sismabonus) introducendo il Superbonus al 110% per gli interventi di riqualificazione energetica e di adeguamento antisismico, così come per l’installazione degli impianti fotovoltaici, potrebbe rivelarsi efficace nell’ambito delle politiche economiche per il rilancio del sistema paese”.

Una misura efficace? La cessione del credito d’imposta

Per aiutare le imprese possono essere adottate anche altre soluzioni come il “concedere la possibilità a imprese e committenti di cedere il proprio credito d’imposta a banche, assicurazioni o altri intermediari finanziari”. Una misura “incisiva” spiega Carlini “che l’Associazione ha proposto nei mesi scorsi in audizione dinanzi alla X commissione del Senato e che ora è divenuta percorribile”.

Le politiche di rilancio economico quindi dovrebbero passare attraverso:

Le ristrutturazioni e le riqualificazioni energetiche rappresentano un mercato che coinvolge tutta la filiera delle costruzioni, nella quale le nostre imprese rivestono un ruolo fondamentale e insostituibile, e possono dare linfa vitale a tutto il paese. Nel dopoguerra il boom economico arrivò proprio da un esponenziale sviluppo delle costruzioni; allora si trattò di una crescita incontrollata, oggi sappiamo che va orientata verso un sistema sostenibile. E non c’è sostenibilità senza una riqualificazione in termini di efficientamento energetico degli edifici. Dunque, la strada per ripartire è chiara e le nostre imprese sono pronte e saranno protagoniste di questa nuova era. Ci auguriamo che tutto il sistema, a partire dalle istituzioni, sia pronto a sostenere uno sforzo collettivo con un duplice obiettivo: una rinascita economica immediata e un modello energetico sostenibile per la salvaguardia del nostro pianeta e delle generazioni future”.

Linee guida per ripartire sicuri

Il lavoro di Assistal accanto alle proprie aziende è stato costante in questi mesi. “Nelle prime settimane dell’emergenza sanitaria abbiamo assistito a un arresto di tutte le attività che non fossero correlate all’ambito sanitario. Al di fuori di questo, le attività delle nostre imprese si sono concentrate su lavori straordinari di guasto o ripristino, non senza problemi di approvvigionamento dei materiali e al difficile, se non impossibile, reperimento dei dispositivi di protezione individuale” ricorda il presidente.

“Come Associazione, abbiamo supportato le imprese nella ricerca di fornitori di DPI per permettere che lavorassero in sicurezza.
Oggi, la convivenza con il virus impone anche una rivisitazione delle organizzazioni aziendali e delle stesse procedure operative. Per tale ragione, stiamo lavorando alla messa a punto di specifiche linee guida a supporto del comparto che, partendo dal Protocollo di sicurezza del 14 marzo, successivamente integrato il 24 marzo scorso, si riferiscono alle attività svolte dalle nostre imprese”.

Lavorare “smart”

Carlini spiega infine cosa resterà nelle abitudini delle imprese alla fine dell’emergenza. “La pandemia da Covid-19 ha avuto indubbiamente un impatto sul mondo del lavoro, malgrado lo stesso sia in costante evoluzione. Ne è un esempio il ricorso allo smart working o lavoro agile che, da strumento di welfare aziendale, è diventato uno strumento necessario per bilanciare salute pubblica, sicurezza sul lavoro e produttività. Una modalità di lavoro che fa bene anche all’ambiente: meno spostamenti e minori spazi necessari”; per quanto, ricorda, non sempre applicabile.

“Laddove il ricorso allo smart working non è stato possibile, le imprese hanno dato prova di responsabilità e professionalità, rimodulando e riorganizzando le attività e i turni di lavoro per proteggere i propri lavoratori che sono la linfa vitale dell’intero sistema imprenditoriale”.

Rapporto Attività GSE 2019: perchè ripartire dalla sostenibilità energetica

Oltre la crisi, puntando su green economy e decarbonizzazione: impossibile non collegare la presentazione del Rapporto Attività GSE 2019 al futuro post emergenza dell’Italia sostenibile. Favorire la transizione energetica, in questo particolare periodo storico, significa infatti coinvolgere cittadini, aziende e pubbliche amministrazioni in un sinergico impegno verso la ripresa socio-economica del Paese e gli obiettivi 2030.

I numeri raccontano un settore, quello delle rinnovabili e dell’efficienza, che non vuole cedere il passo a scenari recessivi, confermando il grande potenziale dei nuovi paradigmi energetici. Evoluzione da sostenere, rafforzare e incentivare con strumenti adeguati.

Rapporto Attività GSE 2019, decarbonizzazione in progress

“Il settore energia è cambiato in modo irreversibile – commenta Francesco Vetrò, presidente del GSE (Gestore Servizi Energetici), in apertura della diretta streaming -, la priorità è quella di considerare la sostenibilità come tassello chiave di un approccio integrato a temi ambientali, normativi ed economici che non rappresentano un limite ma una opportunità di sviluppo”.

Traghettare l’Italia verso una nuova cultura dell’energia: efficiente, condivisa e vicina

Basti pensare che nel 2019 si contano 2,6 miliardi di investimenti nel settore green, 14,8 miliardi per la promozione della sostenibilità e oltre 1 milione di progetti di cittadini, imprese e PA. Risultati che si traducono nel 18% di consumi soddisfatti da fonti rinnovabili: l’Italia guarda oltre l’obiettivo 2020 del 17% per concentrare gli sforzi sull’ambizioso 30% al 2030 previsto dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima).

Rapporto attività GSE 2019Quanto valgono gli incentivi green

La chiave di interpretazione delle attività 2019 resta dunque il valore economico degli incentivi erogati tramite i meccanismi del GSE. La “torta” dei 14,8 miliardi risulta così ripartita:

Alle risorse economiche corrispondono importanti traguardi in termini di impianti installati e benefici ottenuti. Qualche esempio? Oltre 43 milioni di tonnellate di CO2 evitate, 111 milioni di barili di petrolio risparmiati e almeno 50mila occupati (equivalenti a tempo pieno) in attività legate alla sostenibilità energetica.

Le rinnovabili elettriche? Una certezza

La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è ormai una realtà consolidata sul territorio nazionale: i costi sostenuti dal GSE si attestano a 12,9 miliardi di euro, in calo rispetto ai 13,4 miliardi di euro del 2018 per la minor produzione idroelettrica e la scadenza degli incentivi di alcuni impianti. Perdite comunque compensate dalla vendita dell’energia elettrica ritirata dagli impianti incentivati. Il Rapporto Attività GSE 2019 parla infatti di 28,6 TWh venduti e ricavi per 1,5 miliardi di euro.

La crescente green economy ha inoltre fruttato oltre 3 kWh su 10 provenienti da fonti rinnovabili (circa 115 TWh) e 10,7 Mtep (tonnellate equivalenti petrolio) di energia termica.

I numeri dell’energia pulita

Sono circa 900.000 gli impianti green installati, per una potenza complessiva di quasi 55.500 MW. Tra questi, il GSE ha incentivato 880.000 sistemi fotovoltaici, 5.600 impianti eolici, e i rimanenti legati ad altre fonti (idraulica, geotermica, bioenergie).

Guardando agli impianti entrati in esercizio nel 2019, sul totale di 1,2 GW il fotovoltaico è la fonte più performante, cresciuta di 750 MW e praticamente raddoppiata rispetto al Rapporto 2018. Seguono l’eolico, con 400 MW di potenza installata, le rinnovabili termiche (stabili) e i biocarburanti, che segnano invece un buon incremento.

Rapporto Attività 2019: il revamping delle rinnovabili

Spazio al revamping fotovoltaico

Il GSE supporta anche gli interventi di modifica per ottimizzare la produzione degli impianti già incentivati. Un’ulteriore opportunità per lo sviluppo delle FER che, a fine 2019, registra complessivamente 64.700 comunicazioni riguardanti gli impianti fotovoltaici in Conto Energia. Di questi, 17.782 richieste nel corso del 2019 sono legate alla sostituzione di inverter e moduli.

Le attività proseguono anche per le altre fonti rinnovabili, con 3.354 istanze, di cui 621 nel 2019, con prevalenza di biogas ed eolico. Parliamo di un incremento degli incentivi erogabili nel periodo residuo stimato intorno ai 75 milioni di euro.

Il Rapporto Attività GSE 2019 nei progetti

Considerando tutti gli ambiti di attività, il Gestore ha sostenuto la realizzazione di quasi 1.200.000 progetti, così suddivisi:

Questo entrando in contatto con 2.400 enti locali, formando 2.500 funzionari pubblici e 7.250 studenti tenendo più di 100 giornate formative.

Ascoltare gli utenti: digital customer care e autoconsumo

Oltre i numeri, la strategia del GSE per migliorare il rapporto con gli utenti prevede semplificazione, autonomia nella user-experience e multicanalità. La trasformazione digitale, infatti, cambia anche l’interazione con cittadini, professionisti e aziende (590mila richieste di supporto nel solo anno 2019). Il complesso eterogeneo di 1,3 milioni di operatori ha a disposizione un portale completamente rinnovato e integrato al lato customer care.

GSE presenta il portale autoconsumo

Sempre nell’ottica di ottimizzare i servizi digitali e per favorire l’indipendenza energetica di privati e aziende, il GSE ha lanciato anche un portale interamente dedicato all’autoconsumo fotovoltaico. Un progetto nato per valorizzare il ruolo dei prosumer nella transizione energetica. Un meccanismo di supporto allo sviluppo delle rinnovabili e all’economia circolare che offre informazioni, modelli e best practice sui vantaggi dell’energia green. Passi avanti verso un futuro fatto di autoconsumo collettivo e comunità energetiche, supportati appunto dall’iniziativa digitale.

E il rapporto con le utility?

Concludiamo la panoramica sul Rapporto Attività GSE 2019 con la voce delle utility, portata da Giordano Colarullo, direttore generale dell’associazione Utilitalia. “Guardando al Green Deal europeo, agli scenari di decarbonizzazione e al PNIEC italiano – commenta Colarullo -, servono investimenti importanti, nell’ordine degli 80 miliardi annui nel prossimo decennio. Impegni che non possono essere appannaggio di un solo comparto, ma dell’intera economia”.

I risultati del Rapporto 2019 sono la base della corsa collettiva agli obiettivi del PNIEC 2030

Possiamo ancora credere negli obiettivi di sostenibilità? Sì, se sapremo superare l’emergenza epidemiologica ed economica accelerando lo sviluppo green dei sistemi energetici. Per fare questo, servono sforzi corali, normative “coraggiose” e semplificazione burocratica.

La servitizzazione: cos’è, e perché conviene

Vendere non più, o non solo, strumenti e macchinari, ma la loro efficienza, le loro funzioni operative, ciò che sono in grado di fare e al meglio, i loro servizi all’utente finale. In pratica, la cosiddetta servitizzazione è proprio questo: vendere, dal lato fornitore, e acquistare, dal lato cliente, non il prodotto, ma il servizio, ciò che il prodotto fa, alla sua massima efficienza.

La ‘fattura’ viene fatta quindi non per il passaggio di proprietà del prodotto o strumento, ma per l’uso di quello strumento da parte del cliente, e in base a come e quanto ‘lavora bene’ e funziona bene il prodotto. Che resta di proprietà del produttore. In sostanza, la servitizzazione è una sorta di ‘affitto’ del prodotto, ma il fornitore si impegna non solo a ‘prestarlo’ ma a farlo funzionare sempre con la massima efficienza, funzionalità e produttività. Per questo il fulcro si sposta dal prodotto al servizio fornito.

Quando cambiare conviene

Questa evoluzione, partita dal mondo dei Servizi, si sta allargando, e si estenderà ancora di più in futuro, agli ambiti della produzione.
È una tendenza già in atto, sia nell’Industria tradizionale sia nelle imprese 4.0 più all’avanguardia, perché chi vuole e cerca più efficienza, per la propria azienda, per i vari processi e sistemi produttivi, può trovare nella servitizzazione una soluzione adeguata.

Perchè? Perché spesso conviene, a entrambe le parti in gioco: produttore, di tecnologie e soluzioni, da una parte; e non più acquirente delle macchine, ma utente dei loro servizi, dall’altra. Produrre e offrire solo macchine e strumenti non basta più, anche perché la forte concorrenza internazionale, che rende i margini di profitto sulla vendita sempre più limitati: occorre fornire servizi, con strumenti a noleggio, in molti casi bisogna ormai cambiare completamente il modello di business, in un percorso verso la servitizzazione.

Servitizzazione, un passaggio epocale

Il principio, e il modello di business, è già evidente in settori completamente diversi, come dimostra Uber, ormai il colosso mondiale della mobilità privata senza possedere neppure un’automobile; o Airbnb, il più grande protagonista dell’ospitalità a livello globale, senza possedere neanche una camera.
È il passaggio epocale dal possesso, di un bene o strumento, all’accesso, a quel bene o servizio, fatto crescere dalla Sharing economy. Niente di particolarmente nuovo rispetto a prima, l’affitto di un bene è sempre esistito. La novità eclatante è che le nuove tecnologie rendono il meccanismo molto più profittevole, gestibile e a portata di mano.

Cambiano i modelli di business: “con il modello di business della servitizzazione, cambia anche la relazione del produttore con il cliente, perché non si vende più il prodotto, ma l’uso del prodotto. Cambia il modo di ottenere valore”, sottolinea Sergio Terzi, direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano. Che rileva: “tutto questo è possibile perché c’è un mercato che cambia il modo e il profilo di consumo, c’è un mercato che accetta una proposta diversa rispetto a prima”.

I vantaggi del nuovo mercato

Nello scenario della servitizzazione e dell’approccio ‘circolare’ alle attività di business, per il produttore e fornitore di macchinari, sistemi e servizi, i vantaggi possono essere diversi:

Allo stesso modo, ci sono importanti vantaggi anche per chi affitta:

Distributori automatici di DPI contro il Covid-19

Prelievo DPI da distributori automatici WurthPer ripartire con l’emergenza Covid-19 ancora in atto è indispensabile dotarsi degli opportuni dispositivi di protezione individuali (DPI): mascherine, guanti, occhiali ecc.
Sono state infatti varate misure che impongono rivoluzioni organizzative per gran parte delle imprese: la sicurezza dei lavoratori è sempre stata in primo piano nel mondo del lavoro, ma oggi lo è ancora di più, dato che sono state introdotte nuove modalità operative che potrebbero protrarsi per un lungo periodo. Sanificazione degli ambienti, distanziamento sociale e utilizzo dei DPI richiedono una attenta pianificazione e gestione dei dispositivi e di un monitoraggio quotidiano della disponibilità.

Per questo motivo oggi più che mai i distributori automatici di DPI svolgono un ruolo chiave per gestire in modo ottimale questa tipologia di dispositivi ai dipendenti e permettere così il rispetto delle misure di contenimento del contagio da Covid-19. Installando i distributori automatici di guanti e mascherine è possibile infatti dotare i collaboratori dei DPI necessari in modo efficiente, assicurandosi che ve ne siano sempre in quantità sufficiente per svolgere le mansioni di ciascun dipendente.

Perché usare i distributori automatici di DPI?

Adottare i distributori automatici di DPI consente ai propri dipendenti e collaboratori di prelevare i DPI in modo autonomo attraverso un badge, in ogni momento e nelle giuste quantità. Allo stesso tempo, permette all’azienda di monitorare tutti i prelievi e di provvedere all’approvvigionamento più rapidamente, garantendo sempre le scorte minime ed evitando il rischio di restare senza questi strumenti che, lo ricordiamo, al momento sono obbligatori in molte realtà produttive che vogliono tornare operative.

L’offerta di Würth Italia include anche questa tipologia di soluzione: oltre alla semplificazione della distribuzione dei DPI consente anche un attento monitoraggio delle risorse e un facile riordino dei dispositivi in via di esaurimento.
Un alleato prezioso in questa fase di ripartenza e una soluzione utile anche nel lungo periodo.

Progettazione elettrica post Covid-19: l’età del cambiamento

Le sfide, oltre a mettere alla prova le proprie capacità, rappresentano un’occasione di crescita. È così che, dice Alessio Vannuzzi, ingegnere, progettista ed esperto di domotica e building automation, bisogna sforzarsi di guardare lo sconvolgimento causato dall’epidemia di Covid-19: un’opportunità di cambiamento, anche per la progettazione elettrica.

Opportunità: diventare digitali

Alessio Vannuzzi, ingegnere, progettista ed esperto di domotica e building automation“Le maggiori difficoltà si sono presentate per i professionisti che ancora non erano abituati a lavorare da remoto”. Coloro che erano già “nomadi digitali”, come li definisce Vannuzzi, hanno risentito invece di un ridimensionamento degli impegni e della mancanza della “parte più pratica del lavoro di progettazione, svolta in cantiere e a contatto con gli altri”. Ma questo periodo di forzata chiusura può avere anche altri risvolti. “Personalmente vedo questa esperienza come un’opportunità per scoprire tecniche e modalità di operatività diverse rispetto a prima” afferma. “Ho notato in questo periodo un fermento sui social media di attività di condivisione e di autoformazione”, una buona abitudine che potrebbe rimanere anche dopo la fine dell’emergenza.

Cosa cambia per la progettazione elettrica? Organizzazione e strumenti

La maggiore propensione all’aggiornamento professionale e alla formazione continua attraverso i dispositivi digitali non è l’unica buona prospettiva per il futuro post Covid-19. Resteranno come abitudini acquisite anche “una maggiore organizzazione del lavoro, indispensabile per riuscire a incastrare ogni aspetto lavorativo e l’acquisizione di nuovi strumenti operativi. La diffusione di piattaforme di progetto condivise sarà un ulteriore figlio di questo momento”.

Tanto più che “nel settore dell’impiantistica integrata lo stop è avvenuto nel mezzo del procedimento di approvazione del decreto di recepimento della Direttiva 2018/844/UE, la EPBD III (Energy Performance of Buildings Directive) che introduce, tra l’altro, l’indice dell’intelligenza degli edifici, con tanto di obblighi sia di realizzazione sia delle figure professionali che dovrebbero lavorare in quel settore. Ebbene, dopo l’emergenza si dovranno prendere in considerazione anche i nuovi mezzi e prevedere l’utilizzo della tecnologia in tanti ambiati. Sarà però necessario un cambiamento a tutti i livelli, anche da parte del mondo del lavoro”.

“Immagino un mondo più smart: l’emergenza ha dato un’accelerazione a cambiamenti già in corso”

Gli edifici post Covid-19

Come saranno quindi gli edifici in futuro e cosa sarà cambiato grazie all’esperienza acquisita durante la pandemia? Secondo il nostro esperto le tematiche principali saranno:

“Potrebbero aumentare i sistemi che permettono alle strutture di avere maggiori controlli di accesso”. In questo senso, spiega, i temi del rispetto della privacy e della protezione e trattamento dei dati avranno grande rilievo, ancor più che in passato.

“Inoltre sarà posta sempre più cura al vivere all’interno delle strutture e delle abitazioni, con una maggiore attenzione alla qualità dell’aria, dell’uso della luce e in genere al benessere negli edifici”. Il tutto tenendo conto dell’aspetto legato alla “sostenibilità”. E per raggiungere questo un obiettivo sarà indispensabile raccogliere e analizzare i dati che riguardano gli edifici.

Un concetto, ricorda Vannuzzi, espresso anche nell’ultimo Smart Building Report presentato a febbraio dal Politecnico di Milano. “Per rendere più sostenibili gli edifici occorrono dati. Di conseguenza sistemi smart di sensoristica in grado di captare dall’ambiente le informazioni per poi elaborarle e migliorare funzionamento e manutenzione dell’edificio, ottimizzare i consumi in ottica di efficienza energetica e la qualità dell’ambiente, ottenendo in ultimo risparmi economici. Non a caso i concetti legati alla building automation sono stati inseriti in tutti i decreti ministeriali e nei CAM – criteri ambientali minimi – della pubblica amministrazione.
Soprattutto sarà importante potere gestire tutti questi aspetti di gestione e controllo tanto in locale quanto in remoto”.

Formazione installatori: da artigiani a imprenditori

L’uso delle nuove tecnologie dovrà entrare nelle abitudini anche degli installatori elettrici, molti dei quali sono ancora poco avvezzi al loro utilizzo. Persino l’approccio al lavoro dovrà mutare: “ci si dovrà organizzare in modo diverso, da imprenditori più che da artigiani. La strada da percorrere però è ancora lunga; purtroppo il mondo elettrico in Italia non ha saputo fare squadra”. Un tema chiave è la formazione dei professionisti dell’installazione: “la nostra scuola, a differenza di quanto accade in altri paesi, non è al passo con i tempi. Occorre una maggiore vicinanza al mondo del lavoro, una simbiosi tra scuola e impresa”.

L’emergenza può insegnare tanto anche su questi fronti. Durante il periodo di lockdown, conclude Vannuzzi, “c’è stato un proliferare di webinar e attività online sull’impiantistica, che dimostra l’interesse – oltre che necessità – di fare formazione continua. Sono fiducioso che le cose cambieranno, ci saranno nuove norme e tecnologie, e le richieste dei clienti stessi varieranno”.